«Pur senza la minima traccia di sensazionalismo, le immagini di Salgado hanno una loro spettacolarità. I suoi vigili del fuoco, i suoi operai metallurgici sono eroi al lavoro, talvolta ai limiti dell'idealizzazione romantica. I coltivatori delle piantagioni di canna da zucchero cubane brandiscono i loro machete come guerrieri di epoche arcaiche. E i fuggiaschi etiopi avvolti nei loro panni, ai margini del deserto, sembrano i personaggi di una tragedia antica. Sono immagini estreme di realtà estreme. Il pathos, il gesto elegiaco emana dai soggetti quanto dal modo in cui vengono rappresentati. Gruppi di madri con bambini, scene di passione, masse in gran movimento: queste immagini raccontano storie bibliche che Salgado cita con la passione di un teologo marxista della liberazione»
Dopo una formazione universitaria di economista e statistico decide, in seguito ad una missione in Africa, di diventare fotografo. Nel 1973 realizza un reportage sulla siccità del Sahel, cui ne segue un altro sulle condizioni di vita dei lavoratori immigrati in Europa. Nel 1974 entra nell'agenzia Sygma e documenta la rivoluzione in Portogallo e la guerra coloniale in Angola e in Mozambico. Nel 1975 entra a far parte dell'agenzia Gamma ed in seguito, nel 1979, della celebre cooperativa di fotografi Magnum Photos.
Nel 1994 lascia la Magnum per creare, insieme a Lélia Wanick Salgado, Amazonas Images, una struttura autonoma completamente dedicata al suo lavoro. Salgado si occupa soprattutto di reportage di impianto umanitario e sociale, dedicando mesi, se non addirittura anni, a sviluppare e approfondire tematiche di ampio respiro. A titolo di esempio, possiamo citare i lunghi viaggi che, per sei anni, lo portano in America Latina per documentarsi sulla vita delle campagne; questo lavoro ha dato vita al libro Other Americas.
Durante i sei anni successivi Salgado concepisce e realizza un progetto sul lavoro nei settori di base della produzione. Il risultato è La mano dell'uomo[2], una pubblicazione monumentale di 400 pagine, uscita nel 1993, tradotta in sette lingue e accompagnata da una mostra presentata finora in oltre sessanta musei e luoghi espositivi di tutto il mondo.
Dal 1993 al 1999 Salgado lavora sul tema delle migrazioni umane. I suoi reportages sono pubblicati con regolarità da molte riviste internazionali. Oggi, questo lavoro è presentato nei volumi In Cammino e Ritratti di bambini in cammino, due opere che accompagnano la mostra omonima edite in Italia da Contrasto. Nel 2013 Salgado ha dato il suo sostegno alla campagna di Survival International per salvare gli Awá del Brasile, la tribù più minacciata del mondo[3]. Nell'agosto 2013 O Globo ha pubblicato un lungo articolo sulla tribù, corredato dalle sue fotografie[4].
Stile
Questa voce o sezione sull'argomento fotografi non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti.
Con studi di economia alle spalle, Salgado approda tardi nel mondo della fotografia, occupandovi subito una posizione di primo piano. Le sue opere si ispirano a quelle dei maestri europei, filtrate però dall'eredità culturale sudamericana. Esse attirano l'attenzione su tematiche scottanti, come i diritti dei lavoratori, la povertà e gli effetti distruttivi dell'economia di mercato nei Paesi in via di sviluppo. Una delle sue raccolte più famose è ambientata nella miniera d'oro della Serra Pelada, in Brasile, e dove migliaia di persone, giunte da tutto il mondo a causa della presenza di filamenti auriferi nel terreno, sono ritratte mentre si arrampicano fuori da un'enorme cava su primitive scale a pioli, costretti, da nessuno se non dalla propria dipendenza nei confronti dell'oro, a caricare sacchi di fango che potrebbero contenere tracce del metallo.
Salgado scattava nel modo tradizionale, usando pellicola fotografica in bianco e nero e una fotocamera da 35 mm: strumenti portatili e poco ingombranti. È nota la sua preferenza per le macchine Leica, in virtù della qualità dei loro obiettivi. Particolarmente attento alla resa dei toni della stampa finale, Salgado applica uno sbiancante con un pennello per ridurre le ombre troppo intense.
Nel corso della realizzazione del progetto Africa, Salgado ha avuto la necessità di stampare alcune scene in grande formato. Ma la Leica non gli consentiva di andare oltre una certa misura, per cui ha iniziato ad utilizzare una Pentax 645, che utilizza una pellicola medio formato 120 per realizzare negativi 6x4,5 cm.
All'inizio della realizzazione del progetto Genesis, inoltre, egli ha calcolato che avrebbe dovuto girare il mondo con 600 rullini di formato 220, con un peso di 30 chili circa di pellicola. Ma con le misure di sicurezza instaurate negli aeroporti di tutto il mondo, in conseguenza degli attentati dell'11 settembre, le pellicole avrebbero dovuto attraversare più volte i rilevatori a raggi X, con perdita di qualità dell'immagine e quindi del vantaggio qualitativo che avrebbe dovuto derivare dall'uso del medio formato. Per tale motivo, il fotografo ha deciso di utilizzare una Canon 1Ds Mark III, da 21 megapixel, riducendo il peso previsto del materiale sensibile, da 30 kg delle pellicole, ad 1,5 kg di schede digitali. La mostra che ne è risultata, Genesi, è stata esposta in varie città del mondo, fra cui, per l'Italia, Roma, Napoli[5], Milano, Genova, Forlì.
Mostre principali
Genova, 2024, Aqua Mater, dal 22 marzo al 14 luglio 2024, Palazzo Ducale di Genova
Roma, 2021 - 2022, Amazônia, dal 1º ottobre 2021 al 13 febbraio 2022, Maxxi - Museo Nazionale delle arti del XXI secolo
Reggio nell'Emilia, 2019, Africa, dal 9 febbraio al 24 marzo 2019, Caffè letterario Binario49 di via Turri e Spazio Gerra di piazza 25 Aprile
Milano, 2017 - 2018, Kuwait. Un deserto in fiamme, dal 20 ottobre 2017 al 18 marzo 2018, Fondazione FORMA di via Meravigli
Venaria Reale, 2018, Sebastião Salgado. Genesi, dal 22 marzo 2018 al 16 settembre 2018, Sale dei Paggi - Reggia di Venaria
Boston, 2017, Greatest Hits, Robert Klein / Ars Libri
Santa Monica, 2017, A Life in Photography, Peter Fetterman Gallery
Dalla mia Terra alla Terra , con Isabelle Francq, Milano, Contrasto, 2014
Documentario
Nel 2014 il figlio di Salgado, di nome Juliano Ribeiro Salgado, con Wim Wenders dirige il documentario Il sale della terra, che ritrae le opere del fotografo brasiliano. Il film documentario ottiene una candidatura ai premi Oscar 2015. Il 30 dicembre 2018, in Italia, il film è stato trasmesso dalla rete televisiva Rai 5[6]