Digestione dei fanghiLa digestione o stabilizzazione biologica dei fanghi è un processo biologico che sfrutta l'azione di microrganismi adatti per la mineralizzazione dei fanghi. Cioè per la trasformazione in prodotti più semplici e stabili (non putrescibili) del materiale organico contenuto nei fanghi e che è costituito, generalmente, da sostanze che si degradano con difficoltà (cellulosa, grassi, ecc.). La digestione può essere: Un'ulteriore tipologia di stabilizzazione biologica è il compostaggio. UsoQuesto processo viene usato specialmente per fanghi provenienti dal trattamento delle acque di rifiuto urbane, tuttavia può essere applicato anche a fanghi di origine industriale che contengono sostanze organiche suscettibili di degradazione biologica. Digestione anaerobicaNella digestione anaerobica, le sostanze presenti nel fango, in mancanza di ossigeno, sono ridotte per mezzo di processi
anaerobici (fermentazione) che portano ad una progressiva stabilizzazione fino alla produzione di metano e anidride carbonica. La fermentazioneIl complesso dei fenomeni chimici e biologici che produce la trasformazione delle sostanze organiche in altre più semplici, organiche e inorganiche, è quello che con termine generico si chiama fermentazione. Fasi del processo di digestione anaerobicaLa digestione del substrato organico complesso contenuto nei fanghi avviene attraverso una catena trofica anaerobica regolata dall'attività diversi gruppi di batteri normalmente presenti nelle deiezioni umane:
A seconda dell'azione dei vari batteri, il processo di biodegradazione anaerobico è suddivisibile in tre fasi:
Al contrario dei batteri acidificanti, quelli metanogeni sono quelli a crescita più lenta (circa 4-5 giorni) e ridotta, per cui costituiscono l'elemento limitante del processo.
Inoltre, come accennato in precedenza, lavorano in campo di pH compreso tra 7 e 7,5.
Se si crea un accumulo di acidi volatili (come avviene all'avvio all'esercizio del digestore), con conseguente abbassamento del pH, l'attività dei batteri metanigeni viene inibita e pertanto non avviene più la conversione degli acidi volatili in metano. Idrolisi e acidogenesiIn ambiente chiuso privo di ossigeno libero disciolto, i microrganismi idrolitici, che sono batteri anaerobi
facoltativi, prelevano l'ossigeno dalle macro molecole organiche biodegradabili (molecole ad alto peso molecolare) presenti nel fango e le trasformano in monomeri solubili.
o in alcool etilico secondo la seguente reazione:
A causa di questa intensa produzione di acidi si registra una diminuzione di pH, che inibisce i batteri metanogeni, con conseguente formazione di odori putrefattivi. AcetogenesiIn questa fase i batteri acidificanti (acetogeni ed omoacetogeni), che sono anch'essi batteri anaerobi facoltativi, trasformano i prodotti della fase precedente in acido acetico, acido formico, idrogeno ed anidride carbonica.
L'accumulo di idrogeno molecolare H2 inibisce la crescita dei batteri acetogenici che per questo dipendono dai metanobatteri che nella terza fase sono in grado di utilizzare H2 per la riduzione della CO2 a CH4. MetanogenesiI batteri metanogeni sono batteri strettamente anaerobi, i principali generi conosciuti sono: Methanococcus, Methanosarcina, Methanobacterium, Methanobacillus, Methanospirillium.
Con la seconda via si ottiene circa il 70 % del metano prodotto durante la digestione anaerobica in quanto la maggior parte della sostanza putrescibile si degrada ad acido acetico. I digestoriLe trasformazioni che avvengono durante una digestione anaerobica vengono fatte avvenire in recipienti- detti digestori o reattori - che nella loro forma più semplificata sono costituiti da una vasca in cui i fanghi permangono sotto una idonea massa di acqua sufficiente ad assicurare le condizioni necessarie all'anaerobiosi. Il digestore può essere chiuso; la copertura dei digestiori è indispensabile nel caso si debba recuperare il gas prodotto dalla digestione. Il digestore può essere riscaldato con parte del biogas prodotto dalla fermentazione, al fine di garantirne la costanza della temperatura. La quantità di calore somministrata risulta dalla somma del calore occorente per portare alla temperatura di esercizio i fanghi immessi e del calore perdute attraverso le pareti dell'involucro del digestore. Sulla base del fattore di carico volumetrico dei solidi sospesi i processi si distinguono in:
Fattori che influenzano il processoI fattori principali che assicurano il regolare svolgimento della digestione sono il mescolamento del fango e la temperatura. Il mescolamento del fango fresco col fango in digestione deve essere fatto il più intimamente possibile, allo scopo di evitare che si formino nell'interno del digestore degli accumuli di fango fresco che, per la tendenza a subire la fermentazione acida, disturberebbe quella alcalina. Il miscelamento può essere ottenuto con un insuflaggio di gas/biogas, con mescolatori meccanici o per mezzo di ricircolazione del gas prodotto. Per quanto riguarda la temperatura è opportuno proteggere il digestore al massimo possibile dalle dispersioni di calore perché il processo digestivo diventa sempre meno attivo man mano che si abbassa la temperatura. Per tale motivo è buona norma realizzare i digestori sempre interrati. Poiché le maggiori perdite di calore si hanno in corrispondenza della superficie in contatto con l'aria, è utile, specialmente nei paesi più freddi coprire le vasche di digestione. Sulla base delle temperature usate, i processi posso o essere suddivisi in tre gruppi:
In pratica, il processo maggiormente adottato è la digestione mesofila, in quanto il processo criofilo è più lento e necessita di impianti molto grandi ed è quindi caratterizzato da costi di investimento molto elevati, mentre il processo termofilo ha elevati costi di esercizio e produce, accanto al fango digerito, un liquido molto ricco in sostanze organiche che, quando viene riciclato negli impianti di depurazione biologica delle acque, comporta un sensibile sovraccarico degli stessi. Il biogasIl biogas prodotto dalla fermentazione anaerobica è formato essenzialmente da metano (60-75 %) e anidride carbonica; ci sono anche piccole percentuali di azoto ed idrogeno solforato. CogenerazionePer l'utilizzo negli impianti di cogenerazione è necessario sottoporre il biogas a trattamenti preliminare atti rimuovere i composti indesiderati. Per rendere redditizio il recupero del biogas con cogenerazione gli impianti devono avere potenze elettriche non minori di 50-100 kW e possono arrivare anche a circa 1 MW, con rendimenti di generazione elettrica che variano fra 20 e 40 % (mediamente intorno al 30-35 %). Digestione aerobicaLa digestione aerobica è meno utilizzata di quella anaerobica (è tipica di impianti di depurazione medio-piccoli), ma rispetto a questa, offre il vantaggio di stabilizzare il fango in tempi relativamente brevi. Il processo si basa sugli stessi principi che regolano l'ossidazione delle sostanze inorganiche negli impianti di trattamento biologico. Nella digestione dei fanghi il processo di ossidazione deve essere spinto fino alla fase di respirazione endogena e cioè fino a quella fase nella quale, risultando assente o scarsa la riserva di materiale organico da demolire, si determina la distruzione del materiale cellulare degli stessi microrganismi. Ciò viene ottenuto, in pratica, sottoponendo il fango ad un'aerazione prolungata in bacini aperti mediante insufflazione di aria compressa (aeratore pneumatico) o mediante l'uso di aeratori meccanici (o misto pneumatico + meccanico); tutti gli aeratori hanno anche la funzione di miscelatori. Tali vasche hanno una profondità ≤ 4 m. L'assorbimento dell'ossigeno da parte del fango è particolarmente elevato nei primi giorni di aerazione e cioè in concomitanza con il rapido sviluppo della flora batterica, poi diminuisce gradualmente. Nella pratica però, per avere fanghi ben stabilizzati, l'aerazione viene prolungata per molti giorni, mantenendo la quantità di ossigeno residuo nel fango intorno a 1- 3 ppm. Parametro di particolare importanza per l'efficienza del processo, oltre al carico specifico (che va valutato volta per volta sulla base di prove pratiche di laboratorio), è la temperatura. Per la temperatura valgono le stesse considerazioni già espresse, per la stabilizzazione anaerobica, per quanto riguarda l'influenza sull'equilibrio e sulla cinetica di sviluppo del sistema biologico responsabile della degradazione delle sostanze organiche. In particolare, la pratica dimostra che l'ossidazione con batteri mesofili produce un fango di qualità migliore di quello prodotto per ossidazione ad elevate temperature. Stabilizzazione chimica e fisicaCome già accennato in precedenza un fango stabilizzato è imputrescibile. I sistemi di stabilizzazione infatti hanno lo scopo di interrompere i processi di fermentazione che sono la causa dei fenomeni di putrescibilità e della conseguente formazione di cattivi odori. I processi di stabilizzazione possono essere di tipo temporaneo o permanente. La digestione, che è una stabilizzazione di tipo biologico, è di tipo definitivo mentre esistono altre tipologie di stabilizzazione dei fanghi di tipo chimico e fisico, che sono però di natura temporanea. Nel caso di stabilizzazione chimica, al fango viene aggiunta una idonea quantità di calce idrata. La calce innalza il pH fino ad un valore tale da rendere impossibile l'attività dei batteri e di conseguenza la putrefazione del fango. Questo processo è di tipo esotermico, pertanto il calore prodotto riscalda il fango e determina anche una sua pastorizzazione. Con la stabilizzazione chimica non si ha alcuna riduzione del fango, anzi l'aggiunta di calce ne determina un aumento. Con tempo però, a seguito della reazione tra anidride carbonica atmoesferica e calce (carbonatazione) il pH si abbassa a valori compatibili con l'attività batterica e pertanto il fango diviene nuovamente putrescibile. Questo tipo di trattamento viene utilizzato raramente, ad esempio in emergenza nel caso di fuori servizio dei digestori, in piccoli impianti, e nel caso di fanghi biologici non adatti alla digestione. Tra i trattamenti fisici ci sono:
Bibliografia
Voci correlate |
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