Farmaci antimalariciI farmaci antimalarici sono un gruppo di medicinali di utilizzo specifico contro la malaria, utilizzati come cura radicale per combattere direttamente l'infestazione degli agenti patogeni, parassiti del genere plasmodium oppure come prevenzione nella profilassi o chemioprofilassi. Storia dei farmaci anti-malariciIl primo trattamento efficace per la malaria è stato l'utilizzo della corteccia di Cinchona, che contiene Chinino. L'albero si sviluppa sui pendii delle Ande, in Perù. Questo prodotto naturale è stato usato dai peruviani per contrastare la malaria e dei padri gesuiti, missionari in Perù, avendone appreso le proprietà curative dagli indigeni introdussero questa pratica nell'Europa nel 1640.[1]Tuttavia, solo nel 1820 dalla chinina è stato estratto dalla corteccia ottennero una volta isolato il principio attivo in forma pura, un alcaloide che fu denominato Chinino dai farmacisti francesi Pierre Joseph Pelletier e Joseph Bienaimé Caventou[2] Gli olandesi sfruttarono la scoperta coltivando la Chincona ledgeriana in grandi piantagioni nelle loro colonie in Indonesia. La corteccia di Cinchona contiene altri alcaloidi anti-malarici (chinidina, cinconina, cinconidina) ma quello comunemente impiegato è rimasto il chinino. Per secoli, nonostante i suoi effetti collaterali, il chinino è rimasto l'unico farmaco anti-malarico. Il problema della sintesi di nuove molecole efficaci si pose durante la prima guerra mondiale, quando il blocco dei porti e gli attacchi dei sottomarini ostacolarono gli approvvigionamenti di chinino. Negli anni successivi furono scoperti la pamachina, la primachina e la mepacrina. Il grande impulso alla ricerca lo diede, nella seconda guerra mondiale, la necessità di proteggere le truppe americane impegnate nel Pacifico. Nel secondo dopoguerra furono scoperte la clorochina, l'amodiachina, la pirimetamina e il proguanil (queste ultime due impiegate per la profilassi). Apparve subito ovvio che l'impiego su larga scala dei farmaci per la profilassi avrebbe selezionato ceppi chemio-resistenti. La clorochino-resistenza comparve in Sud-America e nel Sud-Est Asiatico. Furono allora impiegati associazioni di sulfonamide e pirimetamina e di chinino con tetracicline. Prima della comparsa degli antibiotici le persone affette da sifilide erano intenzionalmente affette da malaria per sviluppare nelle persone la febbre e seguendo il lavoro di Julius Wagner-Jauregg la malaria poteva essere curata con l'uso del chinino. Anche se alcune persone morivano, la mortalità della sifilide era comunque diminuita.[3] Durante la guerra in Viet Nam si ripropose il problema della protezione delle truppe americane, che stimolò nuovamente la ricerca farmaceutica: all'Istituto di Ricerca "Walter Reed" dell'Esercito Americano venne sintetizzata la meflochina. In Thailandia comparvero presto ceppi resistenti anche alla meflochina; allora la medicina occidentale attinse da quella tradizionale cinese e ripescò il qing hao su, un estratto dalla pianta Artemisia annua che veniva impiegato da secoli in Oriente, in forma di infuso, per il trattamento delle febbri. Nel 1971 dalla pianta fu estratta l'artemisinina, farmaco senza nessuna somiglianza con i precedenti antimalarici, dalla quale furono successivamente sintetizzati l'artemetere, l'artesunato e l'arteetere. Attualmente continuano gli studi per scoprire e sintetizzare farmaci antimalarici sempre più efficaci e sicuri. ChemioprofilassiLa chemioprofilassi della malaria si basa sul principio secondo il quale si raggiunge e si mantiene una concentrazione plasmatica di un farmaco antimalarico a livelli troppo bassi per essere curativi ma sufficienti a impedire che si sviluppi la malattia dopo una puntura della zanzara. Tale concentrazione deve essere mantenuta per tutto il periodo in cui si è potenzialmente esposti alla malattia, cioè per tutto il periodo di permanenza in zona dove la malattia è endemica e fino almeno a 4 settimane dopo il ritorno. Solitamente si inizia la profilassi per tempo, 1 o 2 settimane prima di partire. Farmaco-resistenzaLa farmaco-resistenza (o chemio-resistenza) in P.falciparum compare in seguito alla pressione selettiva data dell'impiego esteso del farmaco sui vari ceppi, alla quale sopravvivono solo quelli meno sensibili o francamente resistenti, che successivamente rimpiazzano quelli del tutto