È stata una figura chiave nel processo di emancipazione culturale e nei percorsi di rivendicazione sociale delle donne nissene, specialmente di quelle appartenenti alla classe femminile delle mogli e delle madri dei minatori di zolfo, (in siciliano "surfarara").
Letizia nell'immediato dopo guerra operò a sostegno delle classi meno abbienti di Caltanissetta, poi si iscrisse al PCI nel 1953.[3]
Dapprima eletta alla carica di consigliere comunale di Caltanissetta, ottenendo 11.004 voti di preferenza su 45.111 di lista (24,39%), il 6 novembre 1962 divenne deputata nella quarta legislatura all'Assemblea regionale siciliana, subentrando al dimissionario Emanuele Macaluso;[4] diventando così, sia pure per poco tempo, la prima donna deputato regionale all'ARS.[5][6]
Attivismo sociale
Nel 1945, fu una delle 150 fondatrici dell'Unione Donne in Italia (UDI),[7]. Fu anche fondatrice della Associazione donne minatori[8] e infermiera volontaria della Croce rossa.
Più avanti negli anni fu anche dirigente del Sindacato pensionati della CGIL (SPI) e dell'Auser.
Enza Turco, Concorso letterario “Lettere a Letizia”, su sites.google.com, - Caffè Caltanissetta, 3 febbraio 2013. URL consultato il 9 marzo 2016 (archiviato dall'url originale il 26 ottobre 2020).