Alfredo PolacciAlfredo Polacci (Roma, 3 agosto 1907 – Milano, 1998) è stato un paroliere e compositore italiano. È entrato nella storia della musica leggera italiana come autore di Veleno per Tina De Mola e di Il piccolo corazziere, portato al successo da Renato Rascel. BiografiaInizia come pianista e come attore di rivista, e nel 1926 recita con Ettore Petrolini; forma poi un'orchestra a suo nome, con cui si esibisce proponendo le sue canzoni, spesso di argomento umoristico, come La canzone di tutti gli addii, ed avvicinandosi anche al jazz[1]. Nel secondo dopoguerra si dedica in misura maggiore all'attività di autore di canzoni e di riviste. Nel 1946 scrive Come era verde la nostra valle, cantata nell'omonima rivista da Nino Taranto ed incisa anche da Oscar Carboni; l'anno successivo scrive Il cielo è tornato sereno per Renato Rascel, per cui scrive anche la celeberrima Il piccolo corazziere, ripresa da Rascel nel corso della sua carriera in svariati spettacoli e per cui ha una controversia con l'attore a causa dei diritti d'autore, poiché Rascel la ripropone spacciandola come una propria composizione[2]. Sempre nel 1947 scrive Veleno, per Tina De Mola. Nella stagione teatrale 1950-51 scrive una rivista di gran successo, Forse che sud... forse che nord, presentato in tutta Italia dalla compagnia di Pia Renzi, Franco Sportelli e Beniamino Maggio, mentre nel 1955 torna a lavorare con Rascel per Non è successo niente. Successivamente collabora con Carlo Dapporto, con cui collabora scrivendo alcune riviste tra cui Risate in salotto e la serie dei caroselli per il dentifricio Durbans[1]. Negli ultimi anni della sua vita si dedica alla scrittura di libri sulla storia dello spettacolo, come "Il Teatro di Rivista - Tutto quello che gli altri non sanno" (1990) e "Gli occhi del buio" (1996). Nel 1996 è protagonista di un episodio umoristico: riceve infatti una circolare dalla Siae che richiede a tutti gli iscritti che ricevono l'assegno di professionalità un certificato di esistenza in vita,[3], ed alla richiesta Polacci così risponde "Dopo aver fatto i debiti scongiuri, a fronte della Vostra perentoria e jettatoria richiesta di certificazione, dichiaro d'essere ancora vivo. Richiesta cervellotica e inutile, perché se uno è vivo, prima si tocca e poi vi manda a quel Paese; ma se uno è morto, come può certificarvi della sua dipartita?"[3]. Iscritto alla Siae dal 1927, socio dal 1950, risultano depositate a suo nome 502 canzoni[4]. Note
Bibliografia
Collegamenti esterni
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