«Un Dirigente di comunità può prestare la sua opera nei vari tipi di comunità – asili nido, case per gestanti, soggiorni estivi, istituzioni permanenti e specializzate, convitti, pensionati, case di riposo, refettori scolastici, mense aziendali etc. – cioè in tutte quelle numerose istituzioni a carattere formativo, educativo, medico sociale, assistenziale che, specie nel campo pediatrico, della riabilitazione, della geriatria, vanno sempre più aumentando in uno Stato moderno che vuole risolvere i delicati problemi dell’assistenza sociale»
(Profilo professionale del Dirigente di comunità)
Il Dirigente di comunità è un professionista polivalente[1] che, in seguito a una specifica formazione a carattere teorico e tecnico-pratico concernente la direzione e la vita delle comunità,[2] opera in qualità di dirigente o specialista[3][4] dei servizi assistenziali socio-sanitari e educativi collettivi[5] realizzando attività professionali di natura direttiva, assistenziale, educativa e relazionale.[6]
In particolare, nell'ambito dei titoli professionali italiani, con l'appellativo di dirigente di comunità (talvolta nelle istituzioni pubbliche con la specificazione di "educative"[7] o "infantili",[8][9] a seconda del contesto operativo) si suole riferirsi specificamente alla persona in possesso del diploma di specializzazione avente valore legale[10] di "abilitazione all'esercizio dell'attività professionale",[11] conclusivo del corso di studio vigente in Italia dal 1964 fino al 2015.[12]
Tale specializzazione ha contribuito, in Italia e nella Svizzera italiana,[13] alla preparazione professionale di personale dirigente, educativo e assistenziale destinato ad operare nei servizi alla persona e alle comunità.[14]
Per comunità si intende un gruppo di persone (bambini, ragazzi, adolescenti, giovani, adulti e anziani), provenienti da varie condizioni sociali e familiari, che si prefigge di giovare alla salute fisica, mentale, sociale e morale dei suoi componenti. Essa opera, attraverso la partecipazione di ognuno al processo di questa esperienza, un arricchimento della persona medesima che, così cresciuta, apprende a rendersi conto dei valori fondamentali della vita sua e degli altri e a essi indirizzare la propria attività.
Il dirigente di comunità deve saper dirigere, cioè orientare, organizzare, coordinare e controllare, ed essere quindi dotato di particolari attitudini e precisamente:
di qualità fisiche (salute, forza, resistenza);
di qualità intellettuali (capacità di intuire, comprendere ed apprendere, giudicare rettamente);
di qualità morali (energia, fermezza, onestà, comprensione, spirito di sopportazione, cortesia, iniziativa, imparzialità, sensibilità, coraggio di fronte alle responsabilità)».[14]
servizi sociali e socio-sanitari residenziali che includono vitto, alloggio e assistenza nella vita quotidiana (centri di accoglienza per minori; ricoveri temporanei per senzatetto, vittime di calamità e profughi e immigrati; istituti di assistenza a favore di madri vulnerabili e dei loro figli; orfanotrofi[18] o comunità familiari, case albergo, case di riposo, case protette, comunità alloggio per anziani e disabili; centri di reinserimento sociale per persone con problemi personali o sociali);
servizi sociali e socio-sanitari di consulenza, assistenza, tutela e orientamento erogati presso organizzazioni pubbliche e private, gruppi di auto-aiuto, consultori e segretariati o centri diversamente denominati nonché presso il domicilio (visite e supporto nella vita quotidiana);
servizi educativi per l'infanzia nei nidi e nelle comunità infantili e per la prima e la seconda adolescenza nelle strutture prescolastiche, scolastiche ed extrascolastiche;
servizi formativi, educativi e informativi di sostegno alla genitorialità (alla paternità e, con particolare riguardo, alla maternità), fra questi, in particolare, i consultori familiari;
servizi animativo-ricreativi e culturali (centri di aggregazione giovanile, ludoteche, musei, biblioteche, mediateche ecc.).
Il professionista svolge la sua attività in collaborazione con altri operatori professionali preposti all'assistenza sanitaria, psicologica e sociale e all'educazione, secondo il criterio del lavoro multi-professionale.
