Voyage that Never Ends
Voyage that Never Ends è una composizione del musicista italiano Stefano Scodanibbio per contrabbasso solo, una suite di quattro brani che l'autore ha suonato di persona per un periodo di dieci anni.[1] Il titolo è tratto dall'omonimo progetto letterario, incompiuto, di Malcolm Lowry[2] mentre i nomi dei quattro movimenti sono ispirati a capitoli degli Incidents of Travel in Yucatan dell'esploratore inglese John Lloyd Stephens.[3] L'opera«Anticipazione e prima stesura di quello che sarà, forse, un giorno, il (mio) romanzo del contrabbasso, Voyage That Never Ends raccoglie, modifica e amplia alcuni miei precedenti lavori (Oriente/ Occidente, Strumentale, Studio n° 6) in una prospettiva nuova di concerto globale.» Voyage that Never Ends è il risultato di un work in progress durato quasi venti anni. Scodanibbio parte all'inizio degli anni Ottanta con una serie di esercizi sullo staccato; lavorando con movimenti dell'arco sulla terza corda, ottiene una “pulsazione ritmica” regolare. In seguito aggiunge spostamenti dell'archetto verso il ponticello dello strumento, e poi ancora varie altre tecniche ottenendo una tessitura timbrica complessa: il picchiettato, l'arco circolare, l'arco obliquo, il legno battuto,[3] lo sfregamento, la percussione e il pizzicato.[4] L'effetto sull'ascoltatore è un'eco di antichi strumenti.[5] A partire da metà anni Novanta, Scodanibbio comincia a lavorare anche sulle altre corde, intonate con un'accordatura inventata appositamente. Nella versione definitiva, Voyage that Never Ends è destinato a essere suonato su corde “vuote” (senza intervento della mano sinistra sui tasti). La scala di 11 suoni utilizzata ha origine dai primi armonici naturali di questa “scordatura”, vale a dire fa #, la #, mi e sol #. Incisioni
Note
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