Laser a colorantiUn laser a coloranti è un laser che usa un colorante organico, solitamente in soluzione liquida, come mezzo di amplificazione della luce. I laser a coloranti furono scoperti in modo indipendente dai team guidati da P. P. Sorokin e F. P. Schäfer nel 1966.[1][2] CaratteristicheIn confronto ai mezzi gassosi e a quelli solidi, un colorante può essere usato per ottenere una gamma molto più ampia di lunghezze d'onda, che solitamente si estende da 50 a 100 nanometri; l'ampia larghezza di banda li rende particolarmente adatti per laser sintonizzabili e per laser ad impulsi. La rodammina 6G può essere modulata per produrre emissioni che vanno da 635 nm (arancio-rossastro) a 560 nm (giallo-verdastro) e produrre impulsi brevi fino a 16 femtosecondi.[3] Inoltre è sempre possibile sostituire il colorante usato con un altro e cambiare così la lunghezza d'onda e la larghezza di banda, che può così estendersi dal vicino infrarosso all'ultravioletto vicino. A volte questo comporta la sostituzione dell'ottica o di altre parti del laser, come lo specchio o il pompaggio. L'ampia banda di assorbimento dei coloranti laser è attribuita alla transizione dallo stato elettronico fondamentale S0 al primo stato singlet eccitato S1. Il momento di dipolo per questo passaggio è in genere molto grande e dà origine ad una banda di assorbimento con una energia di oscillazione vicina all'unità. La transizione inversa S1->S0 è responsabile sia della fluorescenza sia dell'emissione stimolata che dà origine al fascio laser. I laser a coloranti vengono usati anche in dermatologia, per rendere omogenea la tonalità della pelle. CostruzionePoiché i coloranti organici tendono a degradarsi sotto l'effetto della luce, la soluzione di colorante perde lentamente concentrazione; per ovviare a questo inconveniente viene reintegrata costantemente da un serbatoio esterno. Fisicamente, il liquido viene fatto circolare in una cuvetta, un apposito contenitore di vetro, oppure espulso a pressione da una apposita bocchetta in un getto planare. Entrambe le tecniche hanno pro e contro: con un getto di colorante si evitano le perdite di riflessione sulle superfici di vetro e la relativa contaminazione, al prezzo di un allineamento del fascio più complicato da ottenere e mantenere. Sostanze chimiche usateAlcuni dei coloranti usati comunemente sono: rodamina (arancio, 540–680 nm), fluorescina (verde, 530–560 nm), cumarina (blu 490–620 nm), stilbene (violetto, 410–480 nm), umbelliferone (blu, 450–470 nm), tetracene, verde malachite e altri.[4][5] Alcuni di questi coloranti vengono utilizzati anche dall'industria alimentare, mentre sono tossici e alcuni anche carcinogeni.[6] La rodamina 6G (cloruro) è fortemente corrosiva per molti metalli, tranne che l'acciaio inox. Ad alcuni coloranti si mescola adamantano come additivo per rallentarne il degrado fotochimico. Si possono aggiungere cicloeptatriene e cicloottatetraene (COT) alla rodammina 6G come smorzatori di triplette, aumentandone la potenza laser in uscita: si possono raggiungere potenze di 1,4 kilowatt a 585 nm con Rodammina 6G e COT in soluzione di metanolo e acqua. Laser a coloranti a banda strettaLa banda di emissione dei laser a coloranti è intrinsecamente larga, tuttavia la possibilità di restringere la banda di emissione ha svolto un ruolo importante nel successo dei laser a colorante. Per restringere la banda di emissione vengono utilizzate varie tipologie di cavità e risuonatori che includono reticoli di diffrazione, prismi, sistemi multipli di prismi e etalon.[7] Il primo tipo di laser a coloranti a banda stretta fu introdotto da Hänsch e utilizzava un telescopio rifrattore come espansore del raggio per illuminare il reticolo di diffrazione.[8] Vennero poi sviluppati reticoli a incidenza radente[9][10] e configurazioni multiprismatiche.[11][12] Le configurazioni adottate per i risuonatori e gli oscillatori sono state adattate con successo anche ad altri tipi di laser come il diodo laser.[13] I principi fisici alla base dell'impiego di un reticolo multiprismatico per restringere la banda di emissione sono stati spiegati da Duarte e Piper.[14] Note
BibliografiaF. P. Schäfer and K. H. Drexhage, Dye Lasers, 2nd rev. ed., vol. 1, Berlin; New York: Springer-Verlag, 1977. Voci correlateAltri progetti
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