Italo-belgi
Italo-belgi sono gli Italiani emigrati e residenti in Belgio negli ultimi secoli, ed i loro discendenti. StoriaI primi italiani in Belgio furono alcuni mercanti e banchieri toscani del Rinascimento, e successivamente poche decine di artigiani ed esuli fino al Settecento. Con il primo Ottocento cominciò a crearsi una piccola comunità di Italiani, quasi tutti settentrionali, nelle principali città della Vallonia ed a Bruxelles. Questi Italiani, anche se poche centinaia, fecero sentire la loro influenza nei moti per l'indipendenza del Belgio del 1830[1]. Una parte dell'emigrazione italiana nel Belgio si dedicò a lavorare nelle miniere di carbone della Vallonia, ma l'emigrazione fu sempre limitata fino al Novecento. Inoltre si affievolì negli anni del fascismo fino ad essere costituita da poche decine di esuli antifascisti. Dopo la seconda guerra mondiale si ebbe invece una notevole ripresa del flusso emigratorio, principalmente a causa delle distruzioni belliche in Italia: «Negli anni in cui vengono conclusi i vari accordi bilaterali tra Italia e Belgio, come il protocollo del 23 giugno 1946 ed il protocollo dell’11 dicembre 1957 gli immigrati italiani si dirigono in misura considerevole verso le miniere di carbone del Belgio: sono circa 24.000 nel 1946, oltre 46.000 nel 1948. Per convincere le persone ad andare a lavorare in miniera in Belgio, l'Italia viene tappezzata di manifesti di colore rosa che presentano unicamente i vantaggi derivanti dal mestiere di minatore: salari elevati, carbone e viaggi in ferrovia gratuiti, assegni familiari, ferie pagate, pensionamento anticipato. A parte un periodo di flessione corrispondente agli anni '49-'50, nel 1961 gli italiani rappresentano il 44,2 per cento della popolazione straniera in Belgio, raggiungendo le 200.000 unità.» Nel 1956 si ebbe il disastro di Marcinelle, e da allora si ridusse sensibilmente il numero di Italiani che lavoravano nelle miniere belghe. Dopo gli anni Settanta, in cui si registrarono quasi 300.000 italiani nel Belgio, l'emigrazione si è andata riducendo e vi risiedono attualmente circa 290.000 cittadini italiani. Bisogna inoltre precisare che negli ultimi decenni, con la creazione e lo sviluppo dell'Unione europea e della NATO, che hanno sede centrale a Bruxelles, molti funzionari e impiegati italiani, nonché gli impiegati dell'indotto istituzionale (liberi professionisti, lobbisti, associazioni non governative) vi si sono trasferiti a vivere con le rispettive famiglie (anche se temporaneamente). Inoltre, si registra un nuovo flusso migratorio dall'Italia anche nel settore terziario, soprattutto avanzato[3]. Comunità italianaL'attuale comunità italiana in Belgio è molto bene integrata nella società belga. Gli Italo-belgi occupano ruoli di massima importanza: basti pensare all'ex regina del Belgio Paola Ruffo di Calabria o all'ex primo ministro Elio Di Rupo. Secondo statistiche ufficiali dell'AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all'estero), nel 2007 vi sono residenti 235.673 Italiani (includendo i Belgi con doppia cittadinanza)[4]. Dai dati dei registri consolari italiani risulta anche che quasi 50.000 italiani in Belgio (ossia, oltre il 25%) provengono dalla Sicilia. Seguono poi, ma in quantità molto minori, gli italo-belgi originari dalla Puglia (9,5%), dall'Abruzzo (7%), dalla Campania (6,5%) e dal Veneto (6%). Inoltre va precisato che sono quasi 300.000 (più del 2,5% della popolazione belga totale) le persone d'origine italiana in Belgio, secondo alcuni ricercatori belgi[5]. La collettività italiana sarebbe dunque la più numerosa in Belgio ed anche la più antica. È concentrata per l'85% in Vallonia e nella capitale. Stampa ed istituzioni italianeIn Belgio vi sono numerose istituzioni a tutela degli italo-belgi, sia per pensioni che per assistenza sociale. Dodici scuole italiane[6], concentrate a Bruxelles ed in Vallonia (come l'Ufficio scolastico consolare di Charleroi), si dedicano all'insegnamento della lingua italiana assieme ad istituzioni come la Società Dante Alighieri[7]. La stampa italiana è molto diffusa. Queste sono le principali pubblicazioni, secondo il CIM[8]:
Note
Bibliografia
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