Murilo MendesMurilo Mendes, nato come Murilo Monteiro Mendes (Juiz de Fora, 13 maggio 1901 – Lisbona, 13 agosto 1975), è stato uno scrittore e poeta brasiliano, uno dei più importanti rappresentanti del modernismo brasiliano e del surrealismo[1][2]. BiografiaMurilo Mendes, figlio di Onofre Mendes ed Elisa Valentina Monteiro de Barros, trascorse la sua infanzia nel Minas Gerais,[3] incominciò a studiare nella sua città natale, dal 1912 al 1915 approfondì poesia e letteratura.[2] Nel 1917 andò a Niterói[4] e si iscrisse al Colégio Interno Santa Rosasi, ma lo abbandonò[2] e nello stesso anno, si recò a Rio de Janeiro con il fratello maggiore,[4] l'ingegnere José Joaquim, che lo inserì come archivista nel Consiglio del Patrimonio Nazionale.[2][3] Nel 1920, iniziò a collaborare con il giornale A Tarde, e quattro anni dopo scrisse le sue prime poesie per le due riviste moderniste Terra Roxa e Outras Terra e Antropofagia.[2][3][4] Mendes si avvicinò al modernismo con le opere d'esordio, Poesie (Poemas, 1930)[3][4] e Storia del Brasile (História do Brasil, 1932),[4] nelle quali i toni tragici delle sue liriche manifestarono una espressività edulcorata da un umorismo grottesco.[5][1] In queste opere descrisse, tra le altre, le tematiche del nazionalismo e del folklore.[2] A partire da Tempo ed eternità (Tempo e eternidade, 1935), in collaborazione con lo scrittore e poeta Jorge de Lima)[4] e grazie alla conversione religiosa al cattolicesimo aiutata dalla frequentazione con il pittore Ismael Nery,[5][4] la poesia di Mendes si orientò verso una originale saldatura tra la tradizione barocca iberica e il surrealismo francese, caratterizzata da un processo di astrazione spaziale e temporale, alla ricerca della vera essenza degli uomini e delle cose, nella descrizione di argomenti di attualità trasfigurati oppure metafisici.[1] L'opera risultò un atto di fede nel quale gli slanci della fantasia furono controllati dalla straripante eloquenza,[5] e i versi mescolarono elementi di misticismo con aspetti della religiosità popolare brasiliana.[2] Le opere seguenti confermarono e compendiarono tutti questi elementi, presentando numerosi riferimenti alla pittura di Giorgio de Chirico, Pablo Picasso, Max Ernst e alla musica di Wolfgang Amadeus Mozart e dei Balletti russi:[1]Poesia in preda al panico (A poesia em pânico, 1938), rivelò la vera interiorità di Mendes intento a rapportarsi in modo drammatico con il trascendentale; Il visionario (O Visionário, 1941), nel quale Mendes evidenziò una simbiosi tra il lirismo e le tecniche sempre più aderenti al surrealismo;[5][2] Le metamorfosi (As metamorfoses, 1944), nel quale raggiunse la sintesi espressiva armonizzando la forma ermetica ed essenziale con la prosperità del suo spirito barocco; Mondo enigma (Mundo enigma, 1945), celebrativa nel suo pieno sviluppo poetico.[5] L'opera in cui Mendes raggiunse la totale maturità e l'apice del suo sviluppo creativo fu Poesia libertà (Poesia liberdade, 1947), dove il dolore e la pietà cristiana, l'esperienza e la partecipazione spirituale alle atrocità della guerra, raggiunsero livelli di grande purezza.[1] Nel 1947, Murilo Mendes sposò Maria da Saudade Cortesão,[3] una poetessa figlia di Jaime Cortesão, uno storico e poeta portoghese esiliato in Brasile durante il regime dittatoriale di António de Oliveira Salazar in Portogallo.[2] Con la pace, l'animo del poeta si tranquillizzò e si volse alla meditazione e alla ricerca formale più moderata di Sonetti bianchi (Sonetos Brancos, 1946-1948);[5] la parentesi costituita da una metrica più tradizionale presente in Contemplazione di Ouro Prêto (Contemplação de Ouro Prêto, 1954), un canto dedicato alla regione natale,[1] anticipò un nuovo ciclo di opere, partendo da libri ispirati a temi di cultura europei, Siciliano (Siciliana, 1959), Ora spagnola (Tempo espanhol, 1959) per arrivare a soluzioni di innovativa avanguardia, Convergenza (Convergência, 1970).[5] Tra il 1952 e il 1956, Mendes visse con sua moglie in Belgio e nei Paesi Bassi,[3][4] poi si trasferì in Italia,[3] soggiornando dal 1957 a Roma, dove insegnò letteratura brasiliana alla facoltà di lettere dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza".[5][4] Negli ultimi volumi, dove spesso predominò la prosa, come in Poliedro (1962) e in L'era del seghetto (A idade do serrote, 1968), Mendes si dedicò alla descrizione di personaggi del passato e del presente.[1] Importanti si dimostrarono i volumi di saggistica riguardanti la musica e la pittura.[5] In Italia venne tradotto, tra gli altri, da Giuseppe Ungaretti, e vinse nel 1972 il premio internazionale Etna-Taormina.[1] Murilo Mendes trascorse gli ultimi anni in Portogallo, e morì a Lisbona, il 13 agosto 1975.[2][4] Opere
Note
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