Enzo Giovanni Caffer

Enzo Giovanni Caffer (Perosa Argentina, 10 marzo 1925Villaretto di Vai Chisone, 30 luglio 1944) è stato un partigiano italiano. Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Biografia

Quando il fratello Dario, più vecchio di un anno e arruolato nel 1º Reggimento artiglieria, decise, al momento dell'armistizio, di darsi alla macchia, Enzo lo seguì. I fratelli Caffer furono tra i primi ad arruolarsi nella Divisione autonoma partigiana "Val Chisone" e si distinsero partecipando a numerose battaglie e azioni contro i nazifascisti. Il nome di Enzo divenne leggendario e il ragazzo fu presto nominato commissario di Battaglione. Cadde a Villaretto di Val Chisone [1] per proteggere una manovra di ripiegamento dei partigiani, durante un massiccio rastrellamento compiuto da reparti tedeschi e fascisti.

Tre settimane dopo, il 19 agosto, nelle stesse zone cadde in battaglia anche il fratello Dario, comandante di un distaccamento della medesima divisione partigiana, che era guidata dell'ufficiale degli Alpini Adolfo Serafino, al quale essa fu poi intitolata quando nel novembre seguente venne a sua volta ucciso - e perciò anche lui insignito della medaglia d'oro al valor militare, alla memoria.

Ai due fratelli martiri Caffer fu intitolata invece una banda partigiana, mentre il comune di Pomaretto ha dedicato loro una piazza nel Parco della Rimembranza.[2]

Onorificenze

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Di duro ceppo montanaro, pur non avendo obblighi militari, fu tra i primi nella lotta contro i tedeschi, seguendo l’esempio del suo fratello maggiore caduto per la libertà. Partecipò a tutti i combattimenti ed il suo nome divenne in Val Germanasca e in Val Perosa simbolo di ogni eroismo ed ardimento. Durante il duro inverno 1943-1944 visse tra i rigori del gelo e stenti inenarrabili, sorretto dall’ardente fede che lo animava e dall’alto spirito di sacrificio che è patrimonio della nostra gente montanara. Incaricato di cooperare con la sua arma allo sbarramento di una posizione per proteggere una manovra di ripiegamento, veniva mortalmente colpito e rifiutava ogni soccorso pur di non distogliere nessuno dal posto di combattimento. Morì dissanguato, esempio di indomito coraggio e di stoico valore.»
— Villaretto di Vai Chisone, 30 luglio 1944.[3].

Note

  1. ^ su Biografie ANPI
  2. ^ sul sito del Comune
  3. ^ Dettaglio decorato, su quirinale.it. URL consultato il 9 febbraio 2016..

Collegamenti esterni

 

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