Capitale provvisoria della Lituania

Il palazzo presidenziale storico situato a Kaunas

Capitale provvisoria della Lituania (in lituano Laikinoji sostinė) è stata la designazione ufficiale riservata alla città di Kaunas in Lituania durante il periodo interbellico.[1] La capitale de iure risultava infatti Vilnius, facente parte della Polonia dal 1920 al 1939. Ad oggi il termine capitale temporanea, nonostante abbia perso il suo significato originario, è ancora spesso usato come altro appellativo di Kaunas, la seconda maggiore città della Lituania.

Contesto storico: Vilnius sotto il dominio polacco

Lo stesso argomento in dettaglio: Regione di Vilnius.
Il palazzo dell'Assemblea costituente, dove questa si riunì per realizzare la costituzione nazionale e dove si tennero le prime tre sedute del Seimas

Nel corso della prima guerra mondiale, la Lituania dichiarò l'indipendenza il 16 febbraio 1918.[2] La dichiarazione asseriva che la Lituania sarebbe diventata una repubblica democratica con Vilnius come capitale. Tale affermazione si basava su ragioni storiche, in quanto la città che compare per la prima volta in fonti scritte nel 1323 divenne in seguito la capitale del Granducato di Lituania.[3] In termini demografici Vilnius risultava una delle città lituane più polonizzate e russificate[4][5] durante il dominio russo 1795-1914, come emerge dai seppur pochi dati anagrafici a disposizione.

Stando al primo censimento dell'Impero russo del 1897, certamente non noto per la sua attendibilità a detta di molti storici,[6] la popolazione del Governatorato di Vil'na era ripartita come segue:[7] bielorussi 56,1% (inclusi i cattolici), lituani 17,6%, ebrei 12,7%, polacchi 8,2%, russi 4,9%, tedeschi 0,2%, ucraini 0,1%, tatari 0,1%, e "altri" 0,1%.[8]

Il censimento tedesco del 1916 della regione di Vilnius (pubblicato nel 1919) riporta numeri assai diversi:[9] polacchi 58,0%, lituani 18,5%, ebrei 14.7%, bielorussi 6,4%, russi 1,2% e "altri" 1.2%.[10]

Per entrambi i censimenti si riscontrarono molte difficoltà pratiche nel tentativo di raggruppare le varie etnie. Gli etnografi del 1890 si erano spesso confrontati con chi si riteneva sia lituano che polacco.[11] Secondo un analista del censimento tedesco, "determinare in maniera obiettiva le condizioni di appartenenza ad una nazionalità piuttosto che ad un'altra, è la difficoltà maggiore di questa operazione".[12]

Mentre l'Armata Rossa si spingeva verso ovest nel corso della guerra sovietico-polacca, l'amministrazione tedesca dell'Ober Ost evacuò e i lituani si ritirarono a Kaunas.[13] Vilnius fu conquistata dall'Armata Rossa il 5 gennaio 1919, ma col procedere del conflitto la città passò spesso in mano a fazioni diverse: il 19 aprile 1919, la città fu conquistata dall'esercito nazionale polacco e il 14 luglio 1920 dalle truppe sovietiche.[14][15] A seguito della sconfitta sovietica nella battaglia di Varsavia, Vilnius venne consegnata alle autorità lituane ai sensi del trattato di Mosca del 12 luglio 1920.[15] La Polonia continuò a rivendicare la regione: nell'ottobre 1920, Józef Piłsudski supervisionò il procedere dell'ammutinamento di Żeligowski, un'operazione tramite la quale Varsavia avrebbe preso il controllo di Vilnius senza risultarne ufficialmente partecipe. Il generale polacco Żeligowski costituì lo Stato fantoccio della Repubblica della Lituania Centrale, incorporata nella Polonia nel 1922 a seguito di un plebiscito indetto per formalizzare tale situazione.[16][17] Il Voivodato di Wilno, istituito nel 1926, durò in essere fino al 1939.[18]

Nell'ottobre 1939 i sovietici consegnarono la città, presa nell'ambito dell'invasione della Polonia, alla Lituania, in armonia con il trattato di mutua assistenza sovietico-lituano.[19]

