Giulio Emanuele RizzoGiulio Emanuele Rizzo (Melilli, 28 maggio 1865 – Roma, 1º febbraio 1950) è stato un archeologo italiano. BiografiaGiulio Emanuele Rizzo, inizialmente chiamato Emanuele Giulio Rizzo, nacque a Melilli (SR) il 28 maggio 1865, dall'avvocato Gaetano Rizzo e da Maria Concetta Abramo, e morì nel 1950 a Roma.[1] Nel 1926 sposò Elisabetta Pompili, la quale morì poco dopo, nel 1931. La coppia non ebbe figli. Gli studiFrequentò le scuole elementari nel paese natale, per poi frequentare il Ginnasio e il Liceo all'Istituto Spedaleri di Catania, dove si diplomò all’età di 16 anni. Per volontà del padre si laureò in Giurisprudenza[2], ma la grande passione per l’area umanistica lo spinse a non svolgere la stessa professione del genitore. Abbandonò quindi il campo giuridico e si iscrisse al corso di laurea in Lettere classiche presso l’Università di Palermo: qui ebbe come insegnanti il grecista Giuseppe Fraccaroli e l'archeologo Antonino Salinas[3]. Nel 1898 prese la seconda laurea, scrivendo la tesi su Imerio il Sofista. Rizzo e l'archeologiaL'interesse per l'archeologia maturò in Giulio Emanuele Rizzo sin da quando era un bambino, grazie alla grande quantità di testimonianze archeologiche presenti nel territorio di Melilli. Quando nel 1889, a soli 24 anni, Paolo Orsi gli offrì la possibilità di assistere agli scavi di Megara Iblea, approfondì lo studio di tutto il territorio. Questa esperienza permise ai due di stringere una forte amicizia che sarebbe durata tutta la vita.[4] Durante gli anni trascorsi a Roma (1901-1906) la sua fama raggiunse livelli notevoli:
Rizzo venne anche ricevuto dal re Vittorio Emanuele III nella tenuta reale di Castel Porziano, dove era stata ritrovata la copia del Discobolo di Mirone. I due ebbero spesso l'occasione di fare colazione insieme.[8] La carriera scolastica, museale e accademicaDal 1892 al 1900 occupò la cattedra di Latino e Greco al Liceo Garibaldi di Palermo, al Liceo Maurolico di Messina (1892-1894), al Liceo di Girgenti (1895-1897), al Liceo di Trapani[10] (1897-1898)[11] e al Liceo Cutelli di Catania (1898-1900)[12] Nel 1900 decise di abbandonare la carriera da insegnante per dedicarsi a pieno ad altri incarichi: in quell'anno fu infatti nominato Ispettore del Museo di Napoli.[5] Questa fu un'ottima occasione per perfezionare il suo metodo di ricerca scientifica e ampliare i suoi interessi culturali.[6] Dal 1901 al 1906 visse a Roma, in quanto Direttore del Museo Nazionale Romano e del Museo delle Terme Diocleziane.[5] Nel 1907 vinse il concorso per la cattedra di Archeologia dell'Università di Torino[8], dove visse fino al 1914. Durante il soggiorno in Piemonte fornì l'Istituto di Archeologia di cui era direttore di alcuni dei mezzi più evoluti per la didattica dei tempi: una raccolta di fotografie, una biblioteca e una gipsoteca.[11]Al termine del periodo torinese si trasferì a Napoli: anche qui svolse il ruolo di professore universitario, insegnando nuovamente Archeologia.[13] Il periodo più produttivo della sua vita fu sicuramente quello che va dal 1925 al 1950, anni trascorsi nuovamente nella città di Roma, dove venne nominato ordinario di Archeologia e di Storia dell'Arte Antica nella Facoltà di Lettere[14] e direttore del Museo dei Gessi.[13] Lasciò definitivamente l'insegnamento nel 1935, quando all'età di settant'anni andò in pensione, decidendo di dedicare tutto il suo tempo all'attività intellettuale.[11] Le nomineGiulio Emanuele Rizzo ottenne incarichi di alto livello, quali:
Fu inoltre:
