AnaciclosiL'anaciclosi (in greco antico: ἀνακύκλωσις, anakýklōsis, "ciclo"[1]) è una teoria storiografica circa l'evoluzione ciclica dei regimi politici che, deteriorandosi man a mano, si susseguirebbero secondo un andamento circolare nel tempo e, quando giunti all'ultimo stadio, ritornerebbero alla forma iniziale di partenza riprendendone lo sviluppo. Le forme di governoPer primo Erodoto, nel suo λόγος τριπολιτικός[2] del Libro III delle Storie, identifica nella monarchia, nell'aristocrazia e nella democrazia le tre possibili forme del governo dello Stato e della loro degenerazione: «...tenevano un consiglio su tutto il complesso delle faccende dello stato... Otane invitava a porre il potere nelle mani di tutti i Persiani dicendo questo: "A me sembra opportuno che nessuno divenga più nostro monarca, perché non è cosa né piacevole né conveniente. Voi sapete infatti l’insolenza di Cambise a qual punto è giunta, e avete provata anche l’arroganza del Mago. Come dunque potrebbe essere una cosa perfetta la monarchia, cui è lecito far ciò che vuole senza doverne render conto? Perché anche il migliore degli uomini, una volta salito a tale autorità, il potere monarchico lo allontanerebbe dal suo solito modo di pensare. [...] Il governo popolare invece anzi tutto ha il nome più bello di tutti, l’uguaglianza dinanzi alla legge, in secondo luogo niente fa di quanto fa il monarca, perché a sorte esercita le magistrature ed ha un potere soggetto a controllo e presenta tutti i decreti dell’assemblea generale. Io dunque propongo di abbandonare la monarchia e di elevare il popolo al potere, perché nella massa sta ogni potenza". Questo parere esponeva Otane. Megabizo invece esortava a volgersi all’oligarchia dicendo così: "Quel che ha detto Otane per por fine alla tirannide si intenda detto anche da me; ma quanto al fatto che vi invitava a conferire il potere al popolo, egli non ha colto il parere migliore: niente infatti c’è di più privo di intelligenza, né di più insolente del volgo buono a nulla. [...] Quello [il monarca] infatti se fa qualcosa la fa a ragion veduta, questa [la plebaglia] invece non ha neppure capacità di discernimento: e come potrebbe aver discernimento chi né ha imparato da altri né conosce da sé niente di buono, e si getta alla cieca senza senno nelle cose, simile a torrente impetuoso? Della democrazia facciano dunque uso quelli che vogliono male ai Persiani...". Megabizo esponeva dunque questo parere. E per terzo Dario rivelava il suo parere dicendo: "A me quel che ha detto Megabizo riguardo al governo democratico mi pare l’abbia detto giustamente; non giustamente invece quel che riguarda l’oligarchia. Ché, offrendocisi tre forme di governo ed essendo tutte a parole ottime, ottima la democrazia e l’oligarchia e la monarchia, io affermo che quest’ultima è di molto migliore. Di un uomo solo che sia ottimo niente potrebbe apparire migliore, e valendosi di tale sua saggezza egli potrebbe guidare in modo perfetto il popolo... Nell’oligarchia invece ai molti che impiegano le loro qualità nell’amministrazione dello stato sogliono capitare gravi inimicizie private, perché, volendo ciascuno essere il primo e prevalere con i suoi pareri, vengono a grandi inimicizie fra loro, e da queste nascono discordie, e dalle discordie stragi, e dalle stragi si passa alla monarchia, e con ciò si dimostra di quanto questo regime è il migliore. [...] E per dir tutto in una sola parola, donde ci è venuta la libertà e chi ce l’ha data? forse dal popolo o dall’oligarchia o non piuttosto da un monarca? Il mio parere è dunque che noi, avendo ottenuta la libertà per opera di un sol uomo, dobbiamo mantenere in vigore la stessa forma di governo, e inoltre non dobbiamo abolire le istituzioni dei nostri padri, che sono buone, perché non sarebbe certo la cosa migliore".» La degenerazione e l'evoluzioneL'anaciclosi afferma che tre forme fondamentali di governo "benigno" (monarchia, aristocrazia e democrazia) sono intrinsecamente deboli e instabili, di solito tendono a degenerare rapidamente nelle tre forme fondamentali di governo "maligno" (tirannide, oligarchia e oclocrazia[3]). Secondo la teoria i governi "benigni" hanno a cuore gli interessi di tutti, mentre i governi "maligni" hanno a cuore gli interessi di pochi eletti. Tuttavia, tutti e sei i regimi sono considerati transitori perché, a causa della corruzione politica, i primi tre si trasformano rapidamente e sempre in quelli negativi. Secondo Platone ed Aristotele infatti ogni forma di governo è destinata a corrompersi e a dar luogo necessariamente, dopo la caduta nella forma degenerata, alla successiva più evoluta; così dal regime monarchico si passa a quello aristocratico e da questo a quello democratico. L'unico Stato che non ha obbedito a questa successione è Sparta, rimasta sempre fedele alla forma di governo istituita da Licurgo, sintesi di elementi monarchici (la diarchia), aristocratici (la gherusia), democratici (l'apella). Così si esprime Domenico Fisichella a riguardo:
La teoria di PolibioIl greco Polibio dall'analisi della storia della Repubblica romana esposta nei 40 libri delle sue Storie, arrivò a formulare la teoria dell'anaciclosi. Secondo lo storico le tre costituzioni fondamentali si possono sdoppiare in una benigna e in una maligna che si succedono involutivamente dalla migliore alla peggiore, come avviene nel ciclo biologico e in ottemperanza al principio di decadimento, per il quale ogni cosa prodotta dall'uomo è destinata a degenerare.[6] Secondo Polibio l'ordine dell'evoluzione dei sei tipi di governo è il seguente[7]:
Il "perfetto" regime romanoSecondo Polibio, Roma, come Sparta, non sarebbe degenerata nel suo buon governo perché la sua costituzione si fondava sull'equilibrio delle tre forme politiche "benigne": il consolato, che rappresentava il potere monarchico, il Senato quello aristocratico ed infine i tribuni e l'istituzione dei concili della plebe quello democratico. I consoli, come il monarca, comandano l'esercito e governano le spese di Roma (un'eccezione di rilievo all'autorità consolare è rappresentata dai tribuni della plebe). Il Senato è responsabile per la nomina e l'elezione dei consoli e dei censori ed è la forza trainante degli affari che si svolgono in città e in materia di politica estera. Naturalmente, tutto ciò non può avvenire senza la censura del popolo e nessuno si può insediare in qualunque carica senza il voto del popolo. La teoria di Polibio sarà successivamente ripresa da Marco Tullio Cicerone nel suo De re publica. Polibio in realtà analizzava le strutture esteriori delle magistrature trascurando e sottacendo la vera natura del potere romano dove le cariche pubbliche erano riservate agli aristocratici e ai plebei arricchiti, che tra il II e il I secolo a.C. finirono col costituire una vera e propria oligarchia che non fu sostituita da una democrazia, secondo quanto prevedeva la teoria dell'anaciclosi, ma da una particolare forma di monarchia-tirannia: l'Impero o Principato.[8] L'anaciclosi in MachiavelliLa teoria dell'anaciclosi «enorme fortuna [...] conobbe nel mondo antico e in età umanistico-rinascimentale»[9] con Machiavelli che conferma la visione circolare polibiana dei regimi politici ma vi introduce un elemento nuovo. Le variazioni infatti delle forme di governo avvengono «a caso tra gli uomini»[10] Mentre allora il ciclo storico polibiano si svolgeva con la stessa necessità naturale di una legge biologica nella concezione di Machiavelli il caso permette di concepire una storia non rigidamente predeterminata. Infatti, nonostante la forza e l'astuzia del Principe nel mantenere saldo il suo Stato, Niccolò Machiavelli ritiene che, per la teoria dell'anaciclosi, questo sia destinato a corrompersi:
Ma il cerchio della storia può interrompersi:
Note
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