Chiesa di San Martino (Leffe)
La chiesa di San Martino è un luogo di culto cattolico di Leffe in provincia e diocesi di Bergamo, fa parte del vicariato di Gandino.[1] StoriaLa chiesa, intitolata a san Martino vescovo di Tours, ha una storia molto antica: la tradizione la vorrebbe già presente sul territorio di Leffe nel 774, anno in cui il territorio fu occupato dai Franchi. Difficile trovare documentazione che confermi questo, ma potrebbe la sua fondazione risalire alla presenza sul territorio dell'alta val Seriana di un gruppo di monaci di San Martino di Tours presenti sia in val Camonica che nell'alta val Seriana, la devozione dal santo nasce proprio dall'imperatore dei franchi Carlo Magno.[2] La prima citazione della chiesa sarebbe inserita nello statuto del 1263 conservato negli archivi del comune di Leffe.[3] La chiesa fu nuovamente citata in un documento del 1336.[4] Nell'autunno del 1575 san Carlo Borromeo arcivescovo di Milano, visitò il territorio leffese e dell'11 ottobre è la relazione. Dal documento si evince che la chiesa in precedenza era parrocchiale e poi, pare per comodità dei fedeli, sussidiaria della chiesa di San Michele. L'edificio era a unica navata con copertura in tavole di legno a vista e con tre altari dedicati a san Martino, santa Lucia e san Berardino. Il Borromeo ordinò anche alcune modifiche per il decoro della chiesa, che lasciano intendere che l'aula era di piccole dimensioni, infatti viene ordinato di chiudere i due altari minori perché troppo piccoli e senza possibilità di essere ampliati, mentre l'altare maggiore dedicato al santo titolare necessitava di nuovi arredi.[5] Verso la fine del XVI secolo la popolazione fu invitata a ricostruire completamente la chiesa in dimensioni maggiori, e Alessio de Moscanibus, convisitatore dell'arcivescovo milanese l'8 settembre 1584, dettava al notaio Giuseppe Patirani di Gandino le sue disposizioni testamentarie, tra cui cinque scudi d'oro da versare entro due anni dalla sua morte alla chiesa di San Martino amore Dei in rimedium animae suae. Il progetto di ricostruire l'edificio ebbe un arresto perché il vescovo Giovanni Battista Milani nella visita pastorale del 5 agosto 1594 impose la ricostruzione della chiesa parrocchiale di San Michele. L'antico edificio fu consacrato dal vescovo Giovanni Emo.[1] Solo nel 1616 fu demolito il primitivo edificio e ebbe inizio la completa ricostruzione.[6] I lavori iniziarono l'anno successivo come indicato nell'epigrafe posta sulla torre campanaria. La povertà del territorio e la peste del 1630 bloccarono per un periodo i lavori che furono ripresi nel 1635 e terminati l'anno successivo. La costruzione del nuovo ampio sagrato dove vi era la zona cimiteriale obbligò la collaborazione con il comune che costruì un nuovo cimitero lasciando liberi gli spazi presso il nuovo edificio di culto, soluzione accettata anche se ormai le famiglie nobili e le confraternite avevano predisposto luoghi per la sepoltura nella pavimentazione dei nuovi altari. Nel 1650 con atto notarile, fu firmato l'accordo per il cambio di terreni. Il vescovo di Bergamo Daniele Giustiniani visitò la chiesa nel 1666 e dagli atti si evince che vi erano sette altari e la congregazione di sant'Orsola. Due anni dopo il vescovo tornò a consacrate il nuovo edificio, come indicato nell'epigrafe posta sopra l'ingresso principale. «D.O.M. SACRAM HANC AEDEM D. MARTINI PONT. ET CONF. POPULI PAT ILL.MO ET REV.MUS D.D. DANIELE JUSTINIANIUS BERG.SIS EPIS. COM.E ETC. DEDICAVIT VIII KAL. OCTOBER MDCLXVIII TRASLATO IN SECOND . OCTOBR. DEDICAT.NIS ANNIVERSARIO» DescrizioneEsternoL'edificio di culto, dal classico orientamento liturgico, è preceduto da un ampio sagrato con pavimentazione in pavé, anticipato dalla gradinata che lo unisce alla viabile cittadina. Il fronte principale, a capanna con ampio sporto di gronda, è semplice in pietra a spacco, e presenta un'alta zoccolatura sempre in ceppo locale che segue nelle pareti laterali. Il portale anticipato da tre gradini, presenta una cornice in arenaria composta da due colonne che reggono il timpano triangolare spezzato con un cartiglio che riporta l'intitolazione: D.V. MARTINO - HAEC DOMUS DEI - ET PORTA COELI - MDCXXXV.[1] La parte superiore ospita una bifora con contorno in pietra di Sarnico atta a illuminare l'aula, con gocciolatoio e decoro a timpano spezzato con cimasa dove è raffigurato il simbolo eucaristico. Le aperture laterali sono poste nella parete a sud complete di contorno in pietra di Sarnico. Questa parte ospita un frammento in marmo bianco raffigurante la testa di un angioletto risalente alla chiesa primitiva.[7] InternoL'interno a unica navata a pianta rettangolare e con volta a crociera, presenta cinque campate con relative cappelle, divise da lesene complete di basamento e coronate da capitelli con volute, che reggono la trabeazione e il cornicione praticabile che percorre tutta l'aula fino al coro.[1] La pavimentazione in marmo risale al 1983. La volta della navata è stata ridipinta nei primi anni del XX secolo. La navata è illuminata dalle cinque aperture poste sopra ogni cappella. AltariLato destro della navata:
Lato sinistro della navata:
PresbiterioLa zona presbiterale, di misura inferiore rispetto alla navata, è anticipata dall'arco trionfale dove è presente l'affresco raffigurante Cristo deposto dalla croce trasportato dagli angeli e sopraelevata da tre gradini. La parte è illuminata da due finestre laterali inserite in uno sfondato dalla doppia misura delle stesse. Il coro è a parete liscia, affrescato da Umberto Mariglini nel Novecento, e ospita il grande dipinto Trionfo di Maria tra uno stuolo di santi e sante opera firmata da Tomaso Pombioli detto il Conciabracci: TOMAS POMBIOLUS CREMONESE PINGEBAT 1636.[9] L'altare maggiore, in marmo nero grigio e giallo, fu posto nella chiesa nel 1735. La mensa è rialzata da tre gradini e sono tre le alzate del dossale per l'esposizione delle sante reliquie, con quattro colonnine tortili che separano i pannelli in rame dorato che le conservano. Il tempietto della tribuna è composto su due ordini e coronato dalla cupoletta; il tabernacolo è posto nell'ordine inferiore con portelle in bronzo raffiguranti Cristo posto sul sepolcro sorretto da un angelo, mentre l'ordine superiore ha una piccola edicola aperta sui quattro lati. Completano la tribuna quattordici colonnine in marmo giallo ornate da teste di angioletti in marmo bianco e sei statuette in bronzo opere di Giovanni Antonio Carra.[10]
Sul lato destro vi è la cantoria in legno scolpito e decorato con angioletti e viticci dorati. Due grandi colonne laterali reggono il timpano curvo spezzato dove è posto l'immagine di Dio Padre. Il parapetto è completo di cariatidi dorate. L'organo è opera del 1771 di Gaetano Callido, restaurato nel 1942. Il lato sinistro presenta un'ulteriore cantoria di minor qualità che ospita la tela Nozze di Cana firmata F. Turla Nello. Note
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