Nato nel 1964 a Baranavičy, nella Repubblica Socialista Sovietica Bielorussa, la sua famiglia si trasferisce poi a Kiev, dove Loznycja ha finito le superiori.[2] Nel 1987 si laurea in ingegneria e matematica al Politecnico di Kiev, lavorando dal 1987 al 1991 all'Istituto di cibernetica e anche come traduttore dal giapponese.[2] Durante questo periodo, matura un interesse per il cinema che lo spinge a tentare l'ingresso alla VGIK di Mosca: ammesso nel 1991, studia regia e produzione cinematografica sotto la cineasta Nana Džordžadze, laureandosi nel 1997 col massimo dei voti.[2]
Nel 2018 Serhij Loznycja ha partecipato al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard con il film Donbass per il quale è stato premiato come miglior regista. Sempre nello stesso anno Loznitsa ha presentato in anteprima alla Biennale di VeneziaProtsess (Processi) film documentario che ricostruisce attraverso le cronache d'archivio il processo svolto dal governo sovietico nel 1930 contro un gruppo di economisti e ingegneri di alto rango. Segue nel 2019 il documentario Gosudarstvennyye Pokhorony (Funerali di Stato) presentato fuori concorso alla 76ª Biennale di Venezia. Realizzato con filmati d'archivio per lo più inediti, il film presenta il funerale di Stato di Joseph Stalin come il culmine del culto della personalità del dittatore. Infine, alla 74ª edizione del Festival di Cannes Serhij Loznycja si è distinto con il suo ultimo lavoro Babij Jar. Kontekst. Basato interamente su filmati d'archivio, il film ricostruisce gli eventi che portarono al massacro di 33 771 ebrei nella Kiev occupata dai tedeschi nel settembre 1941 e le conseguenze della tragedia.
Nazionalità
Pur vivendo con la sua famiglia in Germania dal 2001,[2] possiede la cittadinanza ucraina.[3] Nel 2010, si è definito «un regista di documentari russo»,[4] mentre nel 2014 ha dichiarato che la questione se sia bielorusso, ucraino o russo non è importante per lui e se qualcuno lo definisse, ad esempio, ucraino, lui non lo contraddirebbe.[5]
Tutti i suoi film, ad eccezione del documentario Majdan, sono girati in russo: nel 2018 ha criticato la scelta di doppiare in ucraino il suo film Donbass per la distribuzione nazionale come "bizzarra [...] dato che tutti capiscono benissimo il russo".[6]
Prese di posizioni politiche
Il 28 febbraio 2022, ha abbandonato l'European Film Academy (EFA) in risposta a un comunicato di quest'ultima riguardante l'invasione russa dell'Ucraina del 2022 che, secondo Loznycja, pur offrendo solidarietà all'Ucraina, era superficiale e di circostanza.[7] In seguito all'annuncio, il 1º marzo seguente, che l'EFA avrebbe escluso i film di produzione russa dagli European Film Awards, Loznycja ha sostenuto che "molti amici e colleghi, cineasti russi, hanno preso posizione contro questa folle guerra, sono anche loro vittime di quest'aggressione [...] bisognerebbe giudicare le persone in base alle loro azioni e non al loro passaporto."[8]
Il 19 marzo, è stato annunciato che Loznycja era stato espulso dall'Accademia del cinema ucraino per la sua opposizione al boicottaggio dell'industria culturale russa e per altre posizioni «eticamente contrarie ai principi dell'Accademia», tra cui l'aver «ripetutamente sottolineato il suo considerarsi un cosmopolita, un "cittadino del mondo". Tuttavia, ora, mentre l'Ucraina lotta per difendere la sua indipendenza, il cardine della retorica di ogni ucraino dovrebbe essere la sua identità nazionale».[9] Loznycja ha dichiarato di essere rimasto «sbalordito nel leggere della decisione dell'Accademia di espellermi in quanto "cosmopolita", un termine che ha acquisito una connotazione negativa solamente nella propaganda sovietica di tarda epoca stalinista, dall'inizio della campagna antisemita scatenata da Stalin tra il 1948 e il 1953», definendo inoltre l'accento messo dall'Accademia sull'identità nazionale «nazista» e un «regalo ai propagandisti del Cremlino».[9]