sensibili. Ciò avviene più rapidamente quando il farmaco in questione viene usato in modo insufficiente per posologia e durata del trattamento, tanto più con farmaci che vengano eliminati più lentamente e rimangano in circolo più a lungo (maggiore emi-vita). Nel nostro caso, la farmaco-resistenza, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), si definisce come la capacità dei ceppi di plasmodio di sopravvivere e moltiplicarsi nonostante la somministrazione e l'assorbimento di un farmaco dato in dosi uguali o maggiori a quelle normalmente raccomandate ma comunque sopportabili dal paziente. Da questo punto di vista le possibili risposte dei ceppi di P.falciparum alla terapia vengono distinte in
In questo senso, un farmaco che mostri una resistenza di tipo R-I non andrebbe completamente eliminato dall'uso, perché sarebbe comunque in grado di controllare l'attacco malarico acuto (ciò è vero per l'impiego della clorochina nelle popolazioni indigene semi-immuni dell'Africa tropicale). La farmaco-resistenza (in particolare, la clorochino-resistenza) dei ceppi delle altre specie di plasmodio o è un problema minore (es. P.vivax) o è inesistente (P.ovale e P.malariae).[4] Classificazione
Principi attivi utilizzatiChininoIl chinino è uno schizonticida ematico ed è efficace su tutte le specie di plasmodio, ma si usa praticamente solo per la terapia dei ceppi di P.falciparum resistenti alla clorochina, non per la profilassi. Non funziona sugli ipnozoiti epatici, quindi non eradica le infezioni da P.vivax e P.ovale.
L'iniezione endovenosa del principio attivo è molto pericolosa per l'organismo ed è stata sostituita dall'infusione.[5] Vanno usate precauzioni nella deficienza congenita dell'enzima Glucosio-6-fosfato-de-idrogenasi (molto diffusa nelle popolazioni delle zone endemiche), per il rischio di emolisi. I trattamenti prolungati possono dare il cosiddetto cinconismo. Fra gli altri effetti indesiderati si riscontrano cecità temporanea, insufficienza renale acuta, ipoglicemia, mentre in caso di sovradosaggio bisogna contattare un centro antiveleni.[6] Può dare iperinsulinismo ed episodi di ipoglicemia iatrogena. ClorochinaLa clorochina è uno schizonticida ematico ed è efficace per P.vivax, P.ovale, P.malariae e per i ceppi P. falciparum sensibili. Si può usare per profilassi e trattamento. Ha anche proprietà anti-infiammatorie. Ha molta affinità per la melanina perciò si può accumulare nei tessuti pigmentati (cute, retina), pertanto può dare prurito nei pazienti di pelle nera e può dare retinopatia. Il suo derivato ossidrilato (la idrossiclorochina) esplica minor attività antimalarica, è usata prevalentemente nel trattamento dell'artrite reumatoide. L'amodiachina presenta struttura ed attività piuttosto simili alla clorochina, dalla quale differisce per la presenza nella catena laterale di un gruppo aromatico fenolico. Tuttavia è poco impiegato in terapia, in quanto capace di formare, per ossidazione operata da citocromo P450, un composto imminochinonico particolarmente tossico.
Gli effetti collaterali più comuni e reversibili sono gastro-enterici (nausea, vomito, diarrea, dolore addominale). Può dare manifestazioni neurologiche (psicosi, convulsioni). Controindicazioni assolute sono la somministrazione della clorochina in bolo endovenoso, la somministrazione in pazienti psicotici o con storia di epilessia o con ipersensibilità nota al farmaco. DoxiciclinaLa doxiciclina è un antibiotico che appartiene al gruppo delle tetracicline, che ha anche attività schizonticida ematica contro P.falciparum e probabilmente anche contro gli altri plasmodi. Si può usare sia per il trattamento sia per la profilassi. Si usa per il trattamento delle forme meflochino-resistenti (come in Thailandia).
Pirimetamina-sulfadossinaLa combinazione della diaminopirimidina pirimetamina e il sulfamidico sulfadossina (P/S) consente un'azione sinergica sul plasmodio perché interferisce sul suo metabolismo dei folati in due punti diversi. Agisce solo sulle forme intra-eritrocitarie asessuate soprattutto di P.falciparum e di meno su P.vivax. L'impiego è ormai limitato al solo trattamento perché le eventuali reazioni avverse, abbastanza frequenti, non lo rendono maneggevole per la profilassi e poiché i ceppi resistenti a P/S sono ormai molto diffusi nel mondo, anche in terapia non viene più impiegata di routine.
