D'oro all'aquila di nero, armata, membrata e coronata di rosso.
«Antichissima e celebre famiglia astigiana che, cogli Isnardi e Guttuari, spiegava l’insegna dell’aquila; donde la creduta comune origine ed erano dette le famiglie trinarie»
(Antonio Manno, Il patriziato Subalpino)
La famiglia Alfieri fu una delle principali famiglie della nobiltà astigiana appartenente alle "casane", quel gruppo cioè di famiglie che ottennero la loro ascesa sociale non per discendenza patrizia, ma in seguito al prestito della valuta ed al commercio.
«L'adunco rostro, il nerboruto artiglio,
Le poderose rapide sonanti
Alie il fiso nel sole ardito ciglio
Son dell'aquila prodi alteri vanti
Da tal nobile augello il nome piglio...»
Nel Compendio historiale della Città di Asti di Guido Antonio Malabayla, stampato nel 1638, si narra come nella difesa di Roma contro i Goti (537-538), vennero inviati da Asti, circa trecento cavalieri ed ottocento fanti, guidati dal comandante Ferruccio Camillo.
Quasi tutti persero la vita nella strenua resistenza della città eterna; tra questi si rese celebre l'astese Arricino Moneta che durante un'azione di battaglia, riprese l'aquila, insegna di Roma, che durante lo scontro era caduta in mano ai barbari.
Da quel momento, in segno di onorificenza, Arricino e tutta la sua discendenza poté fregiarsi di quel simbolo e gli venne dato l'appellativo di Alfiere.[1]
Il Cibrario e il Gorrini, fecero derivare anche loro il cognome Alfieri dal signifer o vessillifero che nel periodo comunale aveva l'onore di portare le insegne della città in battaglia o durante le cerimonie pubbliche.
Ormai è assodato che molte delle notizie raccolte dal Malabayla furono frutto di invenzioni e mistificazioni create per dare lustro alla città .
Le prime notizie certe della presenza della famiglia Alfieri in Asti risalgono a Uberto Alfieri citato il 12 marzo 1149.[2] Segue Tommaso Alfieri citato tra i superstiti dalla distruzione della città per opera di Federico Barbarossa su richiesta del vescovoAnselmo ed il marchese del Monferrato nel 1174.
Il figlio di Tommaso, Manuel con Alberto Solaro di Govone comandò la leggendaria spedizione alla Crociata del 1214.[3]
L'ascesa
Nel 1240, i figli di Manuel, Guglielmo e Alferio, avendo accumulato ricchezze con la creazioni di banchi di pegno in tutta Europa, acquistarono una parte del feudo di Magliano che apparteneva al vescovo di Asti, diventando feudatari.
Questa espansione commerciale ed economica, accrebbe l'influenza e l'ascesa della famiglia sul governo della città e sui territori limitrofi: Gualla Alfieri fu console del Comune nel 1176, Guglielmo Alfieri, tra il 1250 e 1256 ricoprì più volte la carica di consigliere e sindaco del comune, così il figlio Enrico divenne podestà di Chieri nel 1263.
In Savoia, un Giovanni Alfieri, in società con la famiglia Bergognini, tenne banco a Belley dal 1343 al 1352.[5]
Il cugino di Guglielmo, Ogerio, redattore della famosa Cronica, fu più volte credendario della città di Asti e sapiente nel 1274, Bertramino divenne uno dei quattordici savi della Società dei Militi e Martino Alfieri venne nominato tesoriere del conte Amedeo V di Savoia nel 1300 come ricompensa del prestito di duemila fiorini concesso al conte in occasione del suo viaggio a Roma per il giubileo.
Dalla guerra civile alla dominazione dei Savoia
In seguito ai disordini civili scoppiati in Asti tra guelfi e ghibellini, gli Alfieri si schierarono con il consorzio dei De Castello che comprendeva le principali famiglie nobili ghibelline, ma le continue lotte intestine in città costrinsero il Comune a chiedere aiuto ed intervento ai Signori stranieri.
La città passò prima sotto la denominazione angioina, poi quella orleanese; solamente alla fine del Quattrocento le lotte tra le famiglie si esaurirono, ma ormai la città aveva perso la propria libertà e la floridezza economica.
Nel 1531, con il passaggio della città sotto il dominio dei Savoia di conseguenza anche la famiglia ebbe un periodo di decadenza, evidente anche dalla quasi totale scomparsa degli Alfieri nelle cariche del governo cittadino.
Antonio Amedeo, amministratore del comune di Asti e conte di Casa Bianca e Cortemilia, dal suo matrimonio con Monica Maillard, vedova Cacherano Crivelli, nacque il poeta Vittorio Alfieri.
La linea si estinse con la morte del poeta nel 1803, ma ebbe discendenti da membri femminili, tramite la sorella Giulia, coniugata Canalis, e quindi da sua figlia Marianna, coniugata Colli Ricci di Felizzano.
I conti di Magliano e Castagnole delle Lanze
Direttamente dal cronista Ogerio Alfieri sono degni di nota:
Urbano (†1615), governatore di Alba e di Villanova d'Asti, il figlio Catalano guidò le truppe savoiarde nella conquista della fortezza di Ceva nel 1635
Carlo Emanuele, colonnello dell'esercito combatté nelle Fiandre, ministro a Madrid, Vienna, Parigi, ambasciatore a Londra, da lui discese Carlo Giacinto terzo marito di Monica Maillard e patrigno di Vittorio Alfieri
Da Carlo Giacinto Alfieri nacquero diversi figli (Anna Maria Giuseppina Barbara, Giuseppina Francesca, Pietro Lodovico Antonio, Giuseppe Francesco Agostino e Francesco Maria Giovanni), ma in seguito la linea maschile si estinguerà.
