Valerino di SutriValerino, noto anche come Valeriano, (fl. IX secolo) è stato vescovo di Sutri, storicamente documentato nell'826. BiografiaNon si hanno notizie sulla vita e l'operato del vescovo Valerino. È noto solo per la sua partecipazione al concilio indetto a Roma da papa Eugenio II e celebrato nella basilica di San Pietro il 14 e il 15 novembre 826.[1] Il concilio approvò 38 decreti di riforma,[2] che toccavano diversi ambiti dell'azione della Chiesa, in particolare, l'elezione e i diritti/doveri dei vescovi: devono essere persone degne, esemplari e istruite; è condannata la simonia o l'occupazione con la forza di una sede vescovile; devono preoccuparsi che i loro subalterni siano istruiti e che i luoghi di culto siano dotati dei servizi necessari. Altri canoni riguardano la disciplina dei monasteri, il riposo domenicale, il comportamento dei laici in chiesa e la morale matrimoniale. Merita attenzione il canone 34 che, sulla scia di quanto già stavano facendo i sovrani carolingi, stabilisce la fondazione di scuole nelle chiese cattedrali e nelle chiese rurali. Il canone 21 avalla una prassi oramai consolidata, e che avrà larga diffusione nei secoli successivi, il giuspatronato laicale: un laico resta proprietario del monastero o della chiesa che ha fondato a proprie spese, con il diritto di proporre all'autorità ecclesiastica il nome del chierico che deve officiare nella sua chiesa.[2][3] Il nome di Valerino episcopo Sutriense si trova al 18º posto tra i 62 vescovi menzionati all'inizio degli atti della sessione del 15 novembre, tra Perteo (Pietro?) di Siena e Stefano di Rimini.[4] Gli editori delle Monumenta Germaniae Historica optano per il nome Valerinus, poiché la variante Valerianus è documentata da un solo manoscritto.[5] Nella tradizione storica ed erudita tuttavia si è imposto il nome di Valeriano, invece di quello di Valerino. Note
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