Vivarium
Il Vivarium è stato un monastero fondato nel VI secolo da Flavio Magno Aurelio Cassiodoro nei pressi di Squillace, in Calabria. All'interno del monastero Cassiodoro istituì anche un centro di studi sulla Bibbia e una biblioteca, luogo di conservazione della letteratura classica (greca e latina). Cassiodoro intese in questo modo contribuire al successo del lavoro della sua vita, ossia il tentativo di gettare ponti sulle linee di frattura culturali del VI secolo: fra romani e goti, fra i cattolici ortodossi e i loro dominatori ariani, tra est e ovest, fra cultura greca e cultura latina, fra cultura classico-pagana e cultura cristiana. StoriaAllo scoppio della guerra greco-gotica, che infuriò in Italia tra il 535 e il 553, Cassiodoro decise di ritirarsi dall'attività politica. Esautorato dal re Vitige, rinunciò alla vita secolare e meditò di ritirarsi in un otium produttivo.[1] Attorno al 537-538 lasciò addirittura l'Italia per Costantinopoli, dove rimase almeno fino al 544, concentrandosi sullo studio delle questioni religiose. In particolare frequentò Giunillo, questore sotto Giustiniano I. Il periodo costantinopolitano contribuì all'approfondimento delle sue conoscenze teologiche. Verso il 544, Cassiodoro tornò nella sua terra d'origine, a Scolacium, dove donò una parte dei suoi possedimenti. Fondò il monastero del Vivarium sui possedimenti del proprio casato, sulla riva del mar Jonio. Il periodo di fondazione del Vivarium non è certo, benché si tenda a considerare il 544 come probabile datazione, che coinciderebbe con il ritorno di Cassiodoro da Costantinopoli.[2] Esiste inoltre la possibilità che un primo abbozzo di ciò che sarebbe diventato il monastero esistesse già da tempo, presente nei territori di Squillace a partire da una data sconosciuta, in seguito utilizzato come residenza da Cassiodoro al ritorno in patria dopo la guerra gotica.[2] Il silenzio delle fonti non avvalora alcuna delle ipotesi, poiché le Variae erano state già pubblicate e nessuna delle opere dell'ormai ex-uomo politico tratta di questa fondazione; nulla si conosce sul parto di questo progetto, né quando quest'idea fosse stata concepita.[2] Nonostante si possa capire dalle ultime opere di Cassiodoro un avvicinamento alla fede cristiana (si pensi al De anima e all'Expositio Psalmorum[3]), il monastero del Vivarium nacque con uno scopo diverso rispetto al celebre ora et labora: l'obiettivo principale del nucleo monastico era infatti la copiatura, la conservazione, la scrittura e lo studio dei volumi contenenti testi dei classici e della patristica occidentale[4], che furono sottratti alle devastazioni dei popoli barbari. I monaci ricevevano anche un'istruzione filosofica, teologica e sui classici (greci e latini) direttamente da Cassiodoro. La caratteristica del Vivarium era quindi la sua funzione di scriptorium, con le annesse problematiche relative al reperimento dei materiali, allo studio delle tecniche di scrittura e alle difficoltà economiche; i codici e manoscritti prodotti nel monastero raggiunsero una fama considerevole e furono assai richiesti.[4] Il monastero doveva essere organizzato come l'eremo di Montecastello, popolato da monaci anacoreti con un pregresso vissuto di vita cenobitica.[5] Lo studium si proponeva di riprodurre la Scuola di Alessandria[6] e quella di Nisibi, dove in quegli anni Giunilio Africano aveva tradotto dal siriaco al latino il commentario alla Bibbia curato da Paolo di Nisibi.[7] Cassiodoro donò alla comunità di Squillace i suoi possedimenti terrieri perché vi fosse edificato il Vivarium.[11] Acquisito il titolo di patricius nel 507, la sua famiglia era divenuta una delle più potenti d'Italia.[12] Nel valutare il progetto di Cassiodoro, va tenuto conto del fatto che le immense devastazioni portate dalla guerra gotica avevano messo in pericolo la sopravvivenza non solo della letteratura classica e pagana, ma addirittura di quella cristiana, a causa della distruzione sistematica non solo delle biblioteche, ma in molti casi anche delle città che le avevano fino a quel momento ospitate. Nell'Italia devastata dalla guerra, gli stessi scriptoria in cui erano realizzati i manoscritti erano stati decimati. Sotto la guida di Cassiodoro iniziò quindi un lungo lavoro di trascrizione e di traduzione dei testi latini e greci, nell'intento di salvarli e quindi tramandarli.