Continua il latino Barbara, al maschile Barbarus, entrambi cognomina abbastanza frequenti in epoca imperiale[1]. Essi derivano dal termine greco βάρβαρος (bàrbaros), una voce onomatopeica che voleva dire in origine "balbuziente", "che non sa parlare" (simile per semantica ai nomi Balbina e Biagio); questo aggettivo venne usato per riferirsi ai popoli non greci (ossia, che non parlavano la lingua greca), e assunse quindi il significato di "strano", "straniero", "forestiero" (il significato più frequentemente riportato dalle fonti[2][5][6][7][8]), e infine anche "non civilizzato", "barbaro"[1][3].
Il nome godette di particolare fortuna in Europa durante il Medioevo a partire dal VII secolo, quando sorse il culto di santa Barbara, leggendaria martire cristiana invocata contro il fuoco e i fulmini[2][7][8]. In Italia è attestato in tutto il territorio nazionale, con maggiore frequenza in Sicilia e Sardegna; a metà Novecento risultava meno comune che in passato[1], ma recuperò ben presto terreno tornando particolarmente in voga negli anni settanta: risulta infatti fra i primi dieci nomi più attribuiti alle bambine dal 1969 fino al 1977, raggiungendo il secondo posto in graduatoria (dopo Maria) nel '71[9] (anno in cui fu, tra l'altro, il nome femminile più attribuito in assoluto a Roma e a Bologna[10]).
Per quanto riguarda la diffusione nei paesi anglofoni, in Inghilterra divenne raro dopo la riforma protestante, venendo riportato in voga nel XIX secolo[2]; ha avuto invece particolare successo negli Stati Uniti d'America[5], dove è stato costantemente fra i primi dieci nomi usati per le neonate tra il 1927 e il 1958[8]. Un vezzeggiativo di Barbara è portato, tra l'altro, dalla celebre bambola Barbie, che probabilmente deve il suo nome alla figlioletta della sua ideatrice, Ruth Handler[11].
Barbarella è il personaggio protagonista dell'omonimo fumetto di fantascienza ideato dal francese Jean-Claude Forest e pubblicato sulla rivista V-Magazine nel 1962.
Enzo Caffarelli, L'onomastica personale nella città di Roma dalla fine del secolo XIX ad oggi. Per una nuova prospettiva di sociografia e cronografia antroponimica, Tubinga, Niemeyer, 1996.