La pirimetamina non deve mai essere somministrata singolarmente.[6] Di solito le dosi terapeutiche sono ben tollerate, grazie al fatto che si somministra in dose singola. Frequenti sono le reazioni cutanee eritematose, talora molto gravi, da ipersensibilità alla sulfadossina. È sempre controindicata in pazienti con ipersensibilità nota al farmaco, nei bimbi di età inferiore ai 2 mesi o nelle partorienti nell'ultimo mese di gravidanza (rischio di kernittero nel bimbo), e non va somministrata in caso di terapie recenti con la stessa combinazione o con altri inibitori del metabolismo dei folati. Il trattamento va sospeso in caso di insorgenza di sintomi quali tosse o dispnea.[6] MeflochinaLa meflochina la si può usare per profilassi e nel trattamento dei ceppi di P.falciparum clorochino-resistenti. Ha una struttura chimica simile al chinino. È tra i farmaci malarici meglio tollerati.
AlofantrinaL'alofantrina cloridrato è uno dei principi attivi che non è ancora utilizzato in Italia[8] ed è stato sviluppato dal "Walter Reed Army Institute of Research" (esercito degli USA), negli anni 1970. Lo studio è stato effettuato per il trattamento di ceppi molto resistenti, dove l'alofantrina mostra resistenza e sensibilità crociata con la meflochina. Non si usa in profilassi e non si deve usare nei pazienti che hanno fatto la profilassi con meflochina o l'hanno assunta come trattamento nelle precedenti 8 settimane, o che hanno assunto chinino o chinidina nelle precedenti 48 ore.
Proguanil cloridratoIl Proguanil cloridrato è uno dei più sicuri farmaci antimalarici ma ha una debole azione schizonticida, ematica e tissutale. Si usa prevalentemente per la profilassi, da solo o in combinazione con la clorochina. Viene somministrato da una settimana prima della partenza della persona in luoghi endemici e continua anche dopo aver lasciato tali zone continuando ancora per quattro settimane. Dosi:[9]
Proguanil/Atovaquone (Malarone)L'associazione di proguanil con atovaquone ne potenzia l'effetto. Si può usare per profilassi e trattamento della malaria. Studi in Thailandia hanno dimostrato la sua capacità contro episodi che erano caratterizzati da multiresistenza.[10]
Nel trattamento si usano 4cp PO in unica somministrazione giornaliera per 3giorni.
PrimachinaLa Primachina non viene commercializzata in Italia[11] e non viene utilizzata per il trattamento delle forme acute, ma per la bonifica dalle forme intraepatiche (ipnozoiti) di P.vivax e P.ovale, per prevenire le recidive. La primachina è l'unico schizonticida tissutale e gametocida.
È controindicata nelle donne gravide e nei bimbi sotto i 4 anni, ed è inutile per le forme di trasmissione atipiche.[8] Per il rischio di emolisi, prima di iniziare la terapia bisogna valutare la presenza nel paziente di eventuali deficit enzimatici eritrocitari (deficit della G6PD,ovvero glucosio-6-fosfato-deidrogenasi). Tra gli effetti indesiderati vi sono nausea, anoressia, dolore addominale e vomito.[11] Artemisinina e suoi derivatiIl principio attivo è estratto dalla Artemisia annua una pianta che cresce nella provincia di Hunan in Cina. L'artemisinina è uno schizonticida ematico molto potente e rapido la cui struttura chimica è diversa da qualsiasi altro farmaco anti-malarico e pertanto non presenta ancora problemi di farmaco-resistenza. L'artemisinina si trova in compresse o capsule da 250 mg e in supposte da 100 mg per i bambini. La di-idro-artemisinina è un altro derivato per terapia orale.
