JustaJusta, citato dalle fonti anche col nome di Justasa (... – 484), fu un ribelle samaritano. Stando alle fonti samaritane, nel 484 i Samaritani si ribellarono al governo dell'imperatore Zenone. Attaccarono i cristiani della città di Neapolis (Sichem) mentre questi stavano celebrando Pentecoste, aggredendo il celebrante, il vescovo Terebinto, e tagliandogli le dita della mano. Tra i rivoltosi c'era Justa (o Justasa), che le fonti definiscono "bandito" ma che potrebbe essere stato semplicemente un combattente per la libertà del suo popolo, discriminato e oppresso dal governo cristiano; fu acclamato Re dagli insorti. Alla guida dei ribelli, Justa marciò verso Cesarea marittima, dove si trovavano molti Samaritani, e conquistò la città, uccidendo molti cristiani e radendo al suolo la chiesa di San Procopio. Per celebrare la vittoria, Justa organizzò un trionfo, con tanto di corse nell'ippodromo; in questo sembra che fosse di cultura ellenistica. Secondo Giovanni Malalas, il dux Palaestinae Asclepiade, le cui truppe furono rafforzate dagli Arcadiani di Rege di stanza a Cesarea, sconfisse Justa, lo uccise e inviò la testa a Zenone.[1] Secondo Procopio di Cesarea, Terebinto si recò da Zenone chiedendo di essere vendicato; l'imperatore si recò allora di persona in Samaria per sedare la rivolta.[2] Secondo gli storici moderni, la ribellione sarebbe avvenuta non nel 484 ma dopo, attorno al 489. Zenone ricostruì la chiesa di San Procopio a Neapolis e ai Samaritani fu proibito di recarsi sul monte Garizim.[3] Note
Bibliografia
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