Pretatti
La famiglia Pretatti (o Preti) è stata una famiglia nobile italiana, protagonista della storia dell'Aquila nel Medioevo[1]. StoriaNonostante la rilevanza nell'ambito delle vicende storiche aquilane, le notizie sui Pretatti sono assai scarne[2]. La famiglia si ritiene essere originaria di Poppleto ed il capostipite è individuato in un Pretatto vissuto nel XIII secolo[2]. Sin dalla fondazione dell'Aquila, il casato si evidenzia come uno dei più importanti e ricchi della città[2]. Durante la metà del XVI secolo i Pretatti entrarono in conflitto con i Camponeschi, essendo i primi espressione del ceto agrario tendente al feudalesimo ed i secondi esponenti del rampante ceto borghese a vocazione mercantile[3]. Per la loro natura conservativa, i Pretatti godevano delle simpatie di corte, cosicché, dopo un primo conflitto scoppiato nel 1337, il re del Regno di Napoli Roberto d'Angiò convocò Lalle I Camponeschi e lo bandì dall'Aquila[4]. Tramite un accordo con l'altra famiglia dei Bonagiunta, il Camponeschi riuscì a rientrare in città nel 1338, salvo poi essere nuovamente esiliato da Todino Pretatti[5]. Grazie alla protezione del sovrano, i Pretatti riuscirono ad evitare i successivi tentativi di riconquista della città da parte dei rivali[5]. Nel 1342 i Pretatti furono sconfitti dai Bonagiunta che conquistarono così il governo cittadino[5]. A loro volta, questi ultimi furono sconfitti dai Camponeschi che riuscirono a rientrare all'Aquila e, l'anno seguente, alla morte di Roberto d'Angiò, si vendicarono dei Pretatti espropriandone le proprietà ed esiliandoli dal Regno di Napoli[5]. La famiglia ebbe poi modo di rientrare in città grazie al principe Filippo di Taranto ma, alla prova dei fatti, Lalle I Camponeschi venne meno agli impegni presi venendo per questo assassinato su commissione dello stesso Filippo[5]. Un ulteriore conflitto divampò nell'ambito della crisi nota come scisma d'Occidente: i Pretatti – nella persona di Francesco Antonio, detto Ceccantonio, membro più noto, esiliato con la famiglia a Corvaro – si schierarono con papa Urbano VI, mentre i Camponeschi appoggiarono la regina Giovanna I d'Angiò e si schierarono con l'antipapa Clemente VII[6]. La disputa derivò in sanguinose battaglie e numerose scorrerie e saccheggi tra l'aquilano e il cicolano e si concluse con la battaglia di Torano del 1381 in cui i Camponeschi, con il decisivo appoggio degli Orsini, ebbero definitivamente la meglio sui Pretatti[7]. Il 16 agosto 1381 Ceccantonio fu giustiziato mediante decapitazione; in precedenza, durante il conflitto, alcune porte cittadine furono murate (tra cui Porta di Bagno) e i congiuranti ritenuti vicini ai Pretatti impiccati[8]. Come segnalato dallo storico Bernardino Cirillo, nel XVI secolo i Pretatti furono segnalati con i Cantelmo a Castiglione a Casauria[9]. In seguito non si ebbero più tracce e il casato si ritenne estinto[2]. BlasonaturaLa blasonatura della famiglia Pretatti è la seguente: d'argento al capriolo di rosso caricato delle lettere P. R. E.[1] Albero genealogicoDi seguito è riportato l'albero genealogico della famiglia Pretatti attinente alla seconda metà del XIV secolo:[senza fonte]
Note
Bibliografia
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