Kaunas come capitale ad interim

La Lituania rifiutò di intrattenere relazioni diplomatiche con Varsavia fino all'ultimatum del 1938.[20] Il traffico ferroviario, le linee telegrafiche e la corrispondenza postale non potevano attraversare il confine tra la Lituania e la Polonia.[20] La Lituania continuò a dichiarare Vilnius come sua capitale de iure in tutti i documenti ufficiali, compresa la costituzione. Poiché la città era controllata dalla Polonia, tutte le autorità lituane si trasferirono nella città di Kaunas, divenuta a quel punto la sede del governo.[1][20] Per conciliare la realtà con le rivendicazioni costituzionali, Kaunas fu designata con lo status di capitale temporanea o provvisoria fino a quando Vilnius non fosse stata "liberata dall'occupazione polacca".[21] Nel marzo 1938, la Lituania accettò l'ultimatum polacco, in cui si chiedeva il ripristino delle relazioni diplomatiche. Nonostante le relazioni andarono incontro a una normalizzazione, la nuova costituzione lituana, nel maggio 1938, riportava ancora Vilnius come capitale de iure della Lituania e Kaunas come sede ad interim.[22]

Ultima riunione nel 1940

Lo stesso argomento in dettaglio: Ultimatum sovietico alla Lituania del 1940.

Dal 1939 Vilnius tornò ad essere la capitale della Lituania, ma gli edifici governativi rimasero di stanza a Kaunas.[19] Il 14 giugno 1940, l'URSS lanciò un ultimatum alla Lituania con cui chiedeva nuove elezioni e la facoltà per le unità dell'Armata Rossa di entrare nel territorio lituano in maniera libera: è facile intuire che una simile richiesta equivaleva alla pretesa di poter occupare il paese.[23] Poco prima della mezzanotte del 14 giugno 1940, si tenne l'ultimo incontro del governo lituano nel palazzo presidenziale di Kaunas, da dove l'esecutivo baltico operò nel periodo interbellico. Argomento della discussione fu inevitabilmente la richiesta sovietica.[24] Il presidente Antanas Smetona rifiutò categoricamente di accettare la maggior parte delle condizioni poste, sostenne la formazione di una resistenza militare e la sua decisione fu sostenuta anche dai ministri Kazys Musteikis, Konstantinas Šakenis, Kazimieras Jokantas. Tuttavia, il comandante delle forze armate Vincas Vitkauskas, i generali Stasys Raštikis, Kazys Bizauskas e Antanas Merkys e la maggior parte dei membri del governo lituano decisero che sarebbe stato impossibile allestire una barriera adeguata, soprattutto perché tanti soldati sovietici erano già presenti sul territorio in virtù di un accordo precedentemente stipulato: alla fine, si decise di accettare l'ultimatum.[24] Il mattino seguente il governo lituano si dimise; il presidente fuggì dal paese per evitare di divenire la guida di uno Stato fantoccio con la speranza di formare un governo in esilio.[25] In tempi rapidi l'Armata Rossa riuscì ad ammassare in Lituania giungendo dalla Bielorussia oltre 200.000 uomini e ad acquisire possesso degli insediamenti più importanti, tra cui Kaunas.

Vilnius rimase poi la capitale della RSS Lituana e della Lituania indipendente dal 1990.

