Il nome generico (Plantago) deriva dalla parola latina "planta" che significa "pianta del piede" e fa riferimento alle piatte foglie basali di questa pianta simili a "piante di un piede".[2][3] L'epiteto specifico (sempervirens) significa "sempre-verde".[4][5]
Il nome scientifico della specie è stato definito dal medico e botanico lussemburghese naturalizzato austriaco Heinrich Johann Nepomuk von Crantz (Roodt, 25 novembre 1722 – Judenburg, 18 gennaio 1799) nella pubblicazione "Institutiones Rei Herbariae juxta nutum Naturae Digestae ex Habitu - 2: 331" del 1766.[6]
Descrizione
Le piante di questa voce hanno una altezza variabile da 1 a 3 dm. La forma biologica è camefita suffruticosa (Ch suffr), sono piante perenni e legnose alla base, con gemme svernanti poste ad un'altezza dal suolo tra i 2 ed i 30 cm (le porzioni erbacee seccano annualmente e rimangono in vita soltanto le parti legnose).[7][8][9][10][11]
La parte aerea del fusto è legnosa, ramificata e contorta. In genere le foglie morte lungamente persistenti avvolgono il fusto.
Foglie
Le foglie, radicate ai nodi, sono disposte in modo opposto ed hanno una lamina strettamente lineare. Sono provviste di una breve pubescenza appressata e sono ricoperte da sparse ciglia fioccose. La guaina delle foglie è allargata e più o meno amplessicaule. Dimensione delle foglie: larghezza 1 mm; lunghezza 10 – 25 mm.
Infiorescenza
Le infiorescenze sono delle spighe composte da fiori riuniti in gran numero; i fiori sono sessili, piccoli e ridotti in ogni elemento. Le spighe hanno delle forme ovate e sono posizionate alla fine di peduncoli nudi lunghi 5 – 7 cm. Nell'infiorescenza sono presenti delle ampie squame mucronate e carenate. Lunghezza dei peduncoli: 5 – 7 cm. Dimensione delle spighe: larghezza 6 – 9 mm (massimo 1,5 cm); lunghezza 9 – 12 mm. Dimensione delle squame: larghezza 4 mm; lunghezza 7 mm.
Formula fiorale. Per la famiglia di queste piante viene indicata la seguente formula fiorale:
X oppure *, K (4-5), [C (2+3) oppure (4), A 2+2 oppure 2] G (2), (supero), capsula.[8]
Calice: il calice formato da 4 sepali è gamosepalo e attinomorfo a forma di tubo terminante con 4 denti (la parte terminale dei quattro sepali) a forma ovata (soprattutto quelli anteriori). I sepali possono essere leggermente riuniti 2 a 2.
Corolla: la corolla formata da 4 petali è gamopetala e attinomorfa (in realtà i petali da 5 sono diventati 4 per fusione dei due petali superiori). La consistenza è membranosa (o scariosa) ed ha un tubo allungato terminante con 4 lobi patenti. Il colore è bianco (o giallastro). Lunghezza dei lobi della corolla: 3 mm.
Androceo: gli stami sono 4 didinami e epipetali (ossia adnati all'interno della corolla con disposizione alternata rispetto ai petali); la loro lunghezza supera quella della corolla. I filamenti sono colorati di marrone. Le antere sono grosse a due logge con base debolmente sagittata (le sacche polliniche sono divergenti) e deiscenza longitudinale. Il colore delle antere è giallastro. I grani pollinici sono tricolporati. Dimensione delle antere: 2 mm.
Gineceo: l'ovario è supero formato da due carpelli saldati (ovario biloculare; ma possono essere presenti da 1 fino a 4 loculi). In ogni loculo si trova uno o più ovuli a placentazioneassile (se il loculo è uno solo, allora la placentazione può essere libera, centrale o basale). Gli ovuli hanno un solo tegumento e sono tenuinucellati (con la nocella, stadio primordiale dell'ovulo, ridotta a poche cellule).[12] Lo stilo è unico, filiforme con uno stigma cilindrico o usualmente bilobo (a volte lo stigma è piumoso). Il disco nettario è assente (l'impollinazione è soprattutto anemogama).
Fioritura: da aprile a settembre.
Frutti
I frutti sono delle capsule da ovoidi a ellissoidi con deiscenza trasversale (opercolata, ossia con coperchio) in parte nascoste dai sepali persistenti. I semi sono numerosi; il colore è bruno-rossastro. I cotiledoni sono paralleli al lato ventrale.
Riproduzione: la fecondazione avviene fondamentalmente tramite l'impollinazione dei fiori (vedi sopra).
Dispersione: i semi cadendo a terra (dopo essere stati trasportati per alcuni metri dal vento – disseminazione anemocora) sono successivamente dispersi soprattutto da insetti tipo formiche (disseminazione mirmecoria), ma anche da uccelli.[8]
Habitat: l'habitat tipico per questa specie sono i prati aridi di tipo steppico, anche tra gli affioramenti rocciosi e sabbie, ghiaioni e pietraie. Il substrato preferito è calcareo ma anche calcareo/siliceo con pH basico, medi valori nutrizionali del terreno che deve essere arido.[14]
Distribuzione altitudinale: sui rilievi queste piante si possono trovare fino a 1200 ms.l.m.; frequentano quindi i seguenti piani vegetazionali: collinare e montano (oltre a quello planiziale – a livello del mare).
