Pena di morte in FranciaLa pena di morte in Francia esistette ufficialmente dal Medioevo fino al 1981. StoriaAntico regimeDurante l’Ancien Régime il supplizio dello squartamento, importato dall’Inghilterra, era riservato ai regicidi, perché creduto un valido deterrente per la folla di spettatori: nel 1610 infatti fu squartato François Ravaillac, uccisore di Enrico IV di Borbone e nel 1757 Robert François Damiens, attentatore del re Luigi XV. Questo tipo di squartamento era diverso da quello usato in Inghilterra: infatti venivano legate le braccia e le gambe del condannato ai cavalli, i quali, aizzati in direzioni diverse, provocavano lo spezzamento dell'addome ma per atto di misericordia il boia troncava di netto la testa quando vedeva che le membra cominciavano a lacerarsi. La decapitazione, metodo di esecuzione tra i meno crudeli nell'Ancien Régime, era riservata ai nobili. L'adozione della ghigliottinaGià dal 1791, ci fu un progetto per abolire in Francia la pena di morte, ma l'Assemblea Nazionale Costituente rifiutò la proposta, vietando, per contro, la tortura. Durante il periodo del Terrore lo strumento usato per eseguire la pena capitale era la ghigliottina, che veniva considerata meno crudele dello sventramento in quanto essa uccideva il condannato senza fargli subire sofferenze atroci. Il 26 ottobre 1795, la Convenzione nazionale abolì la pena capitale, ma solamente quando il paese avesse attraversato un periodo di pace. Con Napoleone Bonaparte, venne ristabilita nel 1810 con il Codice penale francese del 1810, rimasto in vigore fino al 1994. Decreto CrémieuxUn decreto di Adolphe Crémieux del 25 novembre 1870 riformò l'uso della ghigliottina. Inoltre veniva previsto che un solo boia doveva prendersi carico dell'esecuzione, pertanto si abolivano gli esecutori provinciali (all'epoca ne esisteva uno per ogni corte d'assise). La presidenza Fallières e il caso SoleillandNei primi anni del Novecento la Francia poteva quasi dirsi abolizionista di fatto, poiché per tre anni, tra il 1905 e il 1908, il Presidente della repubblica Armand Fallières graziò sistematicamente tutti i condannati. L'abolizione della pena di morte in Francia era all'ordine del giorno nel 1906, ma la pubblica opinione francese vi era ancora ostile. L'ultima esecuzione, prima di quello stop momentaneo, fu quella del muratore italiano Antonio Pozzi giustiziato a Belfort il 6 ottobre 1905. Sebbene continuassero, e anzi aumentassero rispetto agli anni precedenti, ad arrivare da parte delle corti d'assise diverse pronunce per la condanna capitale, la grazia presidenziale arrivava puntuale. Da una parte il presidente della Repubblica, insieme al primo ministro Georges Clemenceau e il guardasigilli Aristide Briand, erano aperti al superamento di tale pena, dall'altra i condannati ne godevano, tanto che André Negro, graziato proprio da Fallières, arrivò a scrivere al presidente per reclamare una donna per passare il tempo e un'arma per uccidere il suo secondino. Nell'inverno del 1907 a Parigi Albert Soleilland uccise brutalmente la dodicenne Marthe. La pubblica opinione, dopo essere scoppiato il caso, si appassionò della vicenda. Il 23 luglio dello stesso anno la corte d'assise della Senna condannò il bruto ovviamente a morte. Dopo la sentenza ci fu un'esplosione di gioia da parte dell'opinione pubblica. Il 13 settembre il presidente Fallières graziò tutti condannati a morte tra cui lo stesso Soleilland. Il 15 settembre ci fu una manifestazione pubblica in cui si chiedeva le dimissioni di Fallières. L'8 dicembre 1908 venne respinto, solo 201 voti a favore contro 330 contro, un progetto di legge, promosso da Aristide Briand, che aveva lo scopo di abolire la pena capitale nel paese. L'8 gennaio 1909 la ghigliottina riprese a funzionare a Béthune quando i "Bandits d'Hazebrouck" Théophile Deroo, Canut Vromant, Auguste Pollet e Abel Pollet, assassini seriali, furono i primi giustiziati dalla fine del 1905. La fine delle esecuzioni pubblicheDopo lo scandalo dell'esecuzione di Eugen Weidmann, il 24 giugno 1939 il presidente del consiglio Édouard Daladier promulgò un decreto di legge con il quale si abolivano le esecuzioni in pubblico. Mentre era alla guida del regime collaborazionista di Vichy, instauratosi nel sud-est del paese nel 1940, il Maresciallo Philippe Pétain rifiutò la grazia ad otto donne, poi ghigliottinate: tale scelta intransigente non era più stata fatta da oltre mezzo secolo. Anni Settanta: le ultime