La dea Era[2] come punizione di aver accolto e allevato Dioniso,[3] figlio illegittimo di Zeus avuto da Semele[4] e sorella di Ino, fece impazzire i due coniugi (Atamante ed Ino) per ottenere che il padre uccidesse Learco sfracellandolo sulle rocce e che la madre gettasse in un calderone bollente Melicerte.[5] La madre però, rinsavita, raccolse il cadavere del figlio e si gettò con lui in mare (secondo il mito, dalla roccia molare di Megara).[6]
Afrodite provò pietà per Melicerte (suo pronipote) e così pregò Poseidone di salvarli. Il dio del mare tolse a loro le scorie mortali e li cambiò nel nome ed aspetto tramutandoli in divinità marine: così Ino divenne Leucotea e Melicerte divenne Palemone[6].
Melicerte per i latini divenne Portuno, divinità protettrice dei porti.
Secondo altre fonti il corpo esanime di Melicerte fu portato da un delfino fino all'istmo di Corinto e depositato sotto un pino. Qui fu trovato da suo zio Sisifo ed in seguito per ordine delle Nereidi istituì i Giochi istmici e dei sacrifici in suo onore.