Fin dal 1971 e per oltre due anni il regista collaborò con Leonardo Sciascia raccogliendo materiale e ripercorrendo la storia della mafia dal 1575 al 1875.[1]
Trama
Vengono narrati la nascita e gli sviluppi della mafia in Sicilia dal 1575 a Mazara del Vallo, passando attraverso la fine del 1700 a Palermo, e concludendosi nel 1875 con l'inchiesta dei parlamentari Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino.
Gli antenati
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La legge
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Gli sciacalli
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La speranza
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L'omertà
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Gli episodi Gli sciacalli e La speranza vennero presentati alla Biennale di Venezia il 29 agosto 1976.[7] Il critico cinematografico Leo Pestelli giudicò questi episodi "un prodotto di tutto rispetto per bontà di fattura e oculatezza d'informazione".[8]
Il critico Ugo Buzzolan, sulle pagine de La Stampa, recensì i primi quattro episodi:
«[Su Gli antenati] Un debutto che abbiamo trovato dignitoso ma non trascinante. [...] Il cinquecentesco episodio di ieri non si raccomandava per particolare vigoria e incisività: era realizzato con diligenza, e aveva il pregio di un'esposizione semplice e sommaria, da narrazione popolare, e gli attori, dall'anziano Joseph Cotten con la dentiera in evidenza a Renato Salvatori, da Lee Cobb all'insatanassato Claudio Volontè, si sono adeguati con una recitazione alla brava e alla svelta, senza troppe sottigliezze.[11] [Su La legge] [...] Il secondo episodio ha funzionato un po' meglio [...] Gradevole il film. Qualche indugio in partenza, poi il ritmo s'è accentuato e la vicenda [...] è corsa via sveltamente, con buoni effetti di suspense. [...] ma non so se l'agile filmetto di ieri sia riuscito a delineare un quadro storico accettabile o se invece si sia limitato a offrire alcune emozioni.[12] [Su Gli sciacalli] ci è parso se non altro il più accessibile, forse il più utile sotto il profilo divulgativo. [...] Racconto sempre di tono un po' ingenuo e sbrigativo, ma efficace nell'esposizione, e non privo di acri accenni satirici, come quando i mafiosi, all'arrivo di Garibaldi, cambiano bandiera e il nuovo governo li premia scambiandoli per patrioti.[13] [Su La speranza] II capitolo, ambientato nella seconda metà dell'Ottocento, era efficacemente impiantato su tre motivi: la disperata «fame di terra» dei contadini siciliani, ancora una volta delusi e angariati dal nuovo padrone (ora lo Stato italiano); l'accentramento della mafia di una zona nelle mani di un solo uomo, riverito e ossequiato, che si pone al di sopra dell'autorità; un sistema elettorale antidemocratico (I diseredati e gli analfabeti non hanno diritto al voto) che vive sulla truffa e sul ricatto.[14]»