esecuzioniCon le esecuzioni, nel novembre 1972, di Claude Buffet e Roger Bontems, iniziò la crociata di Robert Badinter per l'abolizione totale della pena di morte in Francia. Nel maggio 1973, a Marsiglia venne giustiziato Ali Benyanes; la sua esecuzione catturò poca attenzione dall'opinione pubblica francese. Per la terza volta in meno di sei mesi, Georges Pompidou, sebbene sfavorevole alla pena capitale, lasciò un condannato alla ghigliottina. Nel 1976 venne giustiziato il ventiduenne Christian Ranucci, accusato di aver rapito ed ucciso una ragazzina; il presidente Valery Giscard d'Estaing gli rifiutò la grazia, ma in seguito la sua colpevolezza venne messa in dubbio con il "caso del pull-over rosso". L'esecuzione di Ranucci, per le modalità con cui è stata condotta l'istruttoria, per le zone d'ombra che hanno accompagnato la vicenda e l'incertezza sulla sua colpevolezza, mai provata in modo del tutto convincente, fa scalpore ancora oggi. Patrick Henry, accusato dell'omicidio di un bambino, il 21 gennaio 1977 sfuggì alla condanna capitale, nonostante l'opinione pubblica francese dell'epoca ne richiedesse la testa, grazie all'estenuante difesa dell'avvocato Robert Badinter. Poco dopo, il 23 giugno 1977, Jérôme Carrein venne ghigliottinato. Il 10 settembre dello stesso anno venne eseguita l'ultima condanna in Francia, quella di Hamida Djandoubi. L'abolizioneNel 1981, durante la campagna elettorale, François Mitterrand dichiarò di essere contrario alla pena capitale; in seguito, il 10 maggio dello stesso anno, fu eletto Presidente della Repubblica. Il 25 maggio Mitterrand graziò il condannato Philippe Maurice, l'ultimo condannato ad essere graziato. Il 9 ottobre 1981 venne promulgata la legge che aboliva la pena di morte dal codice penale francese. Tra la fine del 1980 e l'abolizione alcuni altri imputati furono condannati in prima istanza della Corte d'Assise francese. Tutte queste sentenze furono cassate e annullate sia prima del 9 ottobre da una corte d'appello durante il corso normale delle procedure giurisdizionali, sia subito dopo il 9 ottobre, a causa dell'assenza di una base legale per eseguire la pena, mentre una procedura d'appello era ancora in corso.[1] Condannati e giustiziati nella Quinta Repubblica (1959-1981)Questa lista è suscettibile di variazioni e potrebbe essere incompleta o non aggiornata.
Regime di detenzione dei condannatiIl regime di detenzione dei condannati a morte veniva regolato dal codice di procedura penale. Un condannato veniva recluso individualmente; era sorvegliato giorno e notte, in modo che fossero evitati i tentativi di evasione e di suicidio. Erano esenti da ogni forma di lavoro. Potevano fumare, leggere e scrivere ed ottenere dei viveri supplementari. I condannati potevano, previa autorizzazione, ricevere visite dai familiari, oltre che dai loro avvocati, dal religioso del proprio culto e dagli assistenti sociali; un sorvegliante doveva essere presente all'incontro. Infine i condannati dovevano essere sottoposti a questo regime dal giorno della loro condanna a morte al giorno dell'accettazione del ricorso in cassazione, della grazia presidenziale o dell'esecuzione.[4] La prassi di una condanna a morte (secolo XX)L'ultima alba di un condannato alla ghigliottina veniva definita come "la messe rouge" (la messa rossa). Il cosiddetto "cerimoniale" restò lo stesso anche dopo l'interdizione delle esecuzioni in pubblico. Circa quattro ore prima di una esecuzione, la polizia iniziava a formare un cordone attorno l'ingresso della prigione e a proibirne l'entrata a coloro che non fossero autorizzati. I convenuti all'esecuzione, con un lasciapassare, entravano in carcere ed andavano nell'ufficio del direttore. In quei momenti la ghigliottina era montata e il boia veniva ad avvertire i presenti che il momento era arrivato. Circa 45 minuti prima dell'esecuzione una dozzina di persone si dirigeva verso la cella dove dormiva il condannato, senza far rumore (spesso la sera precedente si posavano sul pavimento dei tappeti per coprire la risonanza). I secondini, per fare ancora meno rumore, si toglievano le scarpe; così aprivano di colpo la porta, si gettavano sul condannato, lo ammanettavano e, nel caso si fosse ribellato, lo legavano. Uno dei secondini si piazzava vicino al letto, un altro al fondo della cella e un terzo chiudeva la porta. Allora gli ufficiali entravano nella cella, gli avvocati andavano a confortare il loro cliente e il procuratore