Bloodflowers
Bloodflowers è l'undicesimo album in studio del gruppo musicale inglese The Cure, pubblicato il 14 febbraio 2000 dalla Fiction Records. DescrizioneBloodflowers giunge dopo quattro anni di silenzio della band e viene introdotto da Robert Smith come l'ultimo disco della band.[3] Un tale annuncio veniva più o meno seriamente ripetuto dall'inizio degli anni novanta per ogni album, ma questa sembrava la volta effettiva, per vari motivi: la fine imminente del rapporto con la Fiction, l'etichetta di sempre, il calo di popolarità e di vendite dell'ultimo Wild Mood Swings, le aspirazioni soliste latenti: Robert voleva lasciare alla grande, sentiva che Wild Mood Swings non avrebbe rappresentato degnamente i Cure come ultima opera.[4] Decide quindi di registrare un ultimo album: le prime demo si orientano verso atmosfere complicate, elettroniche (un'eco si sentirà in Possession, registrazione di quel periodo uscita solamente nella raccolta di b-sides Join the Dots e in Wrong Number, dalla raccolta Galore), poi però Robert scrive, verso la fine del 1997, Out Of This World, e tutto cambia. Capisce che quella è la direzione da seguire: un disco molto soft, dove la base di ogni canzone è costituita dalla chitarra acustica. Nasce così Bloodflowers, etichettato da Robert come la continuazione naturale del filone tanto amato dai fan, quello costituito da Pornography e Disintegration, tanto da costituire insieme ad essi la "trilogia dark" della band. Il tema ricorrente dell'album è l'invecchiamento, l'abbandono: emblematiche sono la già citata Out of This World ("Quando guarderemo indietro a tutto questo [...] ci ricorderemo come ci si sente a essere così vivi?"/"Un'ultima volta prima che sia finita [...] Un'ultima volta prima che sia tempo di andare"), The Last Day of Summer ("L'ultimo giorno d'estate non è mai stato così vecchio/L'ultimo giorno d'estate non è mai stato così freddo") e There Is No If... ("'Se tu muori hai detto muoio anch'io hai detto"). Pezzo un po' a parte è Maybe Someday, che per stessa ammissione di Robert riguarda i suoi sentimenti riguardo alla situazione della band e alla fine del gruppo ("No non lo farò mai più, non voglio fingere/Se non può essere come prima devo farlo finire"). Musicalmente l'album riprende i toni cupi e sommessi di Disintegration, però ne è come l'evoluzione: alcuni hanno descritto questo album come un "Disintegration invecchiato". I pezzi sono tutti lenti, dall'evoluzione iperlavorata e stratificata (questo è visto come un difetto da qualche fan), con accesi toni malinconici e dalla lunghezza sostenuta; solo una traccia (There Is No If...) su nove è sotto i cinque minuti. La "trilogia dark" è stata riproposta dal vivo a Berlino (e Bruxelles) nel novembre 2002, per essere documentata in un DVD, chiamato Trilogy, inteso come il testamento finale dei Cure. I fatti hanno poi smentito questa intenzione. L'album è stato candidato al premio "Best Alternative Album" ai Grammy Awards del 2001; il premio è però andato a Kid A dei Radiohead. PromozioneContrariamente a ogni album precedente, non è stato estratto nessun singolo commerciale da Bloodflowers. Sono tuttavia usciti in via promozionale per le radio, senza video di accompagnamento o b-sides, Out of This World e Maybe Someday nel gennaio 2000. TracceTesti e musiche di Robert Smith, Simon Gallup, Perry Bamonte, Jason Cooper e Roger O'Donnell.
Formazione
Classifiche
Note
Collegamenti esterni
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