Note

  1. ^ a b (EN) Saulius A. Suziedelis, Historical Dictionary of Lithuania, 2ª ed., Scarecrow Press, 2011, p. 149, ISBN 978-08-10-87536-4.
  2. ^ (EN) Alexander Ashbourne, Lithuania: The Rebirth of a Nation, 1991-1994, Lexington Books, 1999, p. 1, ISBN 978-07-39-10027-1.
  3. ^ (EN) Stephen C. Rowell, Lithuania Ascending, Cambridge University Press, 2014, p. 72, ISBN 978-11-07-65876-9.
  4. ^ (EN) Merle Wesley Shoemaker, Russia, Eurasian states, and Eastern Europe, 24ª ed., Stryker-Post Publications, 1993, p. 205, ISBN 978-09-43-44880-0.
    «Lo stesso Józef Piłsudski, capo di stato polacco assai influente negli anni Venti, era nato da una famiglia lituana polonizzata a Vilnius»
  5. ^ (EN) Audra Sipavičienė, International Migration in Lithuania: Causes, Consequences, Strategy, United Nations Economic Commission for Europe, 1997, p. 79, ISBN 978-99-86-52339-0.
  6. ^ Andrzej Ajnenkiel, Od rządów ludowych do przewrotu majowego: zarys dziejów politycznych Polski 1918-1926, 5ª ed., Wiedza Powszechna, 1986, ISBN 978-83-21-40581-0.
    «Stando ai dati ritenuti non veritieri del 1897, i polacchi nella regione aumentavano a 886.000 abitanti, ma il numero avrebbe dovuto essere almeno di poco superiore al doppio»
  7. ^ (PL) Piotr Łossowski, Konflikt polsko-litewski 1918–1920, Varsavia, Książka i Wiedza, 1995, p. 11, ISBN 83-05-12769-9.
  8. ^ Il primo censimento dell'Impero russo nel 1897, in Demoscope, 331-332, 28 aprile-18 maggio 2008, Istituto di Demografia della Scuola Superiore di Economia, 2008.
  9. ^ (PL) Michał Eustachy Brensztejn, Spisy ludności m. Wilna za okupacji niemieckiej od. 1 listopada 1915 r., Varsavia, Biblioteka Delegacji Rad Polskich Litwy i Białej Rusi, 1919.
  10. ^ (PL) Piotr Łossowski, Konflikt polsko-litewski 1918–1920, Varsavia, Książka i Wiedza, 1995, pp. 11, 104, ISBN 83-05-12769-9.
    «Il censimento del dicembre 1919 è molto preciso; utilizza i dati dei singoli comuni, con l'indicazione del numero totale di abitanti, e poi li divide per nazionalità - in numeri assoluti e in percentuale. Dalla grande mole di dati, si possono citare alcuni dei valori più importanti e caratteristici. Nella sola città di Vilnius, su 129 mila abitanti, il censimento mostra 72.000 polacchi, cioè il 56,2% della popolazione totale (ebrei - 47.000, cioè 36,1%, lituani - 3.000, cioè 2,3%). Una percentuale ancora più alta di polacchi si rinveniva nella contea di Vilnius. Su 184.000 abitanti, si contavano 161.000 polacchi.»
  11. ^ (EN) Norman Davies, God's Playground, Columbia University Press, 1982, p. 69, ISBN 978-0-231-05353-2.
  12. ^ (EN) Vejas Gabrielas Liulevicius, War Land on the Eastern Front, Cambridge University Press, 2000, p. 34, ISBN 978-0-521-66157-7.
  13. ^ (EN) Rūta Janonienė, Tojana Račiūnaitė, Marius Iršėnas e Adomas Butrimas, The Lithuanian Millenium: History, Art and Culture, VDA leidykla, 2015, p. 539, ISBN 978-60-94-47097-4.
  14. ^ (EN) Timothy Snyder, The Reconstruction of Nations: Poland, Ukraine, Lithuania, Belarus, 1569-1999, Yale University Press, 2003, pp. 61-63, ISBN 978-03-00-10586-5.
  15. ^ a b (EN) Joanne Mancini e Keith Bresnahan, Architecture and Armed Conflict: The Politics of Destruction, Routledge, 2014, pp. 108-109, ISBN 978-13-17-65977-8.
  16. ^ (EN) Wojciech Roszkowski e Jan Kofman, Biographical Dictionary of Central and Eastern Europe in the Twentieth Century, Routledge, 2016, p. 2905, ISBN 978-13-17-47593-4.
  17. ^ (EN) Saulius A. Suziedelis, Historical Dictionary of Lithuania, 2ª ed., Scarecrow Press, 2011, p. 337, ISBN 978-08-10-87536-4.
  18. ^ (EN) Joanne Pettitt e Vered Weiss, Tracing Topographies, Routledge, 2018, p. 218, ISBN 978-13-51-78965-3.
  19. ^ a b (EN) History of Vilnius, su truelithuania.com. URL consultato il 26 settembre 2020.
  20. ^ a b c (EN) Robert A. Vitas, The Polish-Lithuanian crisis of 1938, in Lituanus, vol. 30, n. 2, estate 1984, ISSN 0024-5089 (WC · ACNP). URL consultato il 10 ottobre 2020 (archiviato dall'url originale il 12 novembre 2020).
  21. ^ (EN) Matthew Evans, Lesley Jeffries e Jim O'Driscoll, The Routledge Handbook of Language in Conflict, Routledge, 2019, p. 380, ISBN 978-04-29-60355-6.
  22. ^ (EN) Alfonsas Eidintas, Antanas Smetona and His Lithuania: From the National Liberation Movement to an Authoritarian Regime (1893-1940), BRILL, 2015, p. 393, ISBN 978-90-04-30204-4.
  23. ^ (EN) Ineta Ziemele, Baltic yearbook of international law: 2001, Martinus Nijhoff Publishers, 2002, p. 4, ISBN 978-90-41-11736-6.
  24. ^ a b (EN) Yves Plasseraud, Irena Veisaitė: Tolerance and involvement, BRILL, 2015, p. 40, ISBN 978-90-04-29891-0.
  25. ^ (EN) John Hiden, Vahur Made e David J. Smith, The Baltic Question During the Cold War, Routledge, 2008, p. 138, ISBN 978-11-34-19730-9.

Voci correlate