informava che la domanda di grazia era stata respinta. Camminando veloce, il corteo, con al centro il condannato a morte, attraversava i corridoi della prigione. Il gruppetto si fermava una prima volta per proporre al condannato di cambiarsi. Poi, arrivati in cancelleria, si procedeva ad un'ultima sosta. Si dava il permesso al condannato, con della carta e una penna stilografica, di scrivere una lettera. Il giudice chiedeva al condannato se avesse qualcosa da dichiarare e in base al suo volere, un prete, o altro ministro di culto, si avvicinava per raccoglierne l'ultima confessione, e talvolta veniva data anche la comunione. Dopodiché il condannato veniva fatto sedere su uno sgabello e gli si versava, in un bicchiere, qualcosa da bere, un alcolico, un caffè o della cioccolata, e gli si dava da fumare, al massimo due sigarette. Dopo aver bevuto il bicchiere, il condannato veniva slegato e firmava il foglio di scarcerazione. Subito dopo si avvicinavano gli aiutanti del boia. Uno dei due legava le caviglie, affinché il condannato potesse fare solo piccoli passi, un altro aiutante legava i polsi, infine un terzo aveva il compito di tagliare la camicia, oppure la levava del tutto, e radeva i capelli sporgenti sulla nuca. Il boia avanzava e firmava il foglio di scarcerazione e faceva segno ai suoi aiutanti di seguirlo. Tenendo il condannato, gli aiutanti si dirigevano verso la porta d'uscita. Quando c'erano ancora le esecuzioni pubbliche, il condannato saliva su un furgone, con cui veniva portato al luogo dell'esecuzione, a circa 500 metri dalla prigione. Dopo il 1939, le esecuzioni si tenevano nel cortile della prigione. Passata la porta della prigione, le operazioni procedevano con velocità. Il condannato veniva posto sul basculante e passava dalla posizione verticale a quella orizzontale. Un sistema mobile faceva avanzare la plancia, con sopra il corpo del condannato; la testa veniva posta tra i due montanti. Il boia batteva fortemente la parte superiore della lunetta, mentre un aiutante tirava la testa per metterla in buona posizione. Talvolta il condannato veniva stordito con un colpo sulla nuca. Il boia faceva poi funzionare la ghigliottina. Eseguita la condanna, il corpo del condannato, troncato dalla testa, veniva spinto dal boia in un paniere di vimini posto alla destra della ghigliottina. La testa cadeva in una vasca di zinco. Il sangue usciva a zampilli, sporcando i bois de justice. Dopo l'esecuzione il medico legale constatava la morte e forniva il permesso di inumare il corpo, senza menzionare la causa del decesso. La testa veniva riposta nel paniere assieme al corpo. Fatta l'esecuzione, veniva pulito il suolo e la ghigliottina veniva smontata. Il cancelliere redigeva un verbale di esecuzione, che veniva affisso all'entrata della prigione per 24 ore. La famiglia poteva ricevere il corpo del condannato e farlo seppellire con la massima discrezione.[5] Crimini capitali in Francia nel 1981Il codice penale francese, almeno fino al 1981, prevedeva una larga casistica di crimini passibili di condanna a morte. Inoltre veniva precisato il metodo di esecuzione: fucilazione quando la condanna veniva emessa da un tribunale militare; decapitazione in tutti gli altri casi. Dal 1792 in poi la decapitazione fu espletata tramite ghigliottinamento. La ghigliottina non veniva usata in certe circostanze particolari, nel caso non potesse arrivare sul luogo dell'esecuzione o nel caso di crimini contro la sovranità dello stato, e l'alternativa era la fucilazione.[6] Precauzioni contro il ripristino della pena di morteNel 1993 un gruppo di deputati neogollisti, capitanati da Roland Numgesser proposero di ristabilire la pena di morte nei casi di rapimento e assassinio di bambini, recidiva in fatti di sangue, assassinio a seguito di torture e assassinio di agenti di polizia.[7] Nel 1994 a seguito di gravi fatti di sangue, Jean-Marie Le Pen ritornò a richiedere il ripristino della pena di morte in Francia.[8] Nel 2004, si è fatta avanti la proposta di ripristinare la pena capitale per atti terroristici: in particolare, il leader dell'estrema destra Jean-Marie Le Pen si può definire un sostenitore della pena di morte. Nei primi mesi del 2007 la pena di morte è stata esplicitamente esclusa anche dalla Costituzione francese, allo scopo di rendere più difficile un suo eventuale reinserimento nel codice penale. La pena di morte in Francia nel cinema
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