Attività professionali
Il dirigente di comunità, tenendo conto della classificazione italiana delle professioni,[19] che si raccorda alla International Standard Classification of Occupations (la classificazione internazionale delle professioni dell'ILO), afferisce alla classe delle professioni dirigenziali[20] e delle professioni tecniche[21] dei servizi collettivi e alle persone; questi, a seconda del contesto operativo, esercita le attività professionali che seguono:
Dirigente, coordinatore o responsabile di aziende per servizi alla persona e alle collettività;[22][23][24][25]
Tecnologo[3][4] sociale per i servizi di sanità e assistenza sociale,[2][31][32] tecnico del reinserimento e dell’integrazione sociale[33] o facilitatore sociale[34];
Educatore sociale, di comunità, socio-assistenziale[8] o diversamente denominato;[35][36]
Assistente d'infanzia e di comunità infantili;
Animatore per l'infanzia, animatore per la prima e seconda adolescenza, animatore sociale o animatore socio-educativo;[37]
Tecnico di atelier creativo, atelierista,[38] tecnico di attività ricreative, ludiche e del tempo libero o ludotecario;[9]
Esperto di assistenza agli anziani e ai disabili;
Docente tecnico-pratico, formatore o maestro di economia domestica[39], dei servizi socio-sanitari[40] o di tecnologie tessili;[41][42]
Tecnico di laboratorio didattico dell'area professionale: assistenza all'infanzia (puericultura), assistenza socio-sanitaria, economia domestica (alimentazione e ospitalità);[43]
Perito di economia domestica collettiva (servizi di alimentazione e ospitalità);
Operatore tecnico professionale per il commercio, la preparazione e la somministrazione degli alimenti;[44][45]
Assistente di pre-scuola e/o doposcuola;
Operatore addetto alla sorveglianza di bambini in comunità (vigilante/vigilatrice) e famiglie (bambinaia/bambinaio).
L'attività professionale in qualità di personale educativo o direttivo degli asili nido[27] e degli altri servizi per l'infanzia costituisce, statisticamente, la principale occupazione assunta dai dirigenti di comunità,[7][46] di fatto questi tecnici esperti nei servizi di assistenza igienico-sanitaria e psico-pedagogica del bambino[26] hanno rappresentato, sin dall'istituzione del profilo professionale, gli unici professionisti specificamente abilitati ad operare con funzioni direttive e educative nelle istituzioni educativo-assistenziali per l’infanzia[47] (seppure nei servizi per l'infanzia operino, allo stato attuale, anche elementi provvisti di vari titoli di studio[48] a carattere tecnico-professionale o universitario, il dirigente di comunità risulta fra i maggiormente richiesti[7][49] dalle aziende per i servizi all'infanzia).
Il Diploma di specializzazione di Dirigente di comunità è corrispondente,[10] cioè dotato di equipollenza o eguale efficacia e valore legale per effetto di norme regionali, nazionali e internazionali, ai titoli tecnico-professionali analoghi afferenti all'ambito disciplinare dei servizi socio-sanitari-assistenziali ed educativi, fra i quali il puericultore,[29] l'Operatore socio-sanitario,[50] il Tecnico dei servizi socio-sanitari,[51] l'Assistente d'infanzia e l'Assistente di comunità infantile,[51] l'Alimentarista o Tecnico delle preparazioni alimentari,[45][52] l'Operatore socio-assistenziale per l'infanzia[53][54] (in Svizzera: maturità professionale sanitaria e sociale con attestato federale di capacità professionale socio-assistenziale per l'infanzia).
Inoltre, dati i peculiari contenuti teorici e tecnico-pratici nel campo igienico-sanitario, psico-pedagogico e assistenziale del corso di studi per la specializzazione di Dirigente di comunità, è stata riconosciuta la corrispondenza alla formazione per vigilatrice/vigilatore d'infanzia[47] in ambito italiano ed europeo, il titolo professionale ante riforma delle professioni sanitarie per l'assistenza infermieristica pediatrica.