Il pensiero politicoGiulio Emanuele Rizzo non nascose mai la sua avversione al regime fascista. Grande estimatore dell'arte e della letteratura greca, non condivise mai l'idea del regime, secondo la quale si dovevano esaltare i valori della romanità, quasi in una forma di patriottismo: tale atteggiamento lo portò ad una condizione di vuoto e isolamento, aumentato dalla perdita di moltissimi ammiratori e seguaci.[17] Inoltre, sottoscrisse il "Contromanifesto" dettato da Benedetto Croce in risposta al "Manifesto degli intellettuali del Fascismo", redatto da Giovanni Gentile. A chiunque gli dicesse che anche Giovanni Gentile era un siciliano, Rizzo rispose sempre ironicamente, sottolineando il fatto che i due provenissero da zone diverse dell'isola:[16] «Si, è vero, ma io sono Sikelio e lui è Sicano.» Quando nel 1939 venne soppressa l'Accademia dei Lincei e alcuni dei suoi soci vennero spostati nell'Accademia d'Italia, Rizzo si rifiutò di prendervi parte.[18] Nel 1944 l'Accademia dei Lincei venne ricostituita ed egli venne richiamato insieme a Croce, Guido Castelnuovo e Gaetano De Sanctis.[11] La sua fedeltà ai Lincei gli assicurò il ruolo di Vicepresidente prima e di Presidente poi, ma per non cedere a pressioni Rizzo si dimise in seguito dall'incarico.[19] Le opereAlcune delle opere principali di G.E.Rizzo sono:
Storia dell'arte grecaAnche se non riuscì a completarne la stesura[27], la Storia dell'arte greca fu l'opera a cui Rizzo dedicò il maggiore impegno. Originariamente doveva essere strutturata in quattro libri, divisi in capitoli:
In realtà venne pubblicato solo il primo dei quattro libri; del secondo libro venne completato solo il primo capitolo, in quanto il secondo risulta essere stato interrotto. [28] Il teatro greco di SiracusaRizzo fu il primo a studiare il teatro greco di Siracusa.[29] La prima versione dell'opera risale al 1916, quando l'archeologo partecipò, vincendolo, ad un concorso bandito dall'Accademia dei Lincei. Il concorso richiedeva una “monografia che illustri sotto ogni aspetto e completamente il Teatro Greco di Siracusa”.[30] L'opera venne pubblicata solo nel 1923, al termine della prima guerra mondiale.[22], nella stessa forma con cui aveva vinto il concorso sette anni prima[22]. L'opera presenta due capitoli introduttivi, nei quali vengono riportate tutte le notizie rimaste negli scritti antichi riguardanti il monumento. La trattazione archeologica vera e propria comincia al terzo capitolo, dove l'autore descrive ed analizza le tre parti principali del Teatro: Per ognuna di esse vengono indicati gli elementi riferibili alle tre fasi della loro vita: quella classica, quella ellenistica e quella romana. Monete greche della SiciliaLo scopo principale dell'opera è quello di far conoscere l'arte dei maestri della Sicilia greca.[32]
Nel discorso introduttivo l'autore spiega i motivi per cui scelse determinate linee espositive piuttosto che altre; nel primo capitolo vengono invece esposti i limiti e il metodo della trattazione[36]; il secondo capitolo presenta una Carta disegnata da Rizzo stesso, nella quale vengono presentati e descritti i luoghi in cui vennero coniate le varie monete.[32] OmaggiPer onorare la sua memoria, gli vennero intitolate la scuola media del paese di origine (1953) e una strada panoramica. Inoltre, nel 1978, il Comune di Melilli ha fatto collocare all'interno della villa comunale un busto in bronzo raffigurante G.E.Rizzo.[38] L'Accademia dei Lincei fece porre una targa in marmo sulla facciata della casa natale, la quale recita, in latino[39]: «Giulio Emanuele Rizzo Dopo la sua morte la sua biblioteca personale venne donata dagli eredi all'Università di Catania.[27] In occasione del 121º anniversario della sua nascita, nel novembre 1985, si è svolta a Melilli, nell'aula consiliare intitolata a G. E. Rizzo, una cerimonia commemorativa, al termine della quale è stato scoperto un busto di gesso raffigurante l'archeologo.[40] Lo scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne ha preso ispirazione per il professor La Ciura nel racconto La sirena.[41] Note
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