Mattia de RossiMattia de Rossi (Roma, 14 gennaio 1637 – Roma, 2 agosto 1695) è stato un ingegnere e architetto italiano, allievo del Bernini, attivo soprattutto a Roma. BiografiaFu figlio d'arte: il padre Marc'Antonio, che gli aveva dato la prima istruzione, era architetto (aveva realizzato fra l'altro la nuova Porta Portese e le Mura gianicolensi per papa Urbano VIII e lavorato con il Borromini alla ristrutturazione della vecchia abbazia di San Martino al Cimino) e amico del Bernini, che dimostrava al ragazzo particolare simpatia e affetto. Così avvenne quasi naturalmente che il giovane Mattia fosse messo a scuola presso l'artista già famoso, che gli mostrò sempre un affetto quasi paterno. Con il Bernini e il figlio di lui, Paolo, De Rossi fu a Parigi nel 1665-66, e vi tornò poi verso il 1690[1]. Al seguito di Bernini, De Rossi partecipò a numerose commesse della Curia e delle famiglie papali che si succedettero fino alla morte di quello:
![]() Morto il Bernini nel 1680, De Rossi ne assunse l'eredità professionale concludendone varie opere, e succedette al maestro in molte cariche, tra cui quella di architetto e sovrintendente della fabbrica di San Pietro, e di principe dell'Accademia di San Luca nel 1681[3]. La scomparsa del maestro gli consentiva ora di lavorare in proprio, dedicandosi soprattutto all'edilizia ecclesiastica, ma non solo. Concluse così i lavori del noviziato dei Gesuiti a Sant'Andrea al Quirinale e disegnò gli altari della chiesa; innalzò sepolcri (a Clemente X in San Pietro[4] e a monsignor Liberati in Santa Maria Maggiore). Disegnò nuove chiese: Santa Francesca Romana a Capolecase, Santa Galla, l'Oratorio del Caravita (non realizzato per l'eccessivo costo, il cui disegno gli fruttò tuttavia in regalo un quadro del Bassano); intervenne in altre (stucchi e cappelle di San Silvestro in Capite, la cappella Torre alla chiesa della Maddalena), la cappella Capizucchi a Santa Maria in Campitelli, il coretto dell'organo a Santa Maria della Vittoria; altre ne ristrutturò (come San Francesco a Ripa e Santa Rita a Montecavallo), o ne completò (la cupola di Sant'Andrea delle Fratte, la facciata degli Angeli custodi al Tritone). Operò anche nell'edilizia civile, soprattutto su commesse di Innocenzo XII e della famiglia Altieri: per la famiglia fece il portone posteriore e le stalle di Palazzo Altieri, per il papa costruì la dogana di Ripa Grande, disegnò la prima chiesa dell'Ospizio di san Michele, e lavorò anche alla Curia Innocenziana, facendovi la scala, il portico e l'ultimo piano. Lavorò anche, per i suoi nobili committenti, fuori città: sua, in particolare, è la Collegiata di Valmontone, voluta dal principe Pamphili. Morì relativamente giovane, a 58 anni, di una malattia renale acuta e improvvisa, lasciando ventimila scudi di eredità (ai figli del fratello, giacché non ne aveva di propri). Fu sepolto in Sant'Andrea delle Fratte. Lione Pascoli, quasi suo contemporaneo, ne dà questo ritratto conclusivo: «Fu intendentissimo della professione, disegnò assai bene, non uscì mai delle regole, che avute aveva dal maestro, e si mantenne sempre uguale nella solita sua facilità, e correzione. Fu integro di costume, umile, docile, rispettoso, e sincero. Era di statura alta anzi che no, bianco, e bello di faccia, con capelli castagni, e colle basette, che gli conciliavano maggior venerazione. Amava la serietà, tuttocchè la naturale sua avvenevolezza comparir lo facesse allegro, e giocondo. Strinse con diversi professori varie amicizie; e per la sua generosità, e per le gentili sue maniere, e per l'ottima legge che aveva, le confervò fino alla morte. Ma con niun altro conversò più di genio che con Gio. Batista Gaulli, che fu suo amicissimo, e a lui solo permise che gli facesse il ritratto, che vivo, e naturale anch'oggi si vede in casa degli eredi. Pochi scolari credo, che lasciasse; e solo Filippo Barigioni, ch'io sappia, il quale avendo fatte edificare diverse fabbriche, e in Roma, e fuori, fa molto onore al maestro» Note
Bibliografia
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