[13] Cassiodoro incaricò vari grecisti, tra cui Muziano ed Epifanio Scolastico, della traduzione di opere greche a contenuto storico e teologico, che ebbero larga diffusione nel Medioevo.[14][15] Il modello educativo predicato nelle Institutiones era funzionale alla vita attiva e contemplativa del Vivarium, in termini di edificazione morale e cristiana dei monaci oppure di finanziamento e realizzazione delle necessarie opere di carità e di misericordia. Le litterae saeculares erano intese come propedeutiche alla formazione degli ecclesiastici nelle litterae divinae. Le trascrizioni dei manoscritti di medicina di Dioscoride, Ippocrate e Galeno costituivano la base teorica delle arti mediche praticate in loco[16], in ossequio a una regola che prescriveva la condivisione del pane con gli affamati, l'evangelico vestire gli ignudi, curare i malati e dare un ricovero ai pellegrini. In altri casi, le copie e le edizioni rivedute erano destinate a finanziare le attività del Vivarium.[9] L'unione dello studium a una biblioteca rappresentò una novità assoluta nel Medioevo italiano.[8] La biblioteca era per quei tempi estremamente fornita: conteneva opere pagane e cristiane, latine e greche. I codici, alcuni dei quali pregevolissimi, vennero classificati e disposti secondo le varie materie. Ovviamente, trattandosi di un monastero, al primo posto era la Sacra Scrittura; accanto ad essa, i 22 libri delle Antichità giudaiche e centinaia di altri che trattavano del cristianesimo. La struttura fu arricchita da una selezione di testi significativi della scienza classica ed ellenistica, tra cui molti libri che trattavano di cosmografia: le opere di Giulio Onorio, di Marcellino Illirico, o il celebre codice di Tolomeo. Seguivano opere di filosofia e agraria, affinché i monaci diventassero abili agricoltori: tra questi sono ricordati i trattati di Gargilio Marziale, di Columella e di Emiliano. Per i monaci addetti alle cure mediche vi erano opere di Ippocrate, di Celio Aureliano, la Terapeutica di Galeno e l'Erbario di Dioscoride. Non mancavano le opere di Aristotele, nella recente traduzione latina di Boezio. Dopo aver raccolto i tesori sapienzali degli antichi latini e greci, fu istituita una scuola di studi sacri e profani. Dalle esigenze culturali e spirituali della comunità del Vivarium nacque la ricchissima produzione letteraria degli ultimi decenni della vita di Cassiodoro, che comprende almeno nove delle tredici o più opere da lui composte. Nonostante la biblioteca del Vivarium sia stata infine dispersa e perduta in una data incerta, successiva al 630[17], la sua attività ebbe un'enorme influenza sull'Europa alto-medievale[18]. Prima della fondazione del Vivarium, la copia dei manoscritti era compito riservato ai religiosi inesperti o fisicamente infermi, ed eseguita in base al capriccio dei monaci alfabetizzati. Grazie all'influsso di Cassiodoro, il sistema monastico adottò un approccio più rigoroso, diffuso e regolare nella riproduzione dei documenti, visti come parte integrante dell'attività del monastero.[19] Questo approccio allo sviluppo dello stile di vita monastico fu tramandato soprattutto attraverso le istituzioni religiose germaniche.[19] La localizzazione del VivariumLa questione dell'identificazione del Vivarium, avviata da Pierre Courcelle nel 1938, è alquanto incerta, e non ha mai trovato una risposta definitiva. In base agli studi effettuati nel corso degli anni, nonostante la divergenza delle ipotesi, appare certo che il complesso del Vivarium dovesse sorgere in un'area poco distante dall'antica Scolacium, ricompresa tra quelle oggi denominate del Monte Moscio e del torrente Alessi, dove attualmente sorge la frazione di Copanello di Stalettì, e delimitata a monte dall'odierna città di Squillace. Per comprendere pienamente le varie ipotesi di localizzazione, è opportuno un esame preliminare dei documenti sui quali si sono basati gli studiosi: i testi di Cassiodoro, alcune lettere di Gregorio Magno, le miniature che decorano gli esemplari di uno di questi testi, e i documenti di tipo archeologico. I testiCassiodoro intitola il capitolo XXIX delle sue Institutiones «De positione monasterii Vivariensis sive Castellensis».[N 1] Tre passi del capitolo sono utili ai fini della localizzazione: (LA)
