Apomorfina
L' apomorfina è un farmaco agonista non ergolinico del recettore della dopamina D2, indicato per il trattamento dell'ipomobilità associata alla malattia di Parkinson.[2][3] È stata sintetizzata per la prima volta nel 1845 e utilizzata per la prima volta nel trattamento della malattia nel 1884.[4] L'apomorfina è stata anche studiata come emetico, sedativo, trattamento per l'alcolismo e per altre patologie dei disturbi del movimento.[4][5] Il farmaco ha ottenuto l'approvazione della Food and Drug Administration il 20 aprile 2004.[2] FarmacologiaIndicazione d'usoL'apomorfina è indicata per trattare gli episodi acuti e intermittenti di ipomobilità e gli episodi "off" associati alla fase avanzata della malattia di Parkinson.[2][3] FarmacodinamicaIl farmaco è un agonista dopaminergico che può stimolare regioni del cervello coinvolte nel controllo motorio.[2][3][6] Ha una breve durata d'azione e un ampio indice terapeutico, poiché dosi elevate sono necessarie per una significativa tossicità.[2][3] I pazienti devono essere informati riguardo al rischio di nausea, vomito, sonnolenza diurna, ipotensione, irritazione della mucosa orale, cadute, allucinazioni, comportamenti simili a psicosi, comportamenti impulsivi, iperpiressia da sospensione e prolungamento dell'intervallo QT.[2][3] Dato l'incidenza di nausea e vomito nei pazienti che assumono apomorfina, può essere consigliato il trattamento con trimetobenzamide prima o durante la terapia. Il trattamento antiemetico può essere iniziato tre giorni prima di iniziare la terapia con apomorfina ed è indicato solo per il tempo necessario, generalmente non oltre i due mesi.[7] Meccanismo d'azioneL'apomorfina è un agonista non ergolinico della dopamina non con alta affinità di legame ai recettori della dopamina D2, D3 e D5.[2][3] La stimolazione dei recettori D2 nel nucleo caudato-putamen, una regione del cervello responsabile del controllo locomotorio, potrebbe essere responsabile dell'azione dell'apomorfina.[6] Tuttavia, il modo in cui gli effetti cellulari dell'apomorfina trattano l'ipomobilità della malattia di Parkinson rimane sconosciuto.[2][3] AssorbimentoL'apomorfina ha un Tmax plasmatico di 10-20 minuti e un Tmax nel liquido cerebrospinale.[8] Il Cmax e l'AUC dell'apomorfina variano significativamente tra i pazienti, con differenze riportate da 5 a 10 volte.[8][9] Volume di distribuzioneIl volume apparente di distribuzione dell'apomorfina somministrata per via sottocutanea è compreso tra 123 e 404 L, con una media di 218 L.[2] Il volume apparente di distribuzione dell'apomorfina somministrata per via sublinguale è di 3630 L.[3] Legame alle proteineSi prevede che l'apomorfina sia legata al 99,9% all'albumina sierica umana, poiché nessuna apomorfina libera viene rilevata.[9][10] MetabolismoL'apomorfina viene N-demetalizzata da CYP2B6, 2C8, 3A4 e 3A5.[2] Può essere glucuronidato da diverse UGT,[2] o solfato da SULT 1A1, 1A2, 1A3, 1E1 e 1B1.[11] Circa il 60% dell'apomorfina somministrata per via sublinguale viene eliminato come coniugato solfato, sebbene la struttura di questi coniugati solfato non sia prontamente disponibile.[2][11] La restante parte di una dose di apomorfina viene eliminata come glucuronide di apomorfina e glucuronide di norapomorfina.[2] Solo lo 0,3% dell'apomorfina somministrata per via sottocutanea viene recuperato come farmaco genitore invariato.[12] Via di eliminazioneI dati riguardanti la via di eliminazione dell'apomorfina non sono attualmente disponibili.[2][3] Uno studio condotto su ratti ha dimostrato che l'apomorfina viene eliminata principalmente attraverso l'urina.[13] EmivitaL'emivita di eliminazione terminale di una dose sublinguale da 15 mg è di 1,7 ore,[2] mentre l'emivita di eliminazione terminale di una dose endovenosa è di 50 minuti.[3] ClearanceLa clearance di una dose sublinguale da 15 mg di apomorfina è di 1440 L/h,[2] mentre la clearance di una dose endovenosa è di 223 L/h.[3] TossicitàI pazienti che sperimentano un sovradosaggio di apomorfina possono manifestare nausea, ipotensione e perdita di coscienza.[2] In caso si sovradosaggio è necessario trattare i pazienti con misure sintomatiche e di supporto.[14] La dose letale 50 somministrata per via intraperitoneale nei topi è di 145 µg/kg.[15] Note
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