Il principale problema di artemisinina e derivati è dato dal fatto che spesso non consegue una cura definitiva e, per prevenire le recrudescenze, va eseguito un trattamento associato o supplementare con altri farmaci anti-malarici (meflochina). Sono farmaci generalmente ben tollerati: possono dare episodi di febbre iatrogena. Possono essere tossici per il feto nel primo trimestre di gravidanza. Inoltre il loro rifornimento non sta rispondendo alla reale esigenza[15] PropranololoIl propranololo è stato studiato nel dicembre del 2007 per l'uso possibile come antimalarico, particolarmente contro la resistenza agli antimalarici classici i cui vettori sembrano aver sviluppato una normale resistenza. Il propranololo, un betabloccante, è stato indicato per ostruire la capacità di entrambi i Plasmodium di entrare nella cellule dei globuli rossi, suggerendo quindi con il suo impiego una riduzione nei dosaggi richiesti per i farmaci attuali da 5 a 10 volte, suggerendo un ruolo in associazione nelle terapie[16] Blu di metileneIl blu di metilene è stato identificato da Paul Ehrlich intorno al 1891 come possibile trattamento per la malaria. [17] Cadde in disuso come farmaco antimalarico per i suoi effetti collaterali reversibili: la colorazione blu della urina e della sclera (il bianco degli occhi). Recentemente è stato riproposto per il suo uso come antimalarico[18], soprattutto per suo costo basso e per contrastare la emergente farmacoresistenza ai farmaci antimalarici di prima scelta.[19] Diversi studi clinici hanno cercato di trovare la combinazione di farmaci più efficace.[20][21][22] L'azione gametocitocida del blu di metilene sarebbe particolarmente rapida ed efficace per prevenire la trasmissione del Plasmodium falciparum.[23] TaferochinaNel 2018 la FDA ha approvato la taferochina o taferoquina come farmaco antimalarico per la malaria ricorrente da plasmodium vivax.[24][25] La taferochina, un analogo della primachina, si è dimostrata efficace anche contro i ceppi di plasmodium vivax che hanno sviluppato una resistenza alla clorachina ed alla primachina.[26] Utilizzo nella terapia del lupus eritematosoNel 1955 la FDA ha approvato la idrossiclorochina nel trattamento del lupus eritematoso.[27] Vari antimalarici orali, alcuni utilizzati off-label, sono considerati la terapia sistemica di prima linea per tutti i sottotipi del lupus eritematoso cutaneo. L'idrossiclorochina, la clorochina e la chinacrina sono i tre antimalarici attualmente più utilizzati. Uno studio randomizzato in doppio cieco del 1992 ha confrontato l'idrossiclorochina (400 mg / die) con l'acitretina (50 mg / die) in vari sottotipi CLE in uno studio di 8 settimane. Gli autori hanno scoperto che i 30 pazienti trattati con idrossiclorochina presentavano un tasso di miglioramento del 50%, contro un miglioramento del 46% nei 28 pazienti trattati con acitretina, mentre l'idrossiclorochina era molto meglio tollerata. L'efficacia della clorochina è stata dimostrata in uno studio randomizzato controllato in doppio cieco del 2005, che ha dimostrato un tasso di risposta dell'82,4% rispetto al 75% nei pazienti trattati con clofazamina . Gli antimalarici possono richiedere da 2 a 3 mesi per la massima efficacia, e quindi i pazienti con lupus eritematoso sono spesso trattati con topici e iniezioni intralesionali. Il solfato di idrossiclorochina è considerato il farmaco di scelta. Ad una dose fino a 6,5 mg / kg / die, è considerato più sicuro della sua controparte più efficace, la clorochina, a causa di una minore incidenza di retinopatia. La clorochina può essere somministrata alla dose di 125-250 mg / die, limitata a non più di 3,5-4,0 mg / kg / giorno per minimizzare la tossicità retinica. L'idrossiclorochina e la clorochina non dovrebbero essere usati insieme, a causa del rischio inaccettabile di retinopatia . Tipicamente, se un paziente fallisce l'idrossiclorochina, la chinacrina viene aggiunta per un effetto sinergico, senza un aumentato rischio di retinopatia. Questa combinazione aumenta l'efficacia, con un tasso di miglioramento del 67% riportato in pazienti che avevano precedentemente fallito la monoterapia con idrossiclorochina. Se un paziente fallisce questa combinazione, viene considerato un passaggio alla clorochina. La chinacrina può essere continuata con clorochina. La quinacrina viene comunemente prescritta alla dose di 100 mg / die, poiché è stata riportata anemia aplastica a dosi più elevate. Frances e al. hanno recentemente collegato la completa remissione alle più alte concentrazioni ematiche di idrossiclorochina e hanno suggerito l'implementazione del monitoraggio per migliorare la gestione del lupus eritematoso cutaneo refrattario. I pazienti che fumano sono più refrattari al trattamento con antimalarici. I pazienti dovrebbero pertanto essere consigliati di smettere di fumare. Gli effetti collaterali nella terapia del lupus eritematoso con antimalarici comprendono xerosi, eruzioni cutanee esantematiche o lichenoidi, orticaria, iperpigmentazione blu-grigia della pelle , tossicità oculare, disturbi gastrointestinali, miopatia, cardiomiopatia e rari effetti collaterali del sistema nervoso centrale (capogiri, cefalea, insonnia, psicosi). L'idrossiclorochina può ridurre la soglia convulsiva. La quinacrina può causare lo scolorimento giallo della pelle, della sclera e dei fluidi corporei. L'American Academy of Ophthalmology raccomanda uno screening retinopatico regolare per i pazienti con antimalarici a intervalli basati sullo stato di rischio. La terapia antimalarica per il lupus è controindicata nei pazienti con retinopatia preesistente, disturbi del sangue e miastenia grave.[28][29][30][31] Note
Bibliografia
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