Formazione professionale
Settore economico
La legge italiana dell'8 luglio 1956, numero 782[55] nel riformare le scuole di magistero professionale, trasformandole in istituti a ordinamento generale e specializzato per la formazione delle professioni direttive e tecniche dell'assistenza e dell'educazione[55][56], istituisce una scuola unica nel suo genere in Italia, sulla scorta dell'esperienza dei paesi germanici e scandinavi,[57] diretta specificamente alla preparazione teorica e pratica necessaria per:
l'Insegnamento tecnico-pratico dell'economia domestica[39] e dei servizi socio-sanitari[40] ed altresì di tecnologie tessili[41][42] previo conseguimento dell'abilitazione all'esercizio alla professione docente (mediante la formazione universitaria[58] in scienze dell'educazione e tecniche ed esercitazioni pratiche oggetto della disciplina d’insegnamento ovvero mediante superamento di un concorso pubblico per titoli ed esami[59][60][61]).
In questo contesto è utile chiarire la complessa trasversalità del settore economico di riferimento del dirigente di comunità, quello della "economia domestica collettiva", anche detta "economia di comunità", "ecotrofologia",[62] con riferimento soprattutto all'ambito professionale dell'alimentazione e dell'ospitalità (imprese ricettive a carattere assistenziale ed educativo) o "Organizzazione e gestione dei servizi collettivi" (nei piani di studio di sperimentazione formativa[63]).
«L’Economia domestica è una disciplina di studio e una professione afferente alle scienze per la vita con l’obiettivo di raggiungere il benessere della persona, della famiglia e delle comunità, applicando conoscenze in materia di alimentazione, igiene, cura [e tecnologie]. Per Economia domestica s’intende anche l’unica persona, la famiglia o la collettività di persone stabilita in una casa o in un altro edificio (ospedale, casa di cura, scuola, asilo nido, caserma, fabbrica, colonia, comunità a carattere assistenziale o educativo ecc.), che per la qualità della vita della persona deve assicurare:
un'alimentazione sufficiente, sana e varia, caratterizzando, nelle collettività, il pasto come rilevante dimensione relazionale della vita quotidiana;
la vestizione, tramite un guardaroba e una lavanderia idonei a mantenere la dignità personale;
degli ambienti sicuri, puliti, accoglienti e arredati in maniera funzionale rispetto alle esigenze individuali e collettive;
la presa in cura di sé e degli altri nelle collettività, in termini di protezione del benessere psicologico, fisico e sociale, soprattutto nelle vulnerabilità».[64]
Il dirigente di comunità si occupa dell'organizzazione e della gestione di determinati settori di economia domestica collettiva, dalla cucina all'igiene dei tessili e degli ambienti di vita, dai servizi di accoglienza e ospitalità alle attività educative-assistenziali e per il tempo libero,[65] o dell'intera economia domestica di aziende, ospedali, ricoveri, collegi, alberghi e scuole.
Corso di studio
Il corso di studio per la specializzazione di dirigente di comunità e stato attivato dagli istituti di formazione di ordinamento italiano per le attività sociali e, in considerazione della limitata diffusione sul territorio nazionale rispetto alle crescenti domande di ammissione all'esame di Stato di abilitazione professionale da parte degli esercenti delle professioni sanitarie, sociali e educative,[66][67] è stato anche afferente alla formazione per i servizi socio-sanitari, i servizi ristorativi e alberghieri, il commercio e magistrale.[68]
Nella formulazione del programma formativo si sono tenute presenti le particolari finalità del corso di studio, mirato alla preparazione professionale di personale destinato a operare in un delicato settore economico, le cui esigenze sono specifiche e ben identificate, e in cui avevano operato, prima dell'istituzione della specializzazione, soggetti provvisti di vari titoli di studio.[14]
Al riguardo, il decreto del Ministero della Pubblica Istruzione del 14 gennaio 1967, istitutivo del profilo professionale, dichiara che poiché una comunità mira alla salute fisica, mentale, sociale e morale dei suoi componenti, ognuno dei quali è una unità biopsichica, ne consegue che la specializzazione è basata su due gruppi di insegnamenti fondamentali: a) psicologia, pedagogia e sociologia, b) igiene-sanità e puericultura, affiancati dalle discipline che interessano più da vicino la specializzazione, quali: c) diritto, d) economia domestica collettiva (scienza dell'alimentazione e dell'ospitalità), e) tecnica organizzativa dei servizi socio-sanitari e educativi, f) canto, g) disegno, h) lavori di comunità/attività occupazionali per il tempo libero.
