San Michele Gatti
San Michele Gatti, nota anche come San Michele de' Gatti o San Michelino, è una frazione del comune di Felino, in provincia di Parma. La località dista 2,14 km dal capoluogo.[1] Geografia fisicaLa frazione sorge in posizione pre-collinare alla quota di 220 m s.l.m.,[1] sulla sponda destra del torrente Baganza;[3] il canale del Vescovo, affluente del Baganza, attraversa la località.[4] Origini del nomeLa località deve il suo nome all'arcangelo Michele, il cui culto fu diffuso in epoca longobarda, e alla famiglia Gatti, che in epoca remota esercitò potere sul territorio.[5] StoriaIl borgo di Sancto Michaele fu citato per la prima volta nel 1028, quando Ildegarda, figlia di Oddone il Salico, lo vendette, unitamente alla cappella e a numerose altre terre del Parmense, alla chiesa di San Pietro di Parma.[6] Nel 1186, in segno di riconoscenza per la lealtà dimostrata, l'imperatore Federico Barbarossa assegnò al parmigiano Guido de' Ruggeri e ai suoi eredi il feudo di Felino, con le terre di San Michele de' Gatti, Barbiano, Carignano e Paderno.[7][8] Nel 1346 Bonaccorso de' Ruggeri lasciò in eredità ai due generi Giacomo de' Rossi, conte di San Secondo, e Ugolino de' Rossi, cugino di quest'ultimo, tutte le terre in possesso della sua famiglia da quasi due secoli.[9][10] Le due figlie di Ugolino de' Rossi sposarono in seguito i cugini Rolando e Bertrando, rispettivamente figlio e nipote di Giacomo, il cui ramo riuscì così ad accentrare tutte le proprietà della famiglia sparse nel Parmense; Bertrando si assicurò in particolare il dominio diretto su Felino e sulle sue pertinenze, su cui ottenne ampie esenzioni sia nel 1368 da Rodolfo Visconti,[10][11] sia nel 1387 da Gian Galeazzo Visconti.[12] Nel 1482, in seguito all'ascesa al potere di Ludovico il Moro nel ducato di Milano, ebbe inizio nel Parmense la guerra dei Rossi, che contrappose lo Sforza, i Pallavicino, i Sanvitale e i Fieschi da una parte e i Rossi e i Torelli, finanziati dalla Repubblica di Venezia, dall'altra.[13] Nel settembre dello stesso anno, a conflitto ancora in corso, Pier Maria II de' Rossi morì, lasciando al figlio Guido i feudi di Felino, San Secondo, Bardone, Berceto, Neviano de' Rossi e Noceto, unitamente alle rispettive pertinenze, come da testamento del 1464.[14] Tuttavia, Guido riuscì a mantenere il possesso delle terre solo per poco tempo, in quanto l'anno seguente le sue truppe furono sconfitte; mentre gran parte dei suoi possedimenti fu suddivisa tra la Camera ducale, i Sanvitale, Gianfrancesco I Pallavicino e Pietro Francesco Visconti di Saliceto, i feudi di Felino, Torrechiara e San Secondo furono assegnati a Leone Sforza, figlio minore di Ludovico il Moro,[15] e, in seguito alla sua morte, passarono per qualche tempo alla duchessa Beatrice d'Este, moglie di Ludovico.[16] Dopo alterne vicende, le terre di San Michele Gatti, insieme a quelle di Paderna e Barbiano, divennero parte della giurisdizione feudale di San Michele Tiorre, che verso la fine del XVI secolo fu assegnata dai duchi Farnese al conte Cosimo Masi,[17] al quale nel 1600 succedette il figlio Giovan Battista; tuttavia nel 1604 quest'ultimo, a causa degli ingenti debiti paterni, fu costretto a vendere i diritti a Gian Antonio e Lelio Sozzi.[18] Nel corso del XVIII secolo la contea di San Michele Tiorre, comprendente anche le terre di San Michele Gatti, Barbiano, Paderna e Tordenaso, fu assegnata ai marchesi Lampugnani,[19] feudatari anche di Felino; alla scomparsa, nel 1762, di Camillo, ultimo erede della casata, i feudi ritornarono alla Camera ducale.[20] In seguito all'abolizione napoleonica dei diritti feudali del 1805, San Michele Gatti fu aggregata al comune di Felino.[20] Monumenti e luoghi d'interesseChiesa di San MicheleMenzionata per la prima volta nel 1028, l'antica cappella di Sancto Michaele, elevata a sede parrocchiale autonoma entro il 1564, fu ricostruita in forme barocche tra il XVII e il XVIII secolo e fu decorata nel 1923 dal pittore Latino Barilli. L'edificio, rivestito esternamente in pietra, è internamente intonacato e decorato con paraste doriche e arcate in laterizio; ospita alcuni dipinti di pregio, eseguiti tra il XVI e il XVIII secolo.[21][22] Villa CeciCostruita tra il 1636 e il 1655 in forme barocche, la villa, a lungo appartenuta alla famiglia Mussi, fu acquistata nel XX secolo da Alfredo Ceci. L'edificio, sviluppato su un impianto quadrato, si eleva su tre livelli fuori terra scanditi da fasce marcapiano; rivestito interamente in pietra, è coronato da una torretta al centro; internamente presenta un androne e vari ambienti del piano nobile coperti da volte, uniti da uno scalone con nicchie che accolgono le statue lignee della Vergine e di Santa Caterina. L'ampio giardino, chiuso perimetralmente da un muro in pietra, è caratterizzato sul lato nord dall'antico padiglione d'accesso su due piani, elevato su un ponticello che scavalca il rio Bertone.[23][24] Villa MonguidiCostruita in forme barocche nel XVII secolo per volere della famiglia Monguidi, la villa appartenne tra il 1850 e il 1890 alla famiglia Armani, che successivamente la alienò alle suore orsoline missionarie del Sacro Cuore di Gesù. L'edificio, sviluppato su una pianta a U, presenta un monumentale arco d'accesso a tutto sesto in laterizio. Nel parco si trova l'oratorio di San Giovanni Battista, innalzato nel 1735 e ampliato nel 1901 in stile neoclassico; la struttura, affacciata direttamente sulla strada provinciale per Calestano, è coronata da un'ampia cupola.[4][23] Note
Bibliografia
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