Felice RivaFelice Giulio Riva, noto anche con lo pseudonimo di "Felicino" o "Biondino" (Legnano, 15 giugno 1935 – Forte dei Marmi, 26 giugno 2017), è stato un imprenditore e dirigente sportivo italiano. BiografiaNella Milano degli anni ruggentiNato a Legnano da Giulio Riva, ai tempi proprietario del Cotonificio Vallesusa, e da Raffaella Lampugnani, erede col fratello Raffaele delle fortune tessili (Unione manifatture) della famiglia Gaio-Lampugnani, Felice viene iscritto presso l'Istituto Leone XIII di Milano, una scuola privata gestita dai gesuiti e frequentata da studenti figli dei massimi rappresentanti della borghesia milanese[1][2][3][4]. Felice e i suoi fratelli (Vittorio e Adelaide) restano orfani molto presto: la madre muore a causa di un cancro nel 1955, mentre il padre appena cinque anni dopo a causa di un banale intervento di appendicectomia[3][5][6][7]. Amante della bella vita, una volta ottenuto il diploma in ragioneria, passa diversi anni divertendosi tra attività sportive (nuoto, automobilismo, tennis, golf e sci), feste, viaggi, donne e serate varie[4]. Dopo il matrimonio con Luisella Stabile nel 1958[5][6], per volere del padre Felice inizia una breve esperienza lavorativa presso uno degli stabilimenti di famiglia, a Perosa Argentina, in provincia di Torino[4]. Nel 1960, dopo la morte improvvisa del padre, Felice Riva eredita il gruppo tessile Vallesusa, allora uno dei simboli del boom economico italiano[3][8]: un vero e proprio impero che ai tempi contava oltre trenta stabilimenti dispersi tra Val di Susa, Canavese e Lombardia, 18 000 dipendenti (elevata la manodopera femminile), 600 000 fusi di filatura, 15 000 di ritorcitura e decine di società commerciali e finanziarie controllate e collegate in Italia e all'estero[3][4][8]. Il 18 maggio 1960, a venti giorni dalla morte del padre, Felice Riva entra nel Consiglio di Amministrazione della società e, nominato Direttore Generale, assume, di fatto, la direzione assoluta del gruppo industriale[4]. In seguito, il 5 dicembre 1961 è altresì nominato Vice Presidente e Amministratore Delegato[4]. Catapultato di colpo all'età di venticinque anni ai vertici dell’azienda di famiglia, ed ereditati numerosi immobili di famiglia sparsi in tutta la penisola[9], con il tempo diventa protagonista delle cronache mondane e comincia a lanciarsi in una serie di operazioni finanziarie e in borsa che - complice anche la generale crisi del tessile e di altri settori[9][10][11] - risulteranno poi essere rovinose[1][8][12][13]. Il MilanNel 1963 Felice Riva subentra ad Andrea Rizzoli in qualità di presidente della squadra di calcio del Milan, dopo nove anni di successi e trofei da parte dell'editore[14]. Contemporaneamente, l’Inter - l'altra formazione di Milano - è sotto la presidenza di un altro imprenditore italiano, il petroliere Angelo Moratti[3]. La formazione del neo-acquistato Milan è quella che ha da poco ottenuto la prima Coppa Campioni, conquistata a Wembley contro il Benfica di Eusébio. Nello staff della squadra, a sostituire l'uscente allenatore Nereo Rocco, è chiamato Luis Carniglia, che nel corso della stagione verrà però esonerato - dopo la sconfitta nelle finali della Coppa Intercontinentale contro il Santos di Pelé - in favore del debuttante Nils Liedholm.[14] Tra i vari calciatori che hanno militato tra i rossoneri sotto la presidenza di Felice Riva, ricordiamo: Gianni Rivera, Cesare Maldini, José Altafini, Amarildo e Giovanni Trapattoni[8][15]. In questo periodo di presidenza, la sede rossonera era nel centro di Milano presso via Serbelloni, in zona Porta Venezia[16]. Felice Riva ricoprì la carica di presidente per circa due anni, fino al 1965[8], quando subentrerà Luigi Carraro[17]. Il crac e il carcereTra il 1964 e il 1965 inizia a presentarsi in maniera evidente la crisi del suo gruppo industriale, anche a causa di investimenti e operazioni finanziarie finite rovinosamente. Di conseguenza, in questo periodo si susseguono riduzioni d’orario, sospensioni e mancati pagamenti dei salari: la chiusura definitiva dell’azienda è una prospettiva sempre più concreta. Nel 1965, infatti, il gruppo