Michele Priuli
Michele Priuli (Venezia, 4 maggio 1547 – Venezia, 1º agosto 1603) è stato un vescovo cattolico italiano. Come vescovo di Vicenza, insieme con il suo predecessore e zio Matteo Priuli, diede inizio all'attuazione della riforma tridentina. BiografiaEra figlio di Girolamo Priuli, appartenente ad una ricca e nobile famiglia veneziana che ebbe membri illustri in ogni campo, e di Elisabetta Cappello. Nell'agosto del 1579 fu eletto, dai canonici della cattedrale di Vicenza, vescovo di questa diocesi, dopo le dimissioni e forse su proposta dello zio Matteo Priuli. Il suo ingresso in città, nell'agosto-settembre dello stesso anno, non fu solenne e sfarzoso come quello del predecessore, forse per suo stesso desiderio. Uomo concreto e meno intransigente dello zio, iniziò il suo ministero con la visita pastorale alle parrocchie della diocesi[1]. Un tenore di vita pia e austera costituì la nota caratteristica di tutto il suo episcopato, periodo che visse fortemente deciso a continuare l'opera di attuazione della riforma tridentina iniziata dallo zio. A questo scopo indisse vari sinodi diocesani: nel 1583, nel 1587 e due nel 1597; per la sua opera ricevette una valutazione positiva dal cardinale Agostino Valier, venuto a Vicenza nel 1584 per controllare lo stato di attuazione delle disposizioni conciliari[2]. Michele Priuli cercò di assicurare la sostenibilità del seminario, istituito con il sinodo del 1566, aumentandone convenientemente le rendite, trasformandolo da semplice scuola a convitto per almeno 16 allievi e chiamando a Vicenza come insegnanti i padri della congregazione dei Somaschi di Girolamo Miani. La loro missione sarebbe stata anche quella di elevare il livello culturale del clero, così ignorante da non conoscere i rudimenti della dottrina, le preghiere più comuni e il credo[3]. La battaglia contro la pluralità dei benefici ecclesiastici indebitamente goduti e per la residenzialità dei beneficiari, vera prova di forza tra il capitolo della cattedrale e il vescovo Matteo Priuli, battaglia che aveva spinto quest'ultimo alle dimissioni, si era in parte smorzata ma non conclusa. Tenuto conto dei potenti appoggi che i canonici - quasi tutti appartenenti a nobili e ricche famiglie vicentine - godevano presso la Santa Sede, nasce il sospetto che essi abbiano avuto parte nell'improvvisa nomina del vescovo a visitatore apostolico della Dalmazia[4] e alla sua repentina partenza da Vicenza nel dicembre 1602. La fatica cui fu sottoposto durante quella missione ne piegò la fibra già indebolita; ritornato a Venezia vi morì il 1º agosto 1603[5]. Note
Bibliografia
Voci correlate
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