Questo territorio era, infatti, attraversato dalla strada militare che, passando per Bergamo, collegava il Friuli alla Rezia inserendosi così nella ragnatela stradale che faceva capo a Roma.
Il punto più importante del segmento che interessava Lemine era costituito dal ponte con cui scavalcava il Brembo. Attorno a questa opera e a sua difesa i Romani costruirono diverse opere difensive, castra, che indussero inevitabilmente un'immigrazione e un aumento demografico che si sovrappose all'originaria popolazione costituita dai Galli Cenomani, tradizionali alleati di Roma.
Dell'insediamento romano rimangono numerose testimonianze archeologiche la più importante delle quali è un'ara dedicata al dioSilvano trovata proprio nell'area circostante il ponte.
La strada
Questa strada militare che attraversava tutto il territorio di Lemine e di cui non rimane traccia è documentata dalla cosiddetta Tavola Peutingeriana[3]
Il percorso successivo a Cisano è controverso: alcuni autori hanno sostenuto che dopo Cisano deviasse per la valle San Martino e, attraversati Calolziocorte e Vercurago, raggiungesse Lecco e quindi Como; altri invece hanno sostenuto che dopo Cisano continuasse per Brivio, scavalcandovi l'Adda, per raggiungere poi Como.
Questa seconda ipotesi appare la più logica e attendibile in quanto rappresenta il tragitto più breve e veloce per raggiungere Como, essenziale per una strada militare.
Il ponte
Il punto nevralgico di questa strada, come si è visto, era costituito dal ponte, un'opera imponente e solida tanto da durare e svolgere la sua funzione fino al XV secolo.
Il ponte aveva una lunghezza di circa 184 metri, poggiava su otto arcate di cui sei avevano una corda di circa 15 metri e due di circa 21, un'altezza di oltre 24 metri e una larghezza di quasi 6 metri. Queste misure, per altro non certe in quanto calcolate sui ruderi superstiti, danno l'idea della struttura del ponte,
«[...] un'opera grandiosa, singolarmente somigliante a quello sul Tago ad Alcántara»
«Machina illa ingens in nostro flumine, pontis est opus illius, qua vada nulla fero. Pene ruit dudum rapidarum vortice aquarum livor edax fluvios nos quoque saepe movet; sed tamen antiquae decus et vestigia laudis hactenus ostentat truncaque membra minax.»
(A. Muzio, Theatrum, ex P. Manzoni, op, cit.)
Del ponte di Lemine, una volta orgoglio dell'architettura militare romana, sopravvivono pochi resti lapidei e il suo ricordo che, ironia della storia, lo ha tramandato con il nome di ponte della Regina attribuendone la costruzione alla reginalongobardaTeodolinda.
Il ponte della Regina
Dalla sua costruzione e per tutto il Medioevo il ponte di Lemine era conosciuto e denominato, nei diversi atti a noi pervenuti, con tale nome.
Un codice del 1493 lo descrive come [...] ponte di Almenno, fabbricato ha più di mill'anni[4] certificandone così, fino a tale data, non solo il nome d'uso ma anche l'attribuzione della sua costruzione ai romani.
Solo dopo il suo crollo iniziò a essere indicato con il nome di ponte della Regina e questo senza alcuna spiegazione logica se non quella del mito e della credenza popolare che voleva tutti i resti di opere antiche come volute e create dai Longobardi o dai loro esponenti più prestigiosi.
Quando del ponte rimasero solo
«le solitarie rovine e nuovi passaggi si stabilirono, era anche naturale che da quelle rovine fosse colpita la immaginazione popolare, la quale, facile creatrice di leggende, ricorse a una regina.»
(B. Belotti, op. cit.)
Alcuni individuarono questa regina in Teodolinda altri in Teutperga, la moglie ripudiata del franco Lotario II, con una preferenza per la prima, tutti accomunati, però, nell'oblio della matrice romana dell'opera.
Ancora oggi per individuarne i resti occorre chiedere, agli organi del comune di Almenno San Salvatore come alla gente comune, del ponte della Regina e non altrimenti, tanto forte è stato ed è il mito.
^ Elia Fornoni, Il Ponte di Lemine, Bergamo, 1894.
^La Tavola Peutingeriana è una copia del XIII secolo di un'antica carta romana che mostrava le vie militari dell'Impero. Porta il nome dell'umanista Konrad Peutinger (Augusta, 14 ottobre 1465 - 28 dicembre 1547).
^ex B. Belotti, Storia di bergamo e dei Bergamaschi, op. cit. in bibliografia
Bibliografia
Bortolo Belotti, Storia di Bergamo e dei bergamaschi, Bergamo, Bolis, 1989.
Elia Fornoni, L'antica corte di Lemine. Il ponte sul Brembo, Bergamo, 1887.
Elia Fornoni, Il Ponte di Lemine o della Regina, Bergamo, Istituto italiano d'arti grafiche, 1894.
Paolo Manzoni, Lemine dalle origini al XVII secolo, Comune di Almenno San Salvatore, 1988, BNI 90-5949.
Cesare Rota, Almenno e le sue vicinie, Fiorano al serio, 1912.