Nell'alfabeto fenicio era la ventiduesima e ultima lettera e aveva una forma a croce di Sant'Andrea; invece nell'alfabeto greco il taglio si era raddrizzato e spostato sino alla sommità dell'asta divenuta verticale. La semplicità della sua forma l'ha protetta quasi completamente da modificazioni profonde, tranne l'arrotondamento dell'estremità inferiore dell'asta, per facilitarne l'unione alla lettera seguente, e l'abbassamento del taglio, che talvolta nel corsivo viene intrecciato al basso dell'asta stessa rimasta diritta.
Pronuncia
La t rappresenta l'occlusiva alveolare sorda, e in inglese una varietà molto vicina acusticamente, l'occlusiva alveolare sorda aspirata. In inglese quando è finale di parola, nella pronuncia tedesca settentrionale e nei dialetti toscani, l'esplosione è seguita da una leggera aspirazione [th]; e questa pronuncia è simile a quella del th nel sanscrito e in lingue indiane moderne, e a quella che aveva nel greco classico la θ (derivata dalla tethfenicia), passata poi nel greco moderno a segnare la fricativa dentale sorda. Quest'ultimo suono è una delle due pronunzie del digramma inglese th e quella del carattere Þ, proveniente dalle rune. Le lingue semitiche possiedono i due suoni: occlusivoalveolare e fricativodentale; le lingue semitiche meridionali (arabo, etiope) hanno inoltre la cosiddetta t enfatica, che è una fricativa retroflessa sorda. La lingua siciliana possiede una t speciale, detta occlusiva retroflessa sorda, indicata nella scrittura con tr; essa è pronunciata appoggiando la parte anteriore della lingua contro gli alveoli e il palato anteriore, ed è la sorda del cosiddetto d cerebrale. Se la lingua è in posizione più ritratta si ha la t’ palatalizzata delle lingue slave e dell'ungherese (dove è scritta ty) che acusticamente è assai vicina al k’ palatalizzato. Attraverso una palatalizzazione simile, il ti + vocale del latino passò nel basso latino a z sorda e nelle lingue neolatine, variamente, a z, a s e financo a th interdentale.