Il tirocinio e le esercitazioni pratiche completano gli insegnamenti teorici, costituendo inscindibile parte integrante degli insegnamenti specializzanti di psicologia, pedagogia, igiene-sanità, puericultura, economia domestica collettiva e tecnica organizzativa dei servizi socio-sanitari e educativi.
A seguito dell’introduzione dell’autonomia scolastica[69] in Italia, a partire dagli anni 1997/1998, nasce il “progetto autonomia”,[70] per rispondere alle domande di professionalità che pervenivano alla scuola dal mondo del lavoro in seguito all'evoluzione dei servizi e delle professioni.[71] Il corso di studi per dirigente di comunità si riforma, nell'ambito di questo progetto di sperimentazione didattica che si concluderà alla fine del 2014, afferendo al nuovo indirizzo formativo denominato "salute", con insegnamenti quali: legislazione sanitaria, igiene e educazione sanitaria, anatomia, fisiologia e patologia, cui si aggiungono gli insegnamenti specializzanti legati a due articolazioni tecnico-professionali:[63]
^ ISFOL (Istituto per lo sviluppo della formazione professionale), Area occupazionale SERVIZI SOCIO-SANITARI, collana Manuale per gli operatori, Roma, p. 49.
^abc Minnie Luongo, Come entrare nel mondo dell'assistenza, Milano, FrancoAngeli, 1997.
^ab Barbara G. V. Lattanzi, Lavoro e inclusione sociale, Homeless Book, 29 giugno 2020..
^ab Angelo M. Petroni, Karl R. Popper, Mondadori Education, 12 aprile 2010.
^ Ministero del Lavoro, Le comunità professionali del sociale, a cura di ISFOL (istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori), Rapporto finale di ricerca realizzata nell’ambito del progetto operativo “Azioni di sistema per favorire l’integrazione tra le politiche sociali e le politiche del lavoro nell’ambito della riforma dell’assistenza” (Asse B, Misura 1, Az. 1, Ob. 3 2000-2006), Roma, 2006.
«Il Dirigente di Comunità è un operatore in grado di inserirsi nei servizi sociali a dimensione comunitaria, collaborando con il personale specializzato (medici, terapisti, Assistenti Sociali, psicologi) negli ambiti di intervento socio-sanitario, assistenziale, educativo, animativo. In tali ambiti [...] è capace di aggregare e condurre gruppi di lavoro e di organizzare il contesto dell’utente, anche nella gestione dei servizi»
^ AA. VV., La legislazione italiana, A. Giuffrè, 1964.
^abc ISFOL (Istituto per lo sviluppo della formazione professionale), Figure professionali per il sociale: quadro di riferimento nazionale, collana Studio delle competenze professionali del sociale, Roma, 2004.
^ab Associazione nazionale Educatori professionali, L'educatore professionale, Maggioli Editore, 2015.
«Il personale che opera nella ludoteca deve essere costituito da operatori in possesso del diploma di scuola media superiore di maestra d’asilo, o di maturità magistrale, o di assistente o dirigente di comunità infantili o diplomi equipollenti ovvero di un diploma di scuola media superiore e di un attestato di formazione professionale per attività socio-educative in favore di minori, riconosciuto dallo Stato o dalla Regione»
^ab Senato della Repubblica, Servizio studi, Il valore legale del titolo di studio. Contesto europeo ed elementi di legislazione comparata, in Dossier, n. 208, marzo 2011.
^Decreto del Presidente della Repubblica del 25 marzo 1963, numero 1500, articolo 4
«cfr. 87 - Servizi di assistenza sociale residenziale: 87.30.0 - Strutture di assistenza residenziale per anziani e disabili, 87.90.0 - Altre strutture di assistenza sociale residenziale; Servizi di assistenza sociale non residenziale: 88.10.00 - Assistenza sociale non residenziale per anziani e disabili; 88.91.00 - Servizi di asili nido; assistenza diurna per minori disabili; 88.99.0 - Altre attività di assistenza sociale non residenziale nca»
^In Italia, la legge 28 marzo 2001, numero 149 stabilì che il ricovero dei minori in orfanotrofi fosse superaro entro il 31 dicembre 2006, mediante l'affidamento a una famiglia e, ove ciò non fosse possibile, mediante inserimento in comunità caratterizzate da organizzazione e da relazioni interpersonali analoghi a quelli di una famiglia (cosiddette comunità familiari).
