L'ipnale[2] (in latino ypnalis o ipnalis[3]; dal greco ὕπνος, hypnos, "sonno") è un serpenteleggendario descritto nei bestiari medievali.
Caratteristiche
L'ipnale, secondo la classificazione medievale, appartiene alla categoria degli aspidi, ossia dei serpenti dal morso velenoso[4]. In particolare, il veleno dell'ipnale causa la morte facendo sprofondare le sue vittime in un sonno senza risveglio[5] (da cui il nome)[1]. Secondo altre versioni[6], il sonno non sarebbe l'effetto del veleno del serpente, bensì il momento che questo sceglie per attaccare le sue vittime: l'ipnale si muove infatti silenziosamente[5].
Riferimenti storici
Secondo la tradizione il famoso aspide di Cleopatra, dal quale ella si fece mordere per suicidarsi, era proprio un ipnale[5][7]. La dettagliata descrizione data da Plutarco degli effetti del suo veleno è concorde con quanto riportato in epoca medievale dai bestiari[8]. Anche Boccaccio, nel suo commento alla Divina commedia, richiama esplicitamente l'ipnale nel riferirsi a questo episodio[9].
Influenza culturale
L'ipnale compare nel novero degli animali, reali e leggendari, che formano la cornice del portale della chiesa ne Il nome della rosa, romanzo di Umberto Eco[10].
L'ipnale è un mostro nel gioco di ruoloPathfinder, nel quale è rappresentato come un grosso serpente simile ad un cobra; in questa versione il potere del suo veleno consiste nell'espellere gli intrusi dal Piano Etereo[11].
«Aspis vocata quod morsu venena immittit et spargit. Ios enim Greci venenum dicunt, et inde aspis quod morsu venenato interimit. [...] Huius diversa genera et species et dispares effectus ad nocendum.»
(IT)
«L'aspide è così chiamato perché con il suo morso inietta il veleno e lo sparge [nel corpo della vittima]. Infatti la parola greca per veleno è ios, e da questa deriva aspide, perché esso uccide con il morso velenoso. [...] Esistono vari generi e specie di aspidi, diversi per gli effetti con cui nuocciono.»
«Ipnapis est species aspidis et surdorum serpentium, et est serpens quemcumque morderit, somno moritur.
Hunc dicitur Cleopatra dextrae suae alligasse et cum suo Antonio sepulcrum intrasse ut cum eo mortuo suaviter vitam finiret.»
(IT)
«L'ipnale è, tra i serpenti silenziosi, una specie di aspide, ed è un serpente dal quale chiunque sarà morso morirà addormentatosi.
Si dice che questo Cleopatra tenesse alla sua destra sia quando entrò nel sepolcro con il suo Antonio sia quando con lui morto dolcemente concluse la sua vita.»
(Alberto Magno, De animalibus, Liber XXV de natura serpentum, 33.)
^Il testo latino del bestiario di Aberdeen presenta infatti un'ambiguità dal punto di vista della traduzione: somno necat può tanto significare "uccide col sonno" quanto "uccide durante il sonno". Ad esempio, Robert McQueen Grant, nel suo Early Christians and Animals, traduce dal libro XII (De animalibus) delle Etymologiae di Isidoro di Siviglia la descrizione dell'ipnale (che riporta lo stesso testo del bestiario di Aberdeen) come: «Hypnalis is a kind of asp, so called because it kills in sleep [...]», ossia «L'ipnale [...] uccide nel sonno». Robert McQueen Grant, Early Christians and Animals, Routledge, 1999, pag. 139. ISBN 0415202043.
^Scriveva infatti nel suo Vita di Antonio: «[...] Cleopatra raccoglieva ogni sorta di veleni mortali, tra i più forti che ci fossero, e di ciascuno di essi provava se erano efficaci e nello stesso tempo indolori, propinandoli ai detenuti in attesa di morire. Poiché vide che quelli istantanei procuravano una morte subitanea, ma dolorosa, e i più dolci non erano rapidi, provò gli animali, osservandoli di persona, mentre venivano applicati uno dopo l'altro. Fra tutti trovò quasi solo il morso dell'aspide, che induceva nelle membra un torpore sonnolento e un deliquio dei sensi, senza per questo arrecare spasimo o provocare gemiti; non appariva che un lieve sudore alla fronte, mentre le facoltà percettive svanivano, si rilasciavano dolcemente, e resistevano a ogni tentativo di risvegliarle e richiamarle in vita, come chi dorme profondo[...]»
«[Cleopatra] lá se n'entrò dove il suo Antonio giaceva morto, e, postasi a giacere allato a lui, e fattesi aprire le vene delle braccia, a quelle si pose una spezie di serpenti, chiamati «ypnali», il veleno de' quali ha ad inducer sonno, e a far dormendo morire il trafitto: e così addormentata si morí[...]»
^«[...] upupe, civette, basilischi, ypnali, presteri, spectafichi[...]». Umberto Eco, Il nome della rosa, Milano, Bompiani (collana Tascabili Bompiani), 2007 (ed. originale 1980), pag. 52, "Primo giorno - Sesta. Dove Adso ammira il portale della chiesa e Guglielmo ritrova Ubertino da Casale". ISBN 978-88-452-4634-0.