Il territorio è suddiviso in 2 parrocchie; inoltre si contano altri 20 luoghi di culto (o cappelle).
Storia
La missione francescana in Libia ha origine dalla presenza di numerosi cristiani fatti prigionieri dai mercanti arabi e venduti come schiavi. Tra questi c'erano anche dei francescani. Due di loro, liberati nel 1630, ricevettero l'ordine da parte della Congregazione di Propaganda Fide di rimanere nel territorio per prestare soccorso ai prigionieri cristiani.[1]
Pascal Compte fu il primo di 53 prefetti apostolici che ressero la missione di Tripoli fino agli inizi del Novecento.[1]
Nel 1669 la prefettura apostolica fu affidata ai francescani della provincia siciliana, cui subentrarono, nel 1686, quelli dalle province del centro Italia.[2]
Nell'epidemia di peste che colpì Tripoli nei primi mesi del 1690, trovarono la morte tre frati francescani, tra cui lo stesso prefetto, Francesco da Capranica, che si era distinto, come il suo predecessore, per l'impegno profuso nel riscatto degli schiavi cristiani.[2]
Nel 1818 i francescani stabilirono una missione nella Cirenaica.[1]
Nel 1907 la missione francescana in Libia passò dalla protezione del console di Francia a quella del console italiano e contestualmente fu affidata alla provincia minorita di Milano.[3]
Il 23 febbraio 1913 la prefettura apostolica fu elevata a vicariato apostolico con il breveMandatum illud di papa Pio X, assumendo il nome di vicariato apostolico della Libia.
Durante il mandato di Giacinto Tonizza (1919-1935), in concomitanza con la politica migratoria verso la Libia del governo italiano e al conseguente aumento della presenza italiana, furono costruite 22 chiese in Tripolitania, tra cui la nuova cattedrale del Sacro Cuore (consacrata nel 1928), e 18 in Cirenaica.[1]
Il 3 febbraio 1927 ha ceduto una porzione del suo territorio a vantaggio dell'erezione del vicariato apostolico della Cirenaica (oggi vicariato apostolico di Bengasi) e contestualmente ha assunto il nome di vicariato apostolico della Tripolitania.
Il 22 giugno 1939 ha ceduto un'altra porzione del suo territorio a vantaggio dell'erezione della prefettura apostolica di Misurata (che dal 1969 è amministrata dal vicario apostolico di Tripoli) e contestualmente ha assunto il nome attuale.
Il seguito alla presa del potere da parte di Muʿammar Gheddafi, il 21 luglio 1970 il consiglio rivoluzionario ordinò la confisca di tutti i beni italiani e la loro espulsione. Questo portò ad una diminuzione consistente del numero dei cattolici nel Paese e alla perdita degli edifici di culto, tra cui la cattedrale di Tripoli, che fu trasformata in moschea.[1]
A partire dagli anni ottanta del Novecento, il vicariato apostolico assunse un carattere internazionale, per la presenza di numerosi lavoratori stranieri.[1] Nei primi anni Duemila gli Annuari pontifici segnalano la presenza di oltre 100.000 fedeli nel vicariato apostolico.
Nel 1989 la missione in Libia è passata sotto la giurisdizione della provincia francescana di Malta.[1]
Cronotassi dei vescovi
Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.
^abcdefghijklmnopqrstuvwxDocumenti sul Maghreb dal XVII al XIX secolo : archivio storico della Congregazione "De propaganda fide", "Scritture riferite nei congressi - Barbaria", a cura di Federico Cresti, Perugia : Università degli studi, Dipartimento di scienze storiche, 1988, p. 359 (cronotassi dei prefetti).