Il funzionamento di una cella fotoelettrochimica è simile a quello di una cella elettrochimica, con la differenza che la reazione redox che avviene in corrispondenza del fotoelettrodo sfrutta l'energia luminosa per il suo avanzamento.[2]
Alcune celle fotoelettrochimiche producono semplicemente energia elettrica, mentre altre producono idrogeno in un processo simile all'elettrolisi dell'acqua.
Nel 1839Alexandre Edmond Becquerel osservò per primo la produzione di energia elettrica tramite una rudimentale cella fotoelettrochimica, costituita da due elettrodi immersi in una soluzione elettrolitica.[2] Negli anni ottanta Lewis mise a punto celle fotoelettrochimiche ad alta efficienza, utilizzando soluzioni elettrolitiche acquose e non acquose.[2]
Le celle fotogeneratrici sono particolari celle fotoelettrochimiche in cui l'assorbimento di energia luminosa, oltre alla produzione di corrente, determina l'elettrolisi dell'acqua, producendo idrogeno ed ossigeno gassosi. Grazie a queste celle è possibile quindi ottenere idrogeno (che è una forma di energia "trasportabile") dall'energia solare.
Le celle fotogeneratrici presentano un'efficienza anche maggiore del 10%. Uno svantaggio di tali dispositivi è la corrosione dei materiali semiconduttori, determinata dal contatto diretto con l'acqua.