Giovan Battista ContiniGiovan Battista Contini (Montalcino, 7 maggio 1642[1] – Roma, 16 ottobre 1723) è stato un architetto italiano, protagonista dell'ultima fase del barocco romano. Figlio dell'architetto Francesco Contini e allievo di Gian Lorenzo Bernini, fu personalità poliedrica ed operò nel campo dell'architettura civile, di quella religiosa, dell'urbanistica, del teatro e dell'ingegneria idraulica. Fu membro dell'Accademia nazionale di San Luca, collaboratore di Carlo Fontana e maestro di Gabriele Valvassori.[2] BiografiaFiglio dell'architetto romano di scuola borrominana Francesco Contini e di Agata Baronio di Arcangelo, fu allievo del padre e di Gian Lorenzo Bernini, cui rimase legato per tutta la vita.[2] Con lui realizzò il sepolcro di Alessandro VII.[2] Inizialmente lavorò a Roma, per poi ricevere commissioni da varie città dello Stato Pontificio e del Regno di Napoli.[2] Divenne celebre come progettista delle decorazioni di cappelle nobiliari e fu l'autore di numerosi allestimenti festivi e catafalchi per commemorazioni funebri.[3] Una delle sue prime opere fu la cappella Marcaccioni nella romana Santa Maria del Suffragio (1674).[2][4] Più rilevante furono tuttavia la cappella di Santa Caterina realizzata per gli Elci nella basilica di Santa Sabina — in cui l'architetto rende al meglio gli effetti della luce e della policromia degli stucchi — e quella di San Pietro d'Alcantara realizzata per i De Angelis nella basilica di Santa Maria in Aracoeli.[2] Alla morte del Bernini, nel 1680, gli successe come architetto della Camera apostolica e dell'Acqua Vergine.[2] Nel 1683 divenne principe dell'Accademia nazionale di San Luca,[2][4] dove fu tuttavia poco attivo; in questo periodo realizzò il progetto per il campanile della cattedrale di Saragozza.[2] Successe inoltre a Francesco Borromini nella fabbrica della chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza dove realizzò l'altare.[2] Nel 1686 si recò da Montecassino a Catania, dove fu approvato il suo progetto della nuova chiesa del monastero di San Nicolò l'Arena e di tutta quest’abbazia cassinese danneggiata dall’eruzione dell'Etna del 1669 — progetto che nel 1704, dopo la distruzione degli edifici preesistenti causata dal terremoto del Val di Noto del 1693, modificò ancora in parte.[5] Nel 1689 gli fu commissionata la chiesa e il convento dei Filippini a Macerata; il primo progetto non ricevette l'approvazione dell'ordine cosicché Contini ne produsse un altro — a pianta ovale trasversale, di chiara derivazione berniniana — nel 1705 che venne poi realizzato dopo la sua morte, nel 1732.[2] Sempre a Macerata, realizzò il Palazzo Buonaccorsi. Dal 1689 al 1704 collaborò inoltre con Carlo Fontana con il quale progettò anche la sistemazione dei giardini del cortile del Belvedere a Roma.[4] Nello stesso periodo costruì il Palazzo della Badia a Monterosi e la chiesa di San Domenico a Ravenna.[2] Dopo il terremoto dell'Aquila del 1703, al culmine della sua carriera, venne chiamato per il restauro della basilica di San Bernardino ma il suo progetto — che prevedeva un'ardita struttura a prisma ottagonale alzata a tutta l'altezza del tamburo, già disegnata per la chiesa di Sant'Agostino,[2] realizzata a partire dal 1720 sempre all'Aquila — non ricevette approvazione.[6] Il Contini comunque supervisionò i lavori di rifacimento della basilica insieme a Filippo Barigioni e Sebastiano Cipriani.[6] In questo periodo realizzò a Roma la chiesa delle Santissime Stimmate di San Francesco con gli angoli concavi che anticipano lo stile di Filippo Juvarra ed i cui lavori inizieranno solamente nel 1714.[2] Progettò poi, su commissione del marchese Marescotti, la nuova chiesa di Santa Maria della Presentazione a Vignanello, realizzata tra il 1719 ed il 1723.[2] Sulla stessa piazza, realizzò il Palazzo Marescotti, la sua ultima opera.[2] Il Contini fu inoltre autore di scenografie e spazi per il teatro; nel 1712 allestì per il principe Francesco Maria Marescotti Ruspoli il teatro dell'Arcadia e numerose altre opere.[2] Fu inoltre attivo nel campo dell'ingegneria idraulica e, tra il 1690 ed il 1693 venne chiamato a fronteggiare le inondazioni del Po nella pianura Padana.[2] Morì il 16 ottobre 1723 a Roma venendo sepolto nella cappella di famiglia nella chiesa Nuova.[2] Opere principali
Note
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