Madonna delle Ombre
La Madonna delle Ombre è un affresco con aggiunte a tempera di Beato Angelico nel convento di San Marco, situato al primo piano, lungo il corridoio est, tra le celle 25 e 26. L'opera, che misura 195x273 cm, è di datazione incerta, che oscilla tra gli anni 1440 e il periodo dopo il ritorno dal soggiorno romano, dopo il 1450. Si tratta di un'opera sperimentale, che deve il suo nome agli effetti di luce e ombra, studiati a partire dalla reale fonte di luce in fondo al corridoio. Descrizione e stileLa Madonna delle Ombre è una Sacra Conversazione, che vede la Madonna col bambino in trono, circondata da due gruppi simmetrici di santi, per un totale di otto, che sono disposti con scioltezza nello spazio e rimandano tra l'uno e l'altro con gesti e sguardi, come se stessero appunto conversando. La Madonna è posta su un trono rialzato di un gradino e incorniciato da una nicchia dorata sulla parete. I santi che sono rappresentati sono strettamente legati ai Medici e all'ordine Domenicano, per cui è ragionevole pensare a una commissione diretta da parte di Cosimo il Vecchio. Da sinistra si incontrano:
L'aspetto più importante dell'affresco è lo studio sulla luce, che pervade l'intera rappresentazione rendendo con efficacia sia i colori, armoniosamente accordati, che le ombre, per definire i volumi, che gli effetti di lustro nelle dorature delle aureole e della nicchia. Ma l'elemento più straordinario è l'ombra che i capitelli delle paraste proiettano sul muro, che sono lunghe e sottili, in accordo con la fonte luminosa naturale del corridoio, che è la finestra in fondo ad esso, sul lato sud. Negli occhi dei santi di destra inoltre si nota il riflesso della finestra. Tali ricerche vennero inaugurate dall'Angelico ma non portate a compimento fino in fondo: non sono presenti infatti le ombre dei santi, che avrebbero dovuto produrre un effetto di taglio simile, e qualche incertezza si riscontra anche nella collocazione al suolo delle figure, come nei piedi di san Marco, probabilmente a causa dell'utilizzo di allievi, ben documentato in quel periodo. Per ottenere questi originali effetti di luce l'Angelico fece un ampio ricorso alla tempera, che permetteva di restituire maggiormente gli effetti del variare della luce. In questo senso si può ipotizzare un avvicinarsi del pittore alla sensibilità luministica fiamminga, anche se per l'Angelico la luce era essenzialmente il mezzo per ottenere immagini nitide e chiare, in accordo con la destinazione monastica del ciclo affrescato. Bibliografia
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