Raffaele Palizzolo
Raffaele Palizzolo (Termini Imerese, luglio 1843[1] – 7 settembre 1918) è stato un politico italiano. BiografiaVicino alle posizioni di Francesco Crispi, fu consigliere comunale di Palermo ininterrottamente dal 1870 al 1899.[2] Nel 1877 fu costretto a ritirare la sua candidatura alla Camera dei deputati dal prefetto di Palermo Antonio Malusardi poiché lo riteneva un fiancheggiatore delle bande di briganti operanti nelle Madonie[3]. Fu infine eletto deputato alla Camera nel 1882 e riconfermato per altre quattro legislature, fino al 1890 e ancora dal 1892 al 1900.[4] Fu nominato nel consiglio di amministrazione del Banco di Sicilia in contrasto con l'allora direttore generale, il marchese Emanuele Notarbartolo.[5] Azionista della Navigazione Generale Italiana, fu implicato in speculazioni di borsa realizzate mediante denari del Banco[6]. Il giurista palermitano Gaetano Mosca così lo descrisse: «Era popolarissimo se la popolarità consiste nell'essere facilmente accessibile a persone di ogni classe, di ogni ceto, di ogni moralità. La sua casa era indistintamente aperta ai galantuomini e ai bricconi. Egli accoglieva tutti, prometteva a tutti, stringeva a tutti la mano, chiacchierava infaticabilmente con tutti; a tutti leggeva i suoi versi, narrava i successi oratori riportati alla Camera e, con abili allusioni, faceva capire quante e quali aderenze potentissime avesse.[3]» Notoriamente in rapporti con diversi mafiosi, fu incriminato come mandante dell'uccisione di Notarbartolo avvenuta il 1º febbraio 1893, nel tragitto in treno tra Termini Imerese e Trabia, il quale venne ucciso con 27 colpi di pugnale da Matteo Filippello e Giuseppe Fontana, legati alla cosca di Villabate e vicini a Palizzolo. Questo caso avrebbe acceso il primo importante dibattito sulla situazione della mafia in Sicilia e in Italia e, soprattutto, sulla collusione tra mafia e politica, ma inizialmente nessuno osò fare nomi.[2] Nel 1899, a seguito della denuncia di Leopoldo Notarbartolo (figlio dell'ucciso), la Camera dei deputati concesse all'unanimità l'autorizzazione a procedere contro Palizzolo come mandante dell'assassinio.[3] Nel 1902 venne giudicato a Bologna colpevole e condannato a 30 anni di reclusione, ma la Cassazione annullò la sentenza e, nel nuovo processo che si tenne nel luglio 1904, fu assolto dalla Corte d'assise di Firenze per insufficienza di prove.[7][2] Dopo l'assoluzione, al suo ritorno a Palermo, Palizzolo fu acclamato come un eroe, vittima di un complotto per diffamare la Sicilia.[2] Scrisse addirittura un libro autobiografico intitolato Le mie prigioni e nel 1908 compì un viaggio a New York per raccogliere voti presso le comunità di emigranti siciliani (che lo accolsero festosamente) ma non venne rieletto e terminò così la sua carriera politica.[8] Onorificenze— 1 febbraio 1898[11]
— 2 gennaio 1873[12]
Nei media
Note
Bibliografia
Altri progetti
Collegamenti esterni
|
Portal di Ensiklopedia Dunia