^ ISTAT (Istituto nazionale di statistica), a cura di Francesca Gallo e Pietro Scalis, La classificazione delle professioni (CP2011) (PDF), Roma, 2013. URL consultato il 26 settembre 2016.
«Le professioni classificate in questa unità forniscono servizi finalizzati a prevenire il disagio di adulti in difficoltà di inserimento sociale e lavorativo, a rimuovere l'emarginazione sociale di bambini e adolescenti, a riabilitare adulti e minori in prigione, in libertà vigilata e fuori dal carcere e a recuperare alla vita attiva adulti scoraggiati o ritirati dal lavoro»
^ ISTAT (Istituto nazionale di statistica), a cura di Francesca Gallo e Pietro Scalis, La classificazione delle professioni (CP2011), Roma, 2013.
«Operatori professionali a capo di imprese di cui definiscono, pianificano, implementano, gestiscono le politiche e le strategie e ne valutano i risultati; negoziano con i fornitori e i clienti, programmano e controllano l’uso efficiente delle risorse; reclutano personale e definiscono i processi di innovazione organizzativa e produttiva»
«Profilo professionale del Dirigente di comunità: Deve essere in grado di dirigere, organizzare, coordinare e controllare, asili nido, case per gestanti, soggiorni estivi, case di riposo, convitti, refettori scolastici, ecc.. Pertanto deve avere acquisito nozioni di pedagogia e sociologia nonché conoscenza teorica e pratica delle norme concernenti la direzione e la vita di una comunità educativa ed assistenziale»
^Decreto del Ministero della pubblica istruzione (Italia) del 14 gennaio 1967.
«[Il Dirigente di comunità] dirige, organizza, coordina e controlla asili nido, case per gestanti, convitti, case di riposo, refettori scolastici, mense aziendali e altre istituzioni a carattere assistenziale ed educativo»
^ Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, sede di Torino, Sezione 2, Sentenza numero 01464/2014, su giustizia-amministrativa.it. URL consultato il 20 gennaio 2021.
«Il diploma di dirigente di comunità [è un] titolo che perseguiva il fine di formare soggetti operanti nelle scienze sociali in grado di dirigere, organizzare, coordinare e controllare strutture sia pubbliche sia private nei settori di intervento sociale, assistenziale, educativo o formativo, fornendo una formazione polivalente di base e specifica nel settore della pedagogia, sociologia e dell’economia aziendale, oltre ad una competenza teorica e pratica delle norme legali correlate alla gestione dirigenziale»
^ Provincia di Milano, Direzione centrale per gli affari sociali, Educatore d'infanzia: profili professionali e offerte formative, a cura di Francesca Ceruzzi e Patrizia Di Santo, Milano, Provincia di Milano, 2006.
«Requisiti generali di ammissione [alla Selezione pubblica per l'assunzione di personale nel profilo professionale di Collaboratore socioeducativo - puericultrice/puericultore]. Possesso di uno dei seguenti titoli di studio: [...] diploma di dirigente di comunità [...]. Ai sensi del Decreto Legislativo 11 aprile 2006, n. 198, il posto si intende riferito ad aspiranti dell'uno o dell’altro sesso»
^ ISTAT (Istituto nazionale di statistica), a cura di Francesca Gallo e Pietro Scalis, La Classificazione delle professioni (CP2011), Roma, 2013.
«Operatore professionale che forniscono servizi finalizzati a prevenire e a rimuovere il disagio sociale di adulti in difficoltà di inserimento sociale e lavorativo, a riabilitare adulti e minori in prigione, in libertà vigilata e fuori dal carcere, a recuperare alla vita attiva adulti scoraggiati o ritirati dal lavoro»
^ Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, Il lavoro nel settore dei servizi sociali e le professioni sociali, a cura di FORMEZ – Centro servizi, assistenza, studi e formazione per l'ammodernamento delle P. A., Roma, 2009.
