Esarcato apostolico di Costantinopoli

Esarcato apostolico di Costantinopoli
Exarchatus Apostolicus Constantinopolitanus
Chiesa greca di rito bizantino
 
Sede vacante
Amministratore apostolicoMassimiliano Palinuro
 
Battezzati14
StatoTurchia
Parrocchie1
 
Erezione11 giugno 1911
Ritobizantino
IndirizzoPapa Roncalli Sok. No:65/A, 34373 Şişli, Istanbul, Turkiye
Dati dall'Annuario pontificio 2022 (ch · gc)
Chiesa cattolica in Turchia

L'esarcato apostolico di Costantinopoli (in latino Exarchatus Apostolicus Constantinopolitanus) è una circoscrizione ecclesiastica della Chiesa cattolica greca di rito bizantino, immediatamente soggetta alla Santa Sede. Nel 2021 contava 14 battezzati. La sede è vacante.

Territorio

L'esarcato apostolico estende la sua giurisdizione a tutti i fedeli cattolici di rito bizantino residenti in Turchia.

Esiste una sola parrocchia.

Storia

L'ordinariato per i fedeli cattolici di rito bizantino fu eretto l'11 giugno 1911 con il breve Auctus in aliqua di papa Pio X, con giurisdizione su tutti i fedeli greco-cattolici che dimoravano nell'ambito della Delegazione apostolica di Costantinopoli.[1] Primo vescovo fu Isaias Papadopoulos, nominato vescovo titolare di Grazianopoli, che rimase in carica fino al 1917, quando fu nominato assessore della Congregazione per le Chiese orientali.[2]

A causa della grande guerra, la maggior parte dei fedeli dovette abbandonare la Turchia rifugiandosi in Grecia. Il nuovo ordinario, George Calavassy, decise di trasferirsi nel 1922, assieme al seminario, ad Atene. Questo trasferimento fu riconosciuto dalla Santa Sede, che il 21 dicembre 1925 estese la sua giurisdizione a tutta la Grecia.[3]

Secondo le indicazioni riportate dagli Acta Apostolicae Sedis, queste decisioni portarono alla nascita di un secondo ordinariato per i fedeli greco-cattolici, con sede a Atene, unito in persona episcopi con l'ordinariato turco.[4] L'unione personale dei due ordinariati rimase in vigore fino all'11 giugno 1932, quando, con il decreto Cum ecclesia episcopalis, fu nominato un nuovo ordinario per la sede turca, Dionisio Leonida Varouchas, con giurisdizione sulla Turchia Europea e con il titolo di «ordinario per i cattolici di rito bizantino in Turchia».[3][5]

A partire dall'annuario pontificio del 1941,[6] il titolo fu modificato in quello di «esarca apostolico per i cattolici di rito bizantino in Turchia».[7] Successivamente l'esarcato ha assunto il nome attuale.

La sede è vacante dal 1957. L'ultimo sacerdote di rito bizantino greco in Turchia è deceduto nel 1997. Dal 1999 l'esarcato è affidato in amministrazione ai vicari apostolici di rito latino di Istanbul.

Cronotassi degli esarchi

Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.

Statistiche

L'esarcato apostolico nel 2021 contava 14 battezzati.

anno popolazione presbiteri diaconi religiosi parrocchie
battezzati totale % numero secolari regolari battezzati per presbitero uomini donne
1950 1.000 ? ? 3 3 333 1 1
1969 134 ? ? 1 1 134 1 1
1980 70 ? ? 1 1 70 1
1990 50 ? ? 1
1999 40 ? ? 1
2000 45 ? ? 1
2001 45 ? ? 1
2004 40 ? ? 1
2010 25 ? ? 1
2013 20 ? ? 1
2016 16 ? ? 1
2019 14 ? ? 1
2021 14 ? ? 1

Note

  1. ^ Cf. Annuario Pontificio 1919, p. 721.
  2. ^ a b Marti, Gli ordinariati per i fedeli di rito orientale: una ricostruzione storico-giuridica, p. 24, nota 26.
  3. ^ a b Marti, Gli ordinariati per i fedeli di rito orientale: una ricostruzione storico-giuridica, p. 25, nota 28.
  4. ^ Acta Apostolicae Sedis, 24 (1932), p. 270.
  5. ^ Ancora nell'annuario pontificio 1940, Varouchas è indicato come «ordinario per i cattolici di rito bizantino in Turchia». Annuario pontificio 1940, pp. 399 e 542.
  6. ^ Marti, Gli ordinariati per i fedeli di rito orientale: una ricostruzione storico-giuridica, p. 30.
  7. ^ Cf. Annuario pontificio 1942, pp. 408 e 554.
  8. ^ AAS 3 (1911), p. 609.
  9. ^ Già amministratore apostolico sede plena dal 27 maggio 1955.
  10. ^ Turchia: morto per Covid mons. Rubén Tierrablanca, vescovo del dialogo e dell'accoglienza. "Apparteniamo tutti a una casa comune", in Agensir, 23 dicembre 2020. URL consultato il 24 dicembre 2020.

Bibliografia

Collegamenti esterni

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