Pier Lorenzo De VitaPier Lorenzo De Vita (Castiglione Olona, 21 novembre 1909 – Domaso, 7 aprile 1990) è stato un fumettista italiano[1]. BiografiaEsordisce nel 1934 disegnando Le prodezze di Tic e Tac per il settimanale Jumbo e poi e I pirati del fiume giallo per il Corriere dei piccoli.[2][3] Inizia nel 1938 una lunga collaborazione con la Mondadori per la quale realizza illustrazioni e disegni per le testate Topolino e altri periodici per ragazzi; in questo periodo realizza una trasposizione a fumetti di Saturnino Farandola su testi di Federico Pedrocchi e di Guido Mellini e pubblicata fino al 1940, oltre a numerose storie realistiche.[2][3][4] Per il Corriere dei piccoli pubblica nel 1942 la serie di Martin Muma.[2] Disegnato numerosi fumetti realistici come Capitan Tempesta pubblicato su L'Audace, Il Diamante Azzurro e La Primula Rossa del Risorgimento in Paperino.[3] Nel 1935 Mondadori acquisisce dalla Nerbini la testata Topolino. Durante il fascismo vennero imposte delle restrizioni alla pubblicazione di serie a fumetti di origine straniera; Topolino inizialmente venne risparmiato ma, dal n. 478 del 10 febbraio 1942, anche il settimanale è costretto a cedere alle restrizioni e le storie di Topolino vengono sostituite da quelle di Tuffolino, un ragazzetto dalle medesime caratteristiche fisiche, disegnato da De Vita[3]. La testata però alla fine fu costretta a sospendere la pubblicazione con il n. 564 del 21 dicembre 1943, per poi riprendere a guerra conclusa il 15 dicembre 1945. Nel dopoguerra continua a disegnare storie realistiche come alcuni episodi di Pecos Bill e di Oklahoma!, per la serie degli Albi d'Oro della Mondadori.[3][2] Esordisce come autore disneyano nel 1955[3] disegnando Paperino Don Chisciotte su testi di Guido Martina, realizzata con uno stile personale, distante da quello classico disneyano; a questa ne seguiranno molte altre, come quelle della serie Grandi Parodie Disney quali Paperin Meschino, Paperino e i tre Moschettieri e Paperodissea, fino al suo ritiro nel 1981.[2] Dei tre figli, Claudio Giuliano, Massimo e Fosca, il secondogenito Massimo ha intrapreso la stessa attività. Muore ottantunenne il 7 aprile 1990 a Domaso, suo abituale comune di villeggiatura sul Lago di Como, nel cui cimitero è stato sepolto.[2] Note
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