Vallesusa viene dichiarato fallito a causa di un “buco” di 46 miliardi di lire, un’enormità per l’epoca (oltre 400 milioni di euro, del 2017)[13]. Gli stabilimenti e le fabbriche iniziano a chiudere e quasi 9000 dipendenti si trovano senza un posto di lavoro e uno stipendio[1][12]. Si segnalano scioperi e proteste di alcuni suoi ex dipendenti; ad esempio durante una serata alla Scala di Milano, Felice Riva viene da questi contestato anche con dei volantini sui quali è riportato: “Rag. Felice Riva, il tuo posto è a San Vittore, non alla Scala”[2][3][5][6][18]; a queste agitazioni seguono anche quelle dei tifosi e dei giocatori del Milan che in più occasioni si sono rifiutati di allenarsi a causa del mancato pagamento dei premi-presenze[19]. Nel 1966 il direttore dello stabilimento di Rivarolo Canavese, già in cura per una malattia depressiva, si suicida per non firmare altre 1 580 lettere di licenziamento[20]. La grave perdita aziendale, tenuta inizialmente nascosta con bilanci falsificati, gli vale una condanna penale giudiziale per bancarotta fraudolenta aggravata e ricorso abusivo al credito[3][10][21]: 6 anni di carcere il verdetto[21]. La sera del 4 febbraio 1969 Felice Riva viene arrestato presso l'uscita di un cinema del centro di Milano - in via Durini, dove proiettavano il film "Diario di una schizofrenica" - e portato nel carcere di San Vittore[5][6]; ma, successivamente, la Cassazione annulla il mandato di cattura per un vizio di forma e, pertanto, viene dimesso dopo circa venti giorni di carcere[1][12][22]. La fuga: la seconda vita a BeirutPer salvarsi dal carcere e da un mandato di cattura internazionale decide di esportare (legalmente) i suoi capitali e di fuggire: nessuno gli aveva sequestrato e ritirato il passaporto italiano. Prima in Francia (a Nizza e, poi, a Parigi), quindi in Grecia (ad Atene) e infine in Libano a Beirut, ai tempi conosciuta come la "Svizzera d'Oriente"[1][12][23][24]. I primi mesi in Libano non sono tra i migliori: Felice Riva viene incarcerato per cinquanta giorni e, di lì a poco, la moglie Luisella Stabile ottiene la separazione[1][12]. In seguito anche a Beirut, come nel suo stile, riesce comunque a condurre una vita agiata tra guardie del corpo, lusso, donne ed eccessi[25]. Negli anni conosce una hostess norvegese - Vigdis Christiansen - sua ultima compagna di vita, dalla quale avrà un'altra figlia, Maria (la quarta figlia, contando i tre avuti con Luisella Stabile: Raffaella, Giulio e Carlotta)[1]. Il "soggiorno dorato" a Beirut, tuttavia, termina nel 1982 anno nel quale scoppia la guerra del Libano. Il ritornoLa guerra civile del 1982 costringe l'imprenditore a tornare in Italia e a stabilirsi per un primo momento a Forte dei Marmi, località da lui già frequentata negli anni sessanta (il suo nome, in questo periodo, rientra nell'elenco dei soci fondatori del Versilia Golf club)[12]. Grazie a diversi condoni e amnistie, riesce a ottenere una riduzione della pena a pochi mesi. La sua cittadinanza libanese, infine, lo aiuta a salvarsi da un’ultima accusa di infrazione valutaria (per non aver fatto rientrare dall’estero, entro i termini fissati dalla legge, un pacchetto di azioni del valore di un miliardo di lire)[21]: secondo i giudici della quarta sezione del tribunale penale di Milano, Felice Riva non è punibile proprio perché cittadino straniero[1][12][21]. Negli anni ottanta molto spesso vive con la famiglia spostandosi in Svizzera tra Lugano e Saint Moritz[3][24]. Dagli anni novanta, invece, si stabilisce definitivamente in Versilia, a Forte dei Marmi. I retroscena del fallimento datato 1965 non sono mai stati chiariti, neppure durante il processo terminato ventisei anni dopo. Nel dicembre 1991, infatti, la pratica è stata chiusa per mezzo del pagamento di 12 miliardi a favore degli ultimi creditori chirografari rimborsati all'80% dell'esposizione (ai valori dell'epoca, quindi non ricapitalizzati)[26]. Da tempo malato, muore il 26 giugno 2017 nella sua dimora a Forte dei Marmi all'età di 82 anni[1][27]. Felice Riva nello spettacolo
Note
Bibliografia
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