Adiantum capillus-veneris
Il capelvenere (Adiantum capillus-veneris L., 1753) è una felce della famiglia delle Pteridaceae. MorfologiaPortamentoÈ una pianta alta 10-40 centimetri, geofita rizomatosa. Il rizoma è strisciante e di colore bruno-nero. FoglieLe fronde sono leggere e delicate: a questa caratteristica si deve il riferimento alla chioma di Venere, dea della bellezza. Le foglie sono cuneiformi, lunghe 5-10 millimetri, di colore verde tenue, e si inseriscono su un sottile rachide nero e lucente. SporeLe spore sono prodotte in strutture specializzate, chiamate sori, poste sul lato inferiore del margine della foglia, che non presentano indusio, ma sarà la foglia stessa a ripiegare il margine fogliare a protezione degli sporangi, creando uno psudoindusio cartilagineo. Le spore vengono rilasciate nel periodo compreso tra luglio e settembre. Distribuzione e habitatÈ una specie subcosmopolita, diffusa in Europa, Africa, Nord America[1] e America Centrale. Il suo habitat naturale è rappresentato dai luoghi ombrosi e umidi. Inoltre non è raro che cresca nelle vaschette scarico wc di porcellana dei bagni pubblici, grazie all'umidità costante provocata dall'uso intensivo. ColtivazioneSpesso coltivata per la bellezza delle sue foglie, è una pianta molto delicata ed esigente. Come tutte le felci richiede luce diffusa e non ama i raggi diretti del sole. Le annaffiature dovranno essere abbondanti in estate, più limitate durante il periodo invernale, in misura sufficiente a mantenere il terreno costantemente umido. Si riproduce per suddivisione dei cespi. Riferimenti culturaliMitologiaLa sua predilezione per i luoghi poco luminosi l'ha portata ad essere consacrata a Plutone. LetteraturaCesare Pavese nei suoi libri parla molto del Capelvenere, in quanto lo ritrovava spesso nelle grotte delle Langhe. Gabriele D'Annunzio scrive nella poesia Il Fanciullo di Alcyone: E se gli occhi tuoi cesii han neri cigli, ha neri gambi il verde capelvenere. Hermann Hesse nel romanzo Il giuoco delle perle di vetro: "Dasa obbedì di corsa e aveva in cuore l'idea del commiato poiché era l'ultima volta che scendeva alla fonte, l'ultima volta che portava la ciotola leggera dall'orlo liscio e consunto a quel breve specchio d'acqua nel quale si riflettevano il capelvenere, la volta delle fronde, e in alcuni punti luminosi l'azzuro del cielo".[2]. Moravia la cita più volte nel suo romanzo La Ciociara. "Capelvenere" è anche il nome di battaglia dell'attivista ambientale Olivia Vandegriff, una dei protagonisti del romanzo Il sussurro del mondo dello scrittore statunitense Richard Powers. GastronomiaIl Capelvenere è stato usato, nei secoli scorsi, come sostitutivo del tè, soprattutto in Piemonte da cui il sostantivo piemontese "Capilèr", arrivato a identificare in generale qualsiasi infuso fatto con erbe aromatiche[3]. Note
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