La città di Napoli ha visto dai primi anni del Seicento un aumento esponenziale di santi patroni, soprattutto per influsso della controriforma, giungendo al numero record di 56: un altro caso simile è quello di Venezia che conta però meno santi protettori rispetto alla città partenopea: "solo" 25.
A san Gennaro si affiancano per antichità di nomina alcuni vescovi: san Severo, sant'Aspreno, sant'Atanasio, sant'Eufebio (noto anche presso il popolo napoletano come Eframo), sant'Agrippino e sant'Agnello abate. La nomina a patroni della cittadina risale così indietro nel tempo da non potersi fissare con precisione la data.[1]
Nel XVII secolo furono aggiunti ventisei santi come patroni, nel XVIII secolo sei, nel XIX secolo undici, nel XX secolo cinque.[1]
Tutti i santi patroni vengono ricordati in occasione delle traslazioni delle reliquie di San Gennaro. Infatti quando il sabato precedente la prima domenica di maggio l'arcivescovo di Napoli col Capitolo del Duomo reca in processione fino alla basilica di santa Chiara il busto dorato e le ampolle del sangue di San Gennaro, questo viene preceduto dai busti argentei dei 51 compatroni. È la seconda data in cui il sangue del santo si liquefà.
Non sempre però il culto di San Gennaro ha goduto del favore popolare. Durante la Repubblica Partenopea del 1799, infatti, la classe dominante filo-francese aveva cercato di appropriarsi del culto del Santo, al punto che circolava presso il popolo la voce che "pure san Gennaro si è fatto giacobino!". Con la restaurazione borbonica, il culto del Santo venne messo in secondo piano rispetto a quello di Sant'Antonio di Padova.[2][3]
Con la riforma liturgica ("De Patronis costituendis" del 19 marzo 1973) voluta da Papa Paolo VI[4] il numero di patroni riconosciuti ufficialmente dal rituale romano per Napoli sono soltanto tre: San Gennaro, Santa Patrizia e San Severo. Contestualmente la festività di San Gennaro veniva riconosciuta di particolare rilevanza solo a livello locale[5], suscitando reazioni non favorevoli presso la popolazione napoletana.[6]
^I patroni, sia principali sia secondari, costituiti in passato per particolari circostanze storiche, come pure i patroni scelti per situazioni straordinarie, per esempio la peste, la guerra o altra calamità, oppure a motivo di un culto speciale attualmente in disuso, d’ora in poi non devono più essere onorati come patroni. ("De Patronis costituendis" del 19 marzo 1973)