La fidanzata di Belus
La fidanzata di Belus (La Fiancée de Bélus) è un dipinto dell'artista francese Henri-Paul Motte, del 1885. Nel 2013, il quadro fu acquistato dal museo d'Orsay di Parigi, dove è conservato attualmente.[1][2] In precedenza si trovava nella galleria Vincent Lecuyer, vicino il museo d'Orsay, e venne esposta alla Brafa di Bruxelles e alla PAD di Parigi.[3] DescrizioneIl dipinto si basa su un rituale babilonese di fantasia associato al dio Bēl, noto in latino come Belus.[1] Secondo questo rituale, a Bel veniva offerta una giovane che si sedeva sulle ginocchia della sua statua, durante la notte, per poi essere sostituita da un'altra, e tutte queste fanciulle erano come delle vincitrici di un concorso di bellezza.[3][4] Motte dipinse questa tela basandosi su una frase che lui attribuiva allo storico greco Erodoto,[1] ma in seguito si scoprì che la citazione da lui ripresa era stata inventata.[3] Perciò, non si hanno vere attestazioni di questa pratica nel mondo babilonese. L'opera è ambientata all'interno di tempio babilonese immerso nell'oscurità: al centro si trova una statua colossale del dio Bel, raffigurato in trono e con uno scettro in mano; ai suoi piedi si trovano due leoni, uno dei quali guarda lo spettatore; sullo sfondo, delle figure dalle vesti rosse, forse dei sacerdoti, escono dal santuario salendo delle scale, accompagnando una figura muliebre vestita di bianco. Il quadro è dipinto con dei colori scuri che gli danno un'atmosfera cupa, eccetto per la figura al centro, che viene risaltata maggiormente grazie a questo contrasto: si tratta della fanciulla che è stata scelta come "fidanzata" o "sposa" per il dio e che si trova su un cuscino dorato poggiato sulle ginocchia del colosso. Questa giovane ignuda sembra rannicchiarsi con ansia e rivolge gli occhi al cielo.[5] È probabile che la figura vestita di bianco sullo sfondo sia la "sposa" precedente che ha finito il suo "turno". La fidanzata di Belus è dipinto in uno stile accademico sovradimensionato[3] e presenta Babilonia come una civiltà misteriosa basata sul culto di idoli imponenti.[6] Per ricreare l'interno del tempio babilonese, Motte copiò quello di un tempio greco di Olimpia, mentre la scultura è ispirata ai lamassù, anche se in quel caso si tratta di tori alati con una testa umana.[3] Note
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