Fitosociologia
Areale alpino
Dal punto di vista fitosociologico alpino Plantago sempervirens appartiene alla seguente comunità vegetale:[14]
Formazione: delle comunità a emicriptofite e camefite delle praterie rase magre secche
Classe: Festuco-Brometea
Areale italiano
Per l'areale completo italiano Plantago sempervirens appartiene alla seguente comunità vegetale:[15]
Macrotipologia: vegetazione delle praterie
Classe: Festuco valesiacae-brometea erecti
Ordine: Festucetalia valesiacae
Alleanza: Stipo capillatae-poion carniolicae
Descrizione: l'alleanza Stipo capillatae-poion carniolicae consiste in praterie xerofile, steppiche, calcicole, situate nelle valli delle Alpi occidentali, caratterizzate da clima continentale con modeste precipitazioni annuali. Distribuzione: è un'alleanza tipicamente continentale; in Italia è diffusa nelle valli interne delle Alpi occidentali. La struttura della vegetazione e la composizione floristica è quella delle cenosi costituite da specie tipiche di ambienti steppici e pseudo-steppici cui si aggiungono elementi submediterranei. Si tratta di formazioni che si costituiscono spesso per alterazione ed impoverimento del suolo dovuto ad un'utilizzazione intensiva del territorio; in seguito l'abbandono del pascolo può comportare la perdita di queste cenosi per l'inserimento di elementi estranei come arbusteti del Berberidion vulgaris.[16]
Tassonomia
La famiglia di appartenenza della specie (Plantaginaceae) comprende 113 generi e 1800 specie[8] (114 generi e 2100 specie[10] o anche 90 generi e 1900 specie[17] secondo altre fonti) ha una distribuzione più o meno cosmopolita ma con molti taxa distribuiti soprattutto nelle zone temperate e nell'areale mediterraneo. Il genere Plantago si compone di oltre 250 specie una trentina delle quali sono presenti nella flora spontanea italiana. All'interno della famiglia Plantaginaceae il genere di questa specie è descritto nella tribù Plantagineae.[18]
Il genere Plantago è suddiviso in 4 sottogeneri (subg. Plantago; subg. Coronopus (Lam. & DC.) Rahn; subg. Psyllium (Juss.) Harms; subg. Bougueria (Decne) Rahn & Reiche). La specie di questa voce è descritta all'interno del sottogenere Plantago sect. Psyllium insieme ad altre specie come Plantago afra L., Plantago indica L., Plantago lanceolata L. e altre.[19]
Sinonimi
Questa entità ha avuto nel tempo diverse nomenclature. L'elenco seguente indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:[20][21]
Plantago cynops L.
Plantago repens Samp.
Plantago suffruticosa Lam.
Psyllium sempervirens (Crantz) Soják
Psyllium suffruticosum (Lam.) Dum.Cours.
Specie simili
Le specie del genere Plantago sono difficili da distinguere una dall'altra. La seguente tabella evidenzia i caratteri più significativi delle due specie più simili a quella di questa voce:[7]
Plantago indica L.: il ciclo biologico della pianta è annuale; il fusto è erbaceo ed eretto; le brattee sono dimorfe; quelle inferiori hanno la base allargata (3 – 4 mm), hanno una consistenza membranosa e sono sormontate (prolungate) da una resta erbacea lineare di 3 – 6 mm; quelle superiori hanno delle forme da ovali a oblanceolate.
Plantago afra L.: il ciclo biologico della pianta è annuale; il fusto è erbaceo ed eretto; le brattee sono tutte più o meno uguali, acute e lunghe 4 – 8 mm.
Plantago sempervirens Crantz: il ciclo biologico della pianta è perenne; i fusti sono legnosi con portamento contorto.
Altre notizie
La piantaggine sempreverde' in altre lingue è chiamata nei seguenti modi:[14]
^Prodromo della vegetazione italiana, su prodromo-vegetazione-italia.org, p. 51.1.3 ALL. STIPO CAPILLATAE-POION CARNIOLICAE BR.-BL. 1961. URL consultato il 24 gennaio 2016.
David Gledhill, The name of plants (PDF), Cambridge, Cambridge University Press, 2008. URL consultato il 24 febbraio 2016 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
F.Conti, G. Abbate, A.Alessandrini, C.Blasi, An annotated checklist of the Italian Vascular Flora, Roma, Palombi Editore, 2005, p. 144, ISBN88-7621-458-5.
Judd S.W. et al, Botanica Sistematica - Un approccio filogenetico, Padova, Piccin Nuova Libraria, 2007, p. 493, ISBN978-88-299-1824-9.
Alfio Musmarra, Dizionario di botanica, Bologna, Edagricole, 1996.