Ragioniere commercialistaQuella di ragioniere e perito commerciale, in Italia, è stata una professione regolamentata esistita per oltre un cinquantennio.[1] Fu introdotta dal regio decreto 28 marzo 1929, nº 588, e riformata coi decreti del Presidente della Repubblica 27 ottobre 1953, nn. 1067 e 1068, e successivamente con legge 12 febbraio 1992, nº 183. La professione fu sostanzialmente assorbita da quella dei dottori commercialisti ai sensi del decreto legislativo 28 giugno 2005, nº 139. Accesso alla professioneAlla professione potevano accedere, previa iscrizione all'albo professionale tenuto dall'apposito collegio territoriale, i cittadini italiani o di uno stato membro delle comunità europee (ovvero i cittadini degli stati con i quali esisteva trattamento di reciprocità) che avessero superato un apposito esame di Stato abilitativo, all'esito di un praticantato che originariamente aveva durata triennale, cui si poteva accedere con un diploma di ragioniere e perito commerciale. Tale diploma veniva rilasciato al superamento dell'esame di Stato conclusivo (prima della legge 10 dicembre 1997, nº 425, esame di Stato di maturità; il diploma di ragioniere era una maturità tecnica) relativo al corso ordinario dell'istituto tecnico commerciale. Con l'introduzione dei corsi sperimentali, dava accesso al praticantato anche il diploma di ragioniere, perito commerciale e programmatore.
I collegi erano territorialmente organizzati sulla base dei circondari di tribunale. Riforma dell'accesso alla professioneCon la riforma di cui alla legge 12 febbraio 1992, nº 183, il diploma di ragioniere e perito commerciale non bastò più per l'accesso alla professione di ragioniere commercialista: era necessario possedere, oltre ad esso, che rimaneva imprescindibile, un diploma universitario conseguito a séguito di un corso di studi specialistici di durata triennale oppure della laurea in Giurisprudenza o in Economia e commercio (quest'ultima dava accesso anche alla professione di dottore commercialista, indipendentemente dal titolo finale di istruzione secondaria posseduto). La legge stabilì come durata del praticantato 3 anni se in possesso di diploma universitario, 2 se in possesso di laurea (le norme europee che fissano la durata massima dei periodi di addestramento a 18 mesi erano ancora al di là da venire). Il praticantato poteva essere svolto da un ragioniere iscritto all'albo da almeno 5 anni, comunemente detto dominus.
Abolizione della professioneLa professione è stata abolita con il decreto legislativo 28 giugno 2005, nº 139, attuativo della delega contenuta nella legge 24 dicembre 2005, nº 34. Differenze con il dottore commercialistaNonostante i vecchi ragionieri anche semplicemente diplomati siano finiti nella sezione A dell'albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili, la Corte di cassazione, con sentenza 26 febbraio 2013, nº 4796, della sezione III civile, ha stabilito che ciò non supera le differenze tra le due figure, ragion per cui i ragionieri commercialisti, con il trasferimento nell'albo unico, non hanno acquisito il titolo professionale di "dottore commercialista" neanche se laureati. Per questo motivo, pur all'interno della sezione A, gli ordini professionali devono aver cura di registrare i dottori commercialisti e i vecchi ragionieri commercialisti ad esaurimento, acquisiti dai soppressi collegi, in elenchi distinti[2].
Oggetto della professioneFormano oggetto della professione le seguenti attività:
Il segreto professionaleI ragionieri commercialisti hanno l'obbligo del segreto professionale, salvo per quanto concerne le attività di revisione e certificazione obbligatorie di contabilità e di bilanci, nonché quelle relative alle funzioni di sindaco o revisore di società od enti, attività per cui fino al 1995 si assumeva la qualifica di pubblico ufficiale ai sensi dell'art. 13 del regio decreto legge 24 luglio 1936, n. 1548.[3] Le tariffeCon decreto ministeriale, 2 settembre 2010 n. 169 è stata approvata la tariffa professionale dei dottori commercialisti e dei ragionieri commercialisti (ora appartenenti alla sezione A, dell'Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili, ai sensi del decreto legislativo, 28 giugno 2005 n. 139). Sono previste parcelle prestabilite nel minimo.[4] A seguito dell’entrata in vigore del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27, le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico sono state abrogate con decorrenza dal 24 gennaio 2012. Il compenso per le prestazioni professionali, pertanto, deve essere pattuito al momento del conferimento dell'incarico professionale secondo le indicazioni contenute nell’articolo 9 del citato decreto. Deontologia professionaleI ragionieri commercialisti sono tenuti, nell'esercizio dell'attività professionale, al rispetto delle regole etiche di cui al nuovo codice deontologico del consiglio nazionale dell'ordine (CNDCEC) in data 9 aprile 2008. Cassa di previdenzaMalgrado siano confluiti in un unico albo e nella relativa sezione A, i ragionieri commercialisti sono assistiti ai fini pensionistici da un istituto diverso rispetto ai dottori commercialisti, denominato "Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali"[5]). Per mantenere in vita questo istituto, è stato stabilito che esso raccogliesse anche i contributi degli esperti contabili, mentre i dottori commercialisti sono iscritti alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti[6]. Note
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