I signori di San Martino e marchesi di Sostegno
Da Guglielmo, primogenito di Manuele discesero:
Carlo Antonio Massimiliano, militare, comandò le milizie astigiane nelle guerre contro la Francia, suo figlio Cesare Giustiniano, a solo ventinove anni divenne consigliere sabaudo e fu nominato vicario e sopraintendente della politica e polizia della città di Torino nel 1743
Carlo Emanuele (1764-1864), partecipò alle campagne dal 1792 al 1799 contro la Francia, catturato venne inviato come ostaggio a Digione, liberato nel 1808, divenne ambasciatore a Parigi dal 1814 al 1828
Carlo Alberto, figlio di Cesare, divenne senatore nel 1870 dopo tredici anni da deputato nei collegi di Alba, Caluso, Aosta e Porto Maurizio, fu l'ultimo maschio della linea di San Martino e Sostegno
La famiglia Alfieri e le diramazioni meridionali
La possibilità che gli Alfieri del Piemonte abbiano stirpe comune con quelli presenti nel mezzogiorno d'Italia è una questione che è stata dibattuta da più parti.
In un libro di Fabrizio Palma, intitolato "Historia della famiglia Alfieri compendiata e nuovamente data in luce" del 1698, l'autore asserisce che il capostipite della famiglia sia il conte longobardoDauferio detto il Muto discendente dai Duchi di Benevento.[6]
Da lì il nome della discendenza mutò in Auferii, Offeri, Alferis ed infine Alfieri.
Di queste notizie però non ne fanno cenno né il Sella né il Vayra né tantomeno il Merkel, che furono gli storici che evidenziarono i collegamenti per molte famiglie "Lombarde" in meridione.[7]
Le abitazioni degli Alfieri
Nel medioevo la contrada degli Alfieri in Asti, si estendeva nella zona della città denominata "Contrada del Fè o de Feys" (l'attuale via Garetti); probabilmente uno dei palazzi principali era rappresentato dal palazzo dei Leoni o dei Parati, una bellissima "domus" ancora oggi presente con il classico fondaco medievale.[8]
Nella zona di via XX Settembre, a poche centinaia di metri dalla contrada "Alferiorum" era presente la abbattuta chiesa di San Francesco che fungeva anche da sepolcreto della famiglia.
A metà del XVII secolo, gli Alfieri si trasferirono nella zona di piazza Cairoli (o del "Cavallo") sull'odierno Palazzo Alfieri, casa natale di Vittorio ed oggi sede del Centro Studi Alfieriani.
In Castagnole delle Lanze possedevano un palazzo, ancora esistente, sita nel centro storico del paese. Catalano Alfieri la utilizzò come dimora e come tribunale.
Quadro genealogico degli Alfieri
Ecco nei tratti principali la discendenza della famiglia Alfieri[9]
L'aquila è una figura araldica naturale femminile. Originata dall'aquila romana venne ripristinata da Carlo Magno e divenne il simbolo dell'impero.
L'aquila venne adottata come simbolo da molti nobili che parteggiarono per l'imperatore; non a caso gli Alfieri nel periodo di maggior scontro tra guelfi e ghibellini per il potere civile della città, si trovarono a sostenere il consorzio dei ghibellini De Castello.
Scudo: D'oro all'aquila di nero, armata, membrata e coronata di rosso;
^Gabiani Nicola, Asti nei principali suoi ricordi storici vol 1, Tip.Vinassa 1927, pg173-174.
^ Giuseppe Barelli, Alfieri, in Enciclopedia Italiana Treccani, 1929. URL consultato l'11 maggio 2020.
^Malfatto V., Asti antiche e nobili casate. Il Portichetto 1982,pg15
^Bordone R., Araldica astigiana, Allemandi C.R.A. 2001,pg101
^A.M. Patrone, Le Casane astigiane in Savoia, Dep. Subalpina di storia patria, Torino 1959, pg53
^Vassallo, Il Beato Enrico Alfieri, Asti 1890, pg 12-14
^Vassallo C., Il Beato Enrico Alfieri, Asti 1890, pg 13
^Bera G., Asti, Edifici e Palazzi nel medioevo, Asti Gribaudo Editore Se Di Co 2004 ISBN 88-8058-886-9, pg 585.
^Sella Q., Codex Astensis qui De Malabayla comuniter nuncupatur, del Codice detto De Malabayla, memoria di Quintino Sella, Accademia dei Lincei, Roma 1887, pg 40,41
Gabiani Nicola, Asti nei principali suoi ricordi storici vol 1, 2,3. Tip.Vinassa 1927-1934
Le torri le case-forti ed i palazzi nobili medievali in Asti,A.Forni ed. 1978
Gianazzo F. di Pamparato (a cura di), "Storia di famiglie e di castelli", Centro studi piemontesi. Torino 1999,
Incisa S.G., Asti nelle sue chiese ed iscrizioni C. R.A. 1974
Masi E., Asti e gli Alfieri nei ricordi della Villa di San Martino, Firenze 1903
Malfatto V., Asti antiche e nobili casate. Il Portichetto 1982
A.M. Patrone, Le Casane astigiane in Savoia, Dep. Subalpina di storia patria, Torino 1959
Peyrot A., Asti e l'Astigiano ,tip. Torinese Ed. 1983
Scapino M. La cattedrale di Asti e il suo antico borgo,C.R.A.
Sella Q., Codex Astensis qui De Malabayla comuniter nuncupatur, del Codice detto De Malabayla, memoria di Quintino Sella, Accademia dei Lincei, Roma 1887.