«La qualifica professionale di educatore viene applicata ad una pluralità di tipologie professionali con differenti titoli di studio conseguiti nell'area disciplinare socio-psico-pedagogica, mentre con l'appellativo di educatore professionale si suole indicare solo l'operatore in possesso del titolo abilitante alla professione sanitaria»
«L’animatore socio-educativo di cui al comma 2, lettera f), deve possedere uno dei seguenti titoli di studio o qualifiche professionali: [...] b) diploma di dirigente di comunità.»
^ Regione del Veneto, Guida alla realizzazione di un servizio per la prima infanzia[collegamento interrotto], 2008.
^abDecreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 2016, numero 19, su normattiva.it, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 43 del 22 febbraio 2016, supplemento ordinario n. 5. URL consultato il 2 agosto 2016 (permalink) (archiviato dall'url originale il 2 ottobre 2016).
^ Conferenza unificata tra Governo, Regioni e Autonomie locali, Monitoraggio del Piano di sviluppo dei servizi socio-educativi per la prima infanzia, Istituto degli Innocenti, 2009.
^ Anna Salerni, Alessandro Sanzo, Orientare al tirocinio e alle professioni: L’università incontra le aziende, collana Esercitazioni di ricerca in Scienze dell'educazione, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2013, p. 96.
^Deliberazione della Regione del Veneto del 09 agosto 2002, numero 2230; Deliberazione della Regione del Veneto del 13 dicembre 2002, numero 3973.
^abIn Italia, secondo il principio di corrispondenza dei diplomi di Stato professionali con quelli tecnici di cui alla normativa italiana: legge 27 ottobre 1969, numero 754, articolo 3; decreto legislativo 16 aprile 1994, numero 297, articolo 197, comma 3; decreto del presidente della Repubblica 23 luglio 1998, numero 323, articolo 15, comma 8; legge 10 dicembre 1997, numero 425, articolo 1.
^ Elena Fiore, Antonella Manzione, I requisiti morali e professionali per l'esercizio delle attività commerciali e di somministrazione, Dogana (Repubblica di San Marino), Maggioli Editore, 2012, p. 239.
^ Sindacato VPOD, Ticino, Svizzera, I diritti del lavoro (PDF), n. 4, 17 aprile 2009. URL consultato il 7 ottobre 2016 (archiviato dall'url originale il 10 ottobre 2016).
^abLegge 8 luglio 1956, n. 782, su normattiva.it, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana numero 192 del 2 agosto 1956. URL consultato il 2 febbraio 2015 (permalink).
^Le denominazioni sono modificate ai sensi del principio costituzionale di rispetto della parità di genere richiamato dal Decreto Interministeriale (Pubblica istruzione e Tesoro, Bilancio e Programmazione economica) del 7 ottobre 1998, nunero 383.
^ Provincia Autonoma di Bolzano, Ripartizione per la Formazione professionale agraria, forestale e di economia domestica (22), a cura di V. Messori e E. Gastaldelli, Analisi dei fabbisogni professionali e formativi per l’innovazione dell’offerta scolastica delle scuole di economia domestica dell’alto adige (Rapporto finale), 2005.
^Decreto Ministeriale 10 settembre 2010, n. 249, su normattiva.it, Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana numero 24 del 31 gennaio 2011, supplemento ordinario n. 23. URL consultato il 3 febbraio 2015 (permalink) (archiviato dall'url originale il 2 ottobre 2016).
^Economia domestica: Servizi specializzati di Alimentazione e Ospitalità. Prendersi cura di sé, degli altri e dell'ambiente, Pisa, Università degli Studi di Pisa, 2014.
^Circolare del Ministero della pubblica istruzione (Italia) del 24 marzo 1999, numero 79 e successive disposizioni speciali in materia di esami di Stato.
^ Ministero della Pubblica Istruzione, Servizio statistico, I percorsi formativi della scuola secondaria di secondo grado statale tra corsi di ordinamento, sperimentazioni e autonomia, Roma, 2007.
^Progetto autonomia, su archivio.pubblica.istruzione.it. URL consultato il 28 settembre 2016 (archiviato dall'url originale il 2 ottobre 2016).