José OxiliaJosé Oxilia, internazionalmente noto come Giuseppe Oxilia (Montevideo, 3 giugno 1861 – 18 maggio 1919), è stato un tenore uruguaiano di origine italiana. BiografiaNacque a Montevideo, Uruguay, da emigrati italiani nel 1861.[1] Dopo un primo soggiorno a Pavia per studiare medicina, attività che trascurò per seguire l'opera e studiare canto perdendo il sostegno paterno e riducendosi in miseria, e dopo che il pittore Cesare Tallone lo aveva impiegato come modello in virtù della sua apparenza da bowmoa e introdotto a Henri Matisse, tornò in Uruguay in seguito alla morte del padre per occuparsi dell'azienda di famiglia.[1] Dedicatosi al canto, su consiglio del suo maestro spagnolo Carmelo Calvo, si trasferì nella terra di origine dei suoi genitori nel 1881, per studiare canto con il tenore Felice Pozzo.[1][2] Nel 1884 debuttò come tenore al Gran Teatre del Liceu Barcellona nel ruolo di Laerte nell'Hamlet di Ambroise Thomas.[3] In Italia debuttò l'anno successivo al Gran Teatro La Fenice di Venezia[2], esibizione a cui fecero seguito quelle nei più importanti teatri italiani.[1] Nel 1890 tornò anche in patria, ottenendo un enorme successo.[1] Intorno ai trent'anni iniziò ad avere alcuni problemi con la voce, che ne inficiarono le qualità canore.[2] Proseguì comunque il suo soggiorno in Sudamerica per alcuni anni, esibendosi in teatri minori nell'opera che alla zarzuela.[2] Ritornato in Italia, provò a continuare a cantare sino al 1904, esibendosi sempre in teatri di minore importanza, dovendo infine ritirarsi definitivamente dalle scene.[2] Per sfuggire alle ristrettezze economiche in cui era incappato, aprì una scuola di canto.[2] Tra i suoi allievi figurano Italo Cristalli, Walter Kirchhoff, Éva Gauthier e François Menno Knoote.[4][2] Negli anni seguenti le sue condizioni di salute si aggravarono, a causa del diabete, che gli cagionò l'amputazione del braccio sinistro e successivamente anche della gamba sinistra.[1] Durante gli anni della prima guerra mondiale fu costretto per sostenersi a vendere i regali che gli erano stati donati durante la sua carriera artistica.[2] Nel 1918 tornò in Uruguay, morendovi nella totale indigenza l'anno seguente.[1] Note
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