Antimo di Roma
Antimo di Roma (11 settembre ... – 11 maggio 305) è stato un prete e martire romano di difficile identificazione, martirizzato nel IV secolo e venerato come santo dalla Chiesa cattolica che lo ricorda l'11 maggio insieme ad altri otto martiri, di altrettanto difficile identificazione: Massimo, Basso, Fabio, Sisinnio, Diocleziano, Fiorenzo, Faltonio Piniano e Anicia Lucina. La tradizione di questi martiri è legata agli Acta Sancti Anthimi. AgiografiaSecondo gli Acta Sancti Anthimi[1], Faltonio Piniano, che aveva sposato Anicia Lucina, discendente dell'imperatore romano Gallieno, era stato nominato proconsole in Asia dagli imperatori Diocleziano e Massimiano. Dopo la morte di un suo consigliere, Cheremone, che su suo incarico aveva perseguitato i cristiani, Faltonio era stato colpito da una grave malattia. Anicia, dopo avere provato alcune terapie tradizionali, chiese aiuto ai cristiani imprigionati. Fra questi erano presenti Antimo e gli altri martiri. Antimo disse che Faltonio sarebbe guarito se si fosse convertito, e così fu. Piniano decise dunque di restituire la libertà ai prigionieri e li nascose nelle sue ville in Sabina e nel Piceno. Al diacono Sisinnio, a Diocleziano e Fiorenzo, in particolare, fu affidato un terreno nei pressi di Osimo. Tre anni dopo, però, i tre furono lapidati per non aver voluto abiurare il cristianesimo. Antimo, invece, fu ospitato in una villa al XXII miglio della Via Salaria. Qui continuò a praticare attività di proselitismo, convertendo al cristianesimo un sacerdote del dio Silvano e inducendolo a distruggerne un idolo. Per questo motivo fu denunciato al proconsole Prisco, che lo fece gettare nel Tevere con un sasso legato al collo, ma il sacerdote sopravvisse e fu decapitato. La sepoltura avvenne in un oratorio dei dintorni, presso il quale Antimo aveva l'abitudine di pregare.[2] Ad ereditare il ruolo di Antimo fu Massimo, che però fu decapitato pochi giorni dopo, il 19 o il 20 ottobre, e fu a sua volta sepolto in un oratorio, al XXX miglio della Via Salaria. Presso questo oratorio fu sorpreso a predicare Basso, che fu arrestato e ammesso alla prova dell'abiura: avendo rifiutato di effettuare sacrifici in onore di Bacco e Cerere, fu massacrato nel mercato di Forum Novum. Simile sorte toccò a Fabio, che fu torturato e decapitato sulla Via Salaria[3]. Faltonio Piniano e Anicia Lucina, invece, morirono a Roma di morte naturale[4]. Non v'è certezza sulla data degli Acta Sancti Anthimi, che tuttavia vengono collocati in un periodo compreso fra il V e il IX secolo: in particolare, non si sa se siano stati prodotti dall'unione di diversi testi agiografici o se invece si tratti di un corpo unico[5]. CultoSant'Antimo è ricordato nel Martirologio romano il giorno 11 maggio[6] con la semplice indicazione che rimanda agli Acta Sancti Anthimi: «A Roma al ventiduesimo miglio della via Salaria, Sant’Antimo, martire.» Particolarmente venerato a Cures Sabini, l'odierno Passo Corese (frazione di Fara in Sabina), a Sant'Antimo furono dedicate numerose chiese[7]. Alcune leggende lo citano come vescovo di Terni, Spoleto e Foligno. Durante il sinodo romano del 501, il vescovo di Cures si firmò come episcopus ecclesiae Sancti Anthimi. A Montalcino, in provincia di Siena, sorge l'abbazia di Sant'Antimo, che secondo la tradizione avrebbe ospitato le spoglie del santo. A questo santo (o all'omonimo di Nicomedia) era dedicata la chiesa parrocchiale dell'estinto villaggio di Salvennor presso Ploaghe in Sardegna. L'antica diocesi di Cures Sabini è oggi una sede titolare della Chiesa cattolica con il titolo di Dioecesis Curensis seu Sancti Anthimi[8]. Sant'Antimo è inoltre il patrono dell'omonimo comune della città metropolitana di Napoli, cui è dedicato il maggiore luogo di culto della città, il Santuario di Sant'Antimo Prete e Martire. Lo stemma comunale riporta l'effige del Santo[9] e molti abitanti del posto portano i nomi di battesimo di Antimo e, nella versione femminile, di Antimina, a testimonianza della profonda fede e devozione nel patrono. Identificazione del santoSecondo Ildefonso Schuster Antimo è un santo locale, mentre per Delehaye sarebbe da identificarsi con sant'Antimo di Nicomedia, ricordato però nel martirologio geronimiano il 27 aprile. Delehaye, riconoscendo che questa è una congettura, ritiene però che l'11 maggio sia la data dell'ingressus reliquiarum o del natalis basilicae del santo di Nicomedia a Cures. Questa tesi, tuttavia, non viene ritenuta provata da Francesco Lanzoni. Secondo quest'ultimo la lettura fornita da Delehaye potrebbe essere fondata per quel che riguarda Massimo, Fabio e Basso, visto che nel loro caso, pur essendo stati ricordati congiuntamente a sant'Antimo nel martirologio romano, non si conosce dove siano stati sepolti. In particolare, un san Massimo martire veniva venerato il 19 o il 20 ottobre, data di morte riportata dagli Acta, nell'antica Forconio; una festa analoga veniva il celebrata il 27 ottobre a Penne, l'11 a Teramo e il 30 a Cuma e nell'antica Comsa (l'odierna Conza): secondo Lanzoni, dunque, è possibile che Forum Novum si limitasse a venerare le reliquie di questo santo. Quanto a Fabio e Basso, infine, secondo Lanzoni, che osserva come esistono due martiri africani ricordati appunto con questo nome, molte chiese del Centro-Sud dell'Italia veneravano reliquie di martiri africani. Le spoglie di Diocleziano, Fiorenzo e Sisinnio, un tempo conservate nel monastero di San Fiorenzo di Osimo, furono traslate nel 1437 nel Duomo di San Leopardo in Osimo[10][11]. Diocleziano e Fiorenzo, inoltre, sono citati nel martirologio geronimiano il 16 maggio. Di Faltonio Piniano, invece, non si hanno ulteriori notizie, mentre la moglie è spesso citata negli Atti dei martiri dei Santi Processo e Martiniano e di San Marcello papa. Viene citata nel martirologio romano al 30 giugno. Note
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