Il prestere, secondo la classificazione medievale, appartiene alla categoria degli aspidi, ossia dei serpenti dal morso velenoso[2]. In particolare, il veleno del prestere provoca nel corpo della vittima un gonfiore abnorme (con un effetto simile all'idropisia[3]), tale che essa viene uccisa dalla semplice dilatazione dei tessuti, i quali iniziano subito a putrefarsi[1]. Alberto Magno colloca il prestere nel primo ordine degli aspidi, ossia di quelli dal morso più velenoso, che risulta fatale entro tre ore e per il quale non si conoscono cure[4].
La caratteristica più peculiare del prestere è la bocca, che emette vapori e che esso tiene sempre aperta, anche quando si muove, cosa che fa con rapidità[1][3].
Riferimenti storici
Lucano, con un verso che sarà poi ripreso da gran parte dei bestiari in epoca medievale, nomina il prestere nella Farsaglia fra altri serpenti reali e leggendari:
(LA)
«Oraque distendens avidus fumantia prester [...]»
(IT)
«E l'insaziabile prestere, che spalanca la sua bocca fumante [...]»
Il prestere compare nel novero degli animali, reali e leggendari, che formano la cornice del portale della chiesa ne Il nome della rosa, romanzo di Umberto Eco[5].
«Prester aspis semper ore patenti et vaporanti currit [...]. Hic quem percusserit distenditur, enormique corpulentia necatur, extuberatum enim putredo sequitur.»
(IT)
«Il prestere è un aspide che si muove rapido con la bocca sempre aperta e vaporante [...]. Chi ne è morso si gonfia ed è ucciso dall'abnorme dilatazione stessa del corpo, ed infatti il corpo enfiato si putrefà subito dopo.»
«Aspis vocata quod morsu venena immittit et spargit. Ios enim Greci venenum dicunt, et inde aspis quod morsu venenato interimit. [...] Huius diversa genera et species et dispares effectus ad nocendum.»
(IT)
«L'aspide è così chiamato perché con il suo morso inietta il veleno e lo sparge [nel corpo della vittima]. Infatti la parola greca per veleno è ios, e da questa deriva aspide, perché esso uccide con il morso velenoso. [...] Esistono vari generi e specie di aspidi, diversi per gli effetti con cui nuocciono.»
«Prester ut dicit Jorach serpens est de genere aspidum ordinis primi inter serpentes qui semper vagatur ore aperto et fumante: et quaecumque percusserit, tanta corpulentia et tumore [distenditur] sicut ydropicus, quam exuberans sequitur putredo et sic moritur.»
(IT)
«Il prestere, come dice Jorach, è un serpente dal gruppo del primo ordine degli aspidi tra i serpenti, che sempre vaga con la bocca aperta e vaporante: e chiunque morderà, [si gonfierà] a dilatazione e tumefazione tali come fosse idropico, e al gonfiore segue la purulenza e così la morte.»
(Alberto Magno, De animalibus, Liber XXV de natura serpentum, 43.)
«Secundum inductas veneni operationes, in tres ordines dividuntur serpentes ab antiquis Graecorum sapientibus. [...] acuitatis vehementissimae quorum morsus curam non recipit et infra tres horas interficit.»
(IT)
«Relativamente agli effetti prodotti dal veleno, i serpenti sono classificati in tre ordini dagli antichi sapienti greci. [...] [Gli appartenenti al primo ordine sono quelli] il cui morso, di violentissima acutezza, non conosce cura e uccide entro tre ore.»
(Alberto Magno, De animalibus, Liber XXV de natura serpentum, [1].)
^«[...] civette, basilischi, ypnali, presteri, spectafichi, scorpioni[...]». Umberto Eco, Il nome della rosa, Milano, Bompiani (collana Tascabili Bompiani), 2007 (ed. originale 1980), pag. 52, "Primo giorno - Sesta. Dove Adso ammira il portale della chiesa e Guglielmo ritrova Ubertino da Casale". ISBN 978-88-452-4634-0.