Velimir Chlebnikov«Senti il rumore, eh, amico mio? Questo qua è Dio che salta dentro un pio.» Velimir Chlebnikov, pseudonimo di Viktor Vladimirovič Chlebnikov (in russo Велими́р Хле́бников?; Malye Derbety, 9 novembre 1885 – Santalovo, 28 giugno 1922), è stato un poeta russo, uno dei principali futuristi del suo paese. BiografiaNacque nel villaggio di Malye Derbety (in russo: Ма́лые Дербе́ты; in calmucco: Баһ Дөрвд, Bağ Dörvd), situato nell'Oblast' di Astrachan'. Nel 1909 incontrò Vladimir Majakovskij, Aleksej Kručënych, David Burljuk e Benedikt Livšic,[2] con cui entrò successivamente a far parte del gruppo futurista Gileja. Già in precedenza aveva scritto però molte opere significative. Tra i contemporanei, era considerato "un poeta per poeti" (così Majakovskij nel suo necrologio) e un genio squilibrato. Nella sua opera abbondano le sperimentazioni linguistiche, con l'invenzione di un numero enorme di neologismi. Insieme a Kručënych, diede vita alla lingua poetica "trasmentale", detta zaum o zanghesi (Зангези).[3] Scrisse anche saggi sulle future, possibili evoluzioni dei mezzi di comunicazione ("La Radio del Futuro"), dei trasporti e delle abitazioni ("Noi stessi e i nostri edifici"). Descrisse un mondo in cui la gente vive e viaggia in cubi di vetro mobili e in cui tutta la conoscenza umana può essere diffusa attraverso la radio e mostrata automaticamente su giganteschi pannelli simili a libri collocati per strada. Negli ultimi anni fu affascinato dalla mitologia slava e dalla numerologia pitagorica e disegnò grandi "Tavole del Destino" in cui scrisse delle profezie.[2] Chlebnikov morì di paralisi, dovuta a inedia e malnutrizione, mentre era ospite in casa del suo amico Petr Vasil'evič Miturič, nei pressi di Krestcy (Governatorato di Novgorod).[4][5] Il piccolo asteroide 3112 Velimir scoperto nel 1977 dall'astronomo russo Nikolaj Stepanovič Černych porta il suo nome.[6] OpereIn traduzione italiana
Su ChlebnikovNel romanzo Pancetta (2004) di Paolo Nori si descrivono la vita e le opere del poeta; lo stesso autore racconta ampiamente di Chlébnikov nel suo romanzo Vi avverto che vivo per l'ultima volta che parla di Anna Achmàtova. Note
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