«Invitat siquidem vos locus Vivariensis monasterii ad multa peregrinis et egentibus praeparanda, quando habesti hortos iriiguos et piscosi amnis Pellenae fluenta vicina, qui nec magnitudine undarum susspectus habeatur nec exiguitate temnibilis [...]» (IT)
«La posizione del monastero vivariense vi invita a preparare molte cose per i pellegrini e i poveri, poiché avete orti provvisti di acqua e il vicino corso del torrente Pellena, ricco di pesci, non ritenuto pericoloso né per la potenza della sua corrente, né preoccupante per la scarsità delle sue acque [...]» (LA)
«Maria quoque vobis ita subiacet, ut piscationibus variis pateant et captus piscis cum libuerit vivariis possit includi. Fecimus enim illic iuvante Domino grata receptacula, ubi sub claustro fideli vagetur piscium multitudo, ita consentaneum montium speluncis ut nullatenus se sentiat captum, cui libertas est et escas sumere et per solitas se cavernas abscondere [...]» (IT)
«(Avete [anche] il mare talmente vicino che si presta a vari tipi di pesca, e il pesce pescato può essere riversato a vostro piacimento nei vivai. Con l'aiuto del Signore vi abbiamo infatti costruito piacevoli vivai, ove vagano moltissimi pesci entro uno sbarramento sicuro, reso idoneo dalla presenza di grotte montane, per cui il pesce non si sente affatto prigioniero, potendo nutrirsi liberamente e nascondersi nelle abituali grotte [...]» (LA)
«Nam si vos in monasterio Vivariensi, sicut credere dignum est, divina gratia suffragante coenobiorum consuetudo competenter erudiat, et aliquid sublimius defecatos animos optare contingat, habetis montis Castelli secreta suavia, ubi velut anachoritae praestante Domino feliciter esse possitis. Sunt enim remota et emitantia heremi loca, quando muris pristinis ambientibus probantur inclusa [...]» (IT)
«Se con la grazia di Dio la vita cenobitica nel monastero del Vivarium vi istruirà convenientemente, come è giusto pensare, e se gli animi purificati desidereranno una vita più elevata, avrete a vostra disposizione i piacevoli eremi del Monte Castello, dove, con l'aiuto di Dio, potrete vivere felicemente come anacoreti. Sono questi, infatti, luoghi appartati che assomigliano all'eremo, poiché risultano chiusi da antiche mura che li circondano [...]» Per L. Cuppo Csaki, tale interpretazione è frutto di un fraintendimento, in quanto nel passo dovrebbe recitare «habetis montes castellis secreta suavia». «Castellis» andrebbe corretto in «Castelli», e pertanto il testo significherebbe «avete i monti, le dolci solitudini [o: i dolci sentieri] del castellum». Un altro passo utile si trova in Variae: (LA)
«[Scolacium] civitas... fruitur marinis quoque copiosa deliciis, dum possidet vicina quae nos fecimus claustra Neptunia: ad pedem siquidem Moscii montis saxorum visceribus excavatis fluenta Nerei gurgitis decenter immissimus, ubi agmen piscium sub libera captivitate ludentium et delectatione reficit animos et ammiratione mulcet optutus, currunt avidi ad manus hominum et antequam cibi fiant, escas expetunt.» (IT)
«[Scolacium] gode anche di prelibati frutti di mare, poiché possiede i vicini chiostri di Nettuno, da noi fatti: giacché, scavate le viscere del monte, vi abbiamo convenientemente immesso le onde del mare. Là una schiera di pesci, trastullandosi in libera schiavitù, ricrea l'animo di diletto e carezza l'occhio ammirato. Quelli corrono avidi verso la mano dell'uomo, e vogliono cibo, prima di divenire cibo. L'uomo nutre i suoi bocconcini e, mentre è in suo potere catturarli, spesso avviene che, soddisfatto, lasci tutto» Ai fini della localizzazione del Vivarium, sono altresì utili due lettere di papa Gregorio I:
Le miniatureIl monastero vivariense è rappresentato in tre codici medievali:
Tutti questi codici rappresentano due chiese e un vivario (vasca per l'allevamento dei pesci) appartenente al monastero vivariense. In tutti una delle due chiese è vicina a un torrente che sfocia in uno specchio d'acqua pescoso, mentre l'altra è situata tra due alberi. Poiché i tre codici rappresentano due tradizioni diverse, è da ritenersi che gli elementi comuni risalgano all'archetipo, assai probabilmente un codice prodotto al Vivarium. Detto ciò, le tre miniature presentano alcune differenze:
NoteNote esplicative
